Capitolo XXXVI

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"Sei sicuro?"

"Certo che sono sicuro."

Senza aspettare altro tempo Beck salì sull'auto nera opaca che Dylan, un ragazzo alto, con i capelli scuri acconciati con così tanto gel da sembrare fatti di cera e ogni giorno una maglietta di una band metal diversa, gli aveva offerto di provare. Passò i polpastrelli sul volante con i dettagli in pelle, quasi estasiato, guardando con il suo solito luccichio di curiosità negli occhi l'asfalto scuro di fronte a sé.

"Il casco." - lo avvertì il ragazzo, porgendoglielo dal finestrino abbassato.

L'attore lo prese, rigirandoselo un po' tra le mani prima di indossarlo.
Aveva conosciuto Dylan alla fine di una corsa. Si era ritrovato a parlarci senza nemmeno farci caso, discutendo di motori e aereodinamica era finito per scoprire che l'ormai amico possedeva una piccola pista, dove andavano ad allenarsi i ragazzi ancora non professionisti.
Come avrebbe potuto rifiutare l'offerta di un giro?
Così eccolo lì, con il rombo del motore che gli scorreva nelle vene e la voglia di sentirsi libero che ribolliva insieme ad esso.

Uno.

Contò silenziosamente, le nocche quasi bianche per la forza con cui stringeva volante.

Due.

I pensieri aggrovigliati tra loro, le emozioni che premevano contro le sue tempie per riversarsi fuori.

Conosceva la chiave per aprire la porta che le avrebbe fatte scivolare via.

Tre.

Ecco, premette il piede sull'acceleratore, il cuore che batteva all'impazzata.

È così che ci si sente ad essere liberi?

~°~°~°~°~°~

Sempre lo stesso sogno, sempre le stesse immagini, la stessa scena. Si sentiva bloccata, come se stesse navigando in un limbo oscuro, senza nemmeno un oculo da cui entrasse un filo di bagliore.

Come può un incubo farti così paura, lei che dopo il primo aveva creduto di non poterne avere mai più?
Come può la minaccia di portarti via qualcosa che nemmeno ti appartiene più essere così spaventosa?

Proprio quando cercava di tornare in libertà, si ritrovava legata ad un qualcosa in modo ancora più potente di prima. Era intrappolata in una gabbia con le sbarre fatte di pensieri, paure, dubbi, sfiducia.

Tremava sotto le coperte, un cattivo presentimento si spargeva a macchia d'olio dentro di lei.

Eppure a quell'ora della notte non aveva la forza di mettere in dubbio nessuna delle sue conclusioni.

In fondo, i sogni non sono altro che il riflesso delle nostre paure o i nostri desideri più grandi.

Non sarebbe successo nulla.

Era solo paura.

E senso di colpa.

~°~°~°~°~°~

"Ma che cazzo, sei impazzito?!" - una voce femminile familiare, dura, irruppe nel silenzio lasciato dallo stridore fastidioso di una frenata.

Beck scese dall'auto ridacchiando, osservando il suo capolavoro: il paraurti anteriore dell'auto che non toccava il il muro di cinta della pista soltanto per pochi millimetri.

"Ti sei fottuto il cervello, Oliver?" - Samantha Puckett, con le chiavi della moto strette in un pugno continuava a guardarlo con gli occhi sbarrati.

Per tutta risposta l'attore si tolse il casco, piazzandolo tra le mani di Dylan che, tranquillo, masticava indisturbato la sua cicca. Si passò una mano tra i capelli, adesso ancora più spettinati del solito.

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