Capitolo Tredicesimo - Parte Prima: Il corpo ricorda

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"We're kings of the killing,

we're out for blood,

We never shoot to stun"

- Monster (Ruelle)

Le falcate di Alexandria erano ampie, i suoi piedi toccavano terra con una decisione che Levi non riuscì a spiegarsi: perché stava reagendo a quel modo? Per quale motivo era voluta scappare via? Cosa l'aveva spaventata? Non capiva, seppur lo desid...

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Le falcate di Alexandria erano ampie, i suoi piedi toccavano terra con una decisione che Levi non riuscì a spiegarsi: perché stava reagendo a quel modo? Per quale motivo era voluta scappare via? Cosa l'aveva spaventata? Non capiva, seppur lo desiderasse con tutto se stesso. 
Aumentando la velocità tentò di raggiungerla, di afferrarla per fermarla, ma ogni volta che gli pareva d'essere sul punto d'acciuffare un suo polso, una spalla, la sua giacca lei sgattaiolava più lontano, sfuggendogli. Eppure dovevano parlare, gli doveva almeno un confronto prima di gettare la spugna a quel modo - perché seppur lei avesse sacrificato solo una settimana della sua vita, lui aveva aspettato quel momento per mesi.

«Alex! Alex, bevaqashah tafessiq!» Sgusciando tra uno studente e l'altro cercò più volte di chiamarla, di attirare la sua attenzione, ma Z'év finse di non udire nemmeno una delle sue richieste. Lo stava volontariamente ignorando, dopotutto era ovvio che lo stesse sentendo, che il suo udito da predatrice carpisse anche il più lieve dei suoi suoni, eppure si ritrovò a rincorrerla per un intero piano, per decine di corridoi quasi supplicandola di dargli retta finché, lungo il marciapiede da cui erano arrivati, infine, riuscì a prenderla per la manica e trattenerla a sé.
La strattonò appena e per un istante, quando si voltò, temette di essere stato troppo brusco. L'espressione della sorella era contratta dalla frustrazione, dal fastidio, da un rabbia che non aveva ragione d'esistere; in fin dei conti non avevano scoperto nulla, non gliene aveva dato modo!

«Che diamine ti è preso?» Le chiese allontanando la mano, svelto.

Z'èv si morse il labbro, lo fece con veemenza allontanando appena lo sguardo. La vide cercare qualcosa, forse un appiglio, poi tornò a guardarlo con più decisione: «Non è lui» gli disse in un soffio, bagnandosi il punto in cui gli incisivi si erano premuti - e a quelle parole Levi corrugò le sopracciglia e scosse la testa, confuso. Per quale ragione Alexandria parlava a quel modo? Non era forse stata lei a sentire e riconoscere la şǐyr ʻereş̂? Non si ricordava che di quella stupida ninnananna, che di quella melodia scritta appositamente per loro, non esisteva più alcuno spartito? Nessuno, se non il Re, avrebbe saputo suonarla.

 «C-che stai dicendo?» le sue braccia si alzarono ai lati del busto per poi ricadere lungo i fianchi con un tonfo:  «Lui-» 
La Contessa però non gli diede modo di finire: «Hai visto quanto quel ragazzo fosse spaesato? Hai notato la sua espressione, i suoi occhi e... » fece una pausa, afferrandosi la testa con entrambe le mani. Sembrava esasperata, sul punto di scoppiare in un pianto irrefrenabile, eppure non si fece sfuggire nemmeno una lacrima:  «Non ci ha riconosciuti, Levi!»
 «Non gliene hai dato modo, Alex!» Stavolta la sua voce suonò imperiosa, possente, ben diversa dal tono pacato che aveva cercato di mantenere fino a quel momento. Si rese conto di star digrignando i denti solo quando scorse lo sguardo di Zenas dietro alle spalle della sorella. Lo stava rimproverando, ma al contempo pareva non capirne il motivo.

Le Chimere di Salomone: il ReDove le storie prendono vita. Scoprilo ora