Capitolo XXXII

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Josh mise le mani sulle spalle di Jade, allontanandola.

"Sei impazzita?!"

"Dimmi che se n'è andato, ti prego ti prego ti prego... " - sussurrò lei, tenendo gli occhi chiusi.

"Ma andato chi?!"

L'attrice aprì gli occhi, guardando fuori dal parabrezza. Sospirò, sprofondando nel suo sedile. Si passò la manica sulla bocca facendo una smorfia.

"Mi spieghi che diavolo ti è preso?"

Non rispose, stringendo tra le dita il tessuto nero del maglioncino, portandolo oltre le nocche arrossate. Il sapore delle labbra di Beck era definitivamente andato adesso, del loro ultimo bacio non era rimasto più niente, se non il ricordo.

I ricordi si dimenticano, però.

Così come aveva dimenticato la voce di suo padre, avrebbe dimenticato anche quello.

"Mi hai detto di essere egoista..." - iniziò, parlando con un fil di voce e gli occhi, adesso di un azzurro tenebroso, fissi a guardare l'andirivieni delle automobili sulla strada trafficata. - "È quello che ho fatto. Avevo bisogno di un mezzo e un occasione per confermare ciò che ho detto, tu eri quello più vicino."

"Dio, Jade!" - sbuffò l'uomo, sbattendo il palmo della mano destra sul volante. - "Ma non pensi mai alle conseguenze? Se qualche paparazzo ci avesse visti? Cosa dirai ai giornalisti, mh?"

"Era necessario. Beck ha bisogno di avere la verità sbattuta in faccia per realizzarla." - insistette lei, stringendo i pugni.

"Dovevo immaginarlo..." - Josh si passò una mano tra i capelli brizzolati, guardando la ragazza seduta lì accanto. - "Scusami, ma io non capisco il senso di quello che stai facendo."

Jade attese qualche minuto prima di rispondere.

"Non ho bisogno che tu capisca, infatti."

"Non lo capisci nemmeno tu."

Lei sbuffò, mettendo la mano sulla maniglia dello sportello, aprendo uno spiraglio.

"Non ho intenzione di sentire un'altra volta la tua stupida ramanzina." - sbottò mettendo un piede fuori dalla macchina per uscire.

"Stai scappando dalla verità... quando imparerai ad affrontarla?" - domandò esausto l'agente, cercando di farla ragionare.

Lei non disse niente, ignorò l'accusa e si limitò ad uscire dall'auto sbattendo la portiera.

~°~°~°~°~°~°~

La musica a volume alto gli rimbombava violentemente nella testa, offuscando insieme all'alcol i pensieri che vi ronzavano dentro. Ad André quei posti non piacevano per niente e di solito nemmeno a lui, ma quella sera aveva insistito per andarci. In quel piccolo quartiere dalle palazzine grige con l'intonaco scorticato e vicoli poco raccomandabili, illuminato solo dalle luci vivaci delle insegne dei pub, nessuno avrebbe potuto riconoscerli. Potevano fare ciò che volevano, senza pensare alle conseguenze. Posò l'ennesimo bicchiere sul bancone nero, dietro al quale un ragazzo dai capelli scuri e gli occhi così chiari da sembrare fatti di vetro glielo riempì nuovamente con un liquido quasi trasparente, torturando con gli incisivi superiori l'anellino di metallo che aveva al labbro inferiore. Lo riafferrò alla cieca, osservando con la coda dell'occhio l'amico che gli stava accanto, sorprendendolo a tapparsi con un mano l'orecchio destro, facendo una smorfia. Fermò lo sguardo su una ragazza di fronte a lui, guardando senza attenzione il modo in cui faceva ondeggiare i capelli biondi, del colore della paglia, a ritmo della musica.

Bella, pensò. Sì bella, ma non abbastanza. Pensò anche che aveva lo sguardo su quella ragazza da troppo tempo, distogliendolo. Se fosse stata lì, Jade l'avrebbe ucciso.

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