Capitolo Ventiduesimo - Parte Terza: Ora e da sempre

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"We were born to dream of heaven in-between
But we're walking towards the slaughter, footsteps right behind the sheep
You better run, you're the maker of your doom"

- Shadows, Hollywood Undead

Alex retrocedette barcollando, quasi le gambe non riuscissero a sorreggerla a dovere

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Alex retrocedette barcollando, quasi le gambe non riuscissero a sorreggerla a dovere. Nel giro di qualche secondo, poi, sentì la testa farsi pesante, la vista offuscarsi un poco. Incespicò fin quando non avvertì il muro alle proprie spalle e solo a quel punto, aggrappandosi, abbassò lo sguardo alla ricerca di qualcosa che, doveva ammetterlo, avrebbe preferito non trovare - eppure, persino sul jeans scuro e in quelle condizioni, vide la macchia di sangue allargarsi inesorabilmente. Lì dove quel bastardo aveva stretto le mani c'era il segno evidente di un suo passo falso, di una possibile e non improbabile sconfitta. Non aveva idea di quale tecnica avesse usato il nemico, ma di certo aveva scalfito anche gli effetti benefici della ɛvɛn che aveva ingurgitato ore prima. Ma come? Possibile che Noah avesse destabilizzato il suo corpo a tal punto da impedirle di contrastare un banalissimo alchimista come quello? Si augurò che non fosse così; lo sperò con tutta se stessa, peccato che più la chiazza si faceva grande, meno la sua convinzione restava salda - e una sorta di paura prese il sopravvento.

No, si disse corrugando le sopracciglia e arricciando il naso, non poteva finire così.
Lei non poteva morire così. Aveva ancora delle questioni in sospeso, troppe cose mai dette da confessare: uccidersi per evitare la cattura o essere uccisa nel tentativo di sottrarsi a quella decisione erano quindi le ultime cose che poteva permettersi. Doveva reagire, tirare fuori gli artigli e mostrare le zanne a qualsiasi costo. Dopotutto cosa poteva valere un arto? Nulla se messo a confronto con il resto. Così, al pari di un tuono che arriva all'improvviso, un suono gutturale le salì dal profondo delle viscere trasformandosi in un ringhio appena uscito dalle labbra. La voce di Alexandria cambiò a tal punto da rendere quasi incomprensibile il suo: «Beim nächsten Biss ziele ich auf die Halsschlagader (Al prossimo morso mirerò alla tua carotide)». Nonostante ciò, però, dal lieve sussulto del tizio di fronte a lei fu chiaro che l'avesse comunque capita. Il modo in cui i tendini della mano gli si tesero aumentando la pressione sul collo fu un segno inconfondibile dell'agitazione crescente e, quando poi fece un paio di passi indietro, Z'èv non ebbe più dubbi: aveva un'arma da sfruttare.

Gli occhi di lui non si staccarono mai dal suo viso, le rimasero incollati dandole modo di leggervi dentro la preoccupazione che la sua, più che una minaccia, potesse essere una predizione certa; eppure, quando aprì bocca, a lei non rivolse mezza sillaba. Ripeté per un paio di volte quello che doveva essere il nome del compare e quando questi ripose, avvicinandosi, sembrò esserne sollevato.

Stolto, sfuggì tra i pensieri di Alex. Quella mera tranquillità gliel'avrebbe presto strappata via coi denti. Era ovvio che quella notte qualcuno sarebbe morto e, bagnandosi le labbra, la Chimera ebbe la certezza che non sarebbe stato il suo turno - non ora che sapeva di avere la paura dalla sua parte.

Le Chimere di Salomone: il ReWhere stories live. Discover now