Capitolo Diciottesimo: Per risvegliare un Re

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"You want a martyr, I'll be one
Because enough's enough, we're done
You told me think about it, well I did
Now I don't wanna feel a thing anymore"

- King for a day, Pierce the Veil

Per le quasi due ore seguenti Noah ascoltò ciò che le Chimere avevano da dirgli, intrecciando i propri pensieri con le parole di Zenas

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Per le quasi due ore seguenti Noah ascoltò ciò che le Chimere avevano da dirgli, intrecciando i propri pensieri con le parole di Zenas. Silenzioso e con le mani davanti alla bocca, lasciò all'uomo il privilegio di condurlo tra gli aneddoti, le informazioni che alle volte gli parvero essere parte di una favola, altre di deliri; in alcuni casi, udendo la sua voce, avvertì una sorta di consapevolezza picchiargli le tempie, più sporadicamente una nostalgia atavica attanagliargli le viscere. Non osò interromperlo nemmeno di fronte alle questioni più complesse, quasi temesse che, una volta zittita, la sua voce non fosse più in grado di coinvolgerlo nello stesso modo.

Zenas in quei minuti d'attesa gli parlò principalmente di Salomone, di chi era e cosa significava per loro, del legame che intercorreva tra le sue creature, la nismtt e l'hagufah - quello che, a detta sua e dei fratelli, era lui; un contenitore, l'involucro impotente per un'anima eterna. Ed erano state quelle parole, più di qualsiasi altra, a destabilizzarlo e farlo fremere, ma si era trattenuto sino al trillo del forno. A quel punto, vedendo la Chimera alzarsi per andare a controllare l'impasto, con un sospiro si lasciò andare sullo schienale del divano, coprendosi il viso con entrambe le mani.

Cazzo... si disse dopo qualche istante di totale annullamento, d'incapacità nel mettere insieme pensieri di senso compiuto.
Tutto ciò che gli era stato raccontato sino a quell'istante aveva dell'irreale, eppure non riusciva, nemmeno sforzandosi, a convincersi che si trattasse di fandonie - c'era una parte di lui, in qualche angolo recondito del suo essere, che gli gridava a gran voce di ascoltare quelle parole, di aggrapparcisi con forza perchè, in qualche modo, erano vere.
Peccato che conservassero, oltre alla meraviglia, anche una sorta di agghiacciante bruttezza - perché se quei tre stavano dicendo la verità, lui non era altro che un fantoccio, la crisalide senza valore di una farfalla che avrebbe potuto risvegliarsi da un momento all'altro; e nulla, di ciò che aveva vissuto o provato, gli apparteneva davvero.

Noah si morse la lingua. Pigiò i denti sulla carne tanto da sentire il sapore ferroso del sangue invadergli la bocca, ma non riuscì a deglutirlo - ogni gesto o concetto gli costava fatica, gli faceva dolere qualcosa: la testa, i muscoli, le viscere. Era esausto pur non avendo fatto nulla.

«Non è facile...» 
Il cuscino sotto di lui sembrò schiacciarsi maggiormente e fu chiaro, dalla vicinanza della voce, che Levi gli si fosse seduto accanto.
«Dici?» una risata nervosa gli sfuggì dalle labbra, costringendolo a ingoiare la saliva. Sembrava volerlo prendere in giro, anche se con grande probabilità non volontariamente - ma ciononostante non poté ignorare il fastidio che ne seguì. Per loro ogni cosa, ogni stravagante affermazione che gli si riversava fuori dalla bocca pareva essere normale, un'informazione all'ordine del giorno, peccato che non fosse così. Non per lui, quantomeno. Forse un qualche suo coetaneo esaltato, ancora succube delle fantasie infantili, avrebbe creduto con inspiegabile facilità di essere l'eroe di una storia al limite dell'impossibile; in lui, invece, ragione e sensazioni si andavano a scontrare con indicibile violenza, lasciandolo intontito ed esausto.
«Ci vuole tempo, ragazzo» con pochi passi misurati Zenas tornò in salotto, strappandolo dai propri pensieri. A ogni falcata, l'invitante profumo della torta appena sfornata si fece sempre più intenso e, per un istante, a Noah parve davvero di potersi prendere una pausa da tutto quel caos. Il suo corpo d'un tratto non riuscì a percepire altro se non quella delizia: persino i ragionamenti sembrarono venir annegati nell'acquolina. La sua mente si liberò da qualsiasi cosa, divenne una tabula rasa, ogni pensiero si bloccò a metà illudendolo di potersi concedere qualche respiro, ma all'apice dell'abbandono la voce di Z'év fece capolino, mandando in fumo le sue speranze.

Le Chimere di Salomone: il ReΌπου ζουν οι ιστορίες. Ανακάλυψε τώρα