Capitolo XXVI

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I giorni dopo l'intervista erano passati pigramente per Jade, senza che accadesse nulla di particolare. Josh le aveva fatto riavere l'auto come nuova, ma lei non l'aveva minimamente toccata. Era arrivato il Natale e con lui le miriadi di ricordi inutili e dolorosi. Non erano serviti a niente gli insistenti inviti di Cat a festeggiare con lei e la sua famiglia, né tanto meno erano stati utili i burberi borbottii del suo agente che le intimavano " gentilmente " di uscire e divertirsi, almeno un po'. Si sapeva d'altronde che la sua testardaggine era impossibile da battere. Così aveva passato il venticinque dicembre da sola, seduta davanti al suo pianoforte, a suonare canzoni che di parole non avevano bisogno, perché si raccontavano già da sé. Il segreto, era saper ascoltare la voce di chi non c'era più. Era stato di suo padre, quel vecchio pianoforte a coda nero lucido. Le aveva raccontato che era stata la prima cosa importante che avesse comprato con i soldi raccolti stipendio dopo stipendio. Imparó da piccolo a suonare, ma a quei tempi voler fare il musicista era una vergogna, disgrazia sulla famiglia il cui unico figlio maschio coltivasse la segreta passione di diventare un pazzo pianista pieno di sogni e idee. Così, qualche giorno prima di morire, durante una delle abituali lezioni che dava alla figlia, le aveva detto:

"Quando avevo la tua età avevo un sogno... un sogno che non ho mai potuto realizzare. Era quello di diventare un musicista... tu ce l'hai un sogno Jade?"

La piccola Jade guardava con gli occhi azzurri spalancati l'uomo accanto a sé. Rispose dopo un po'.

" Forse."

" E qual è?"

"Uhm... sai tipo... gli attori? Mi piacerebbe diventare una di loro... "

Una piccola pausa.

"A volte... mi piace fingere di essere qualcun altro. Mi piace tanto."

"È un bel sogno."

"Davvero?"

"Davvero." - suo padre sorrise.

Lei allora si sistemó meglio sullo sgabello di pelle bianca, guardandolo un po' più sicura.

"Pensi... che potrei andare in quella scuola... La Hollywood Arts?" - chiese, facendo dondolare avanti e indietro le gambe magre.

"Penso che tu possa fare tutto ciò che vuoi. E poi... visto il tuo talento nel dire le bugie..."

Jade rise. Una risata cristallina e pura, la risata di una bambina felice. Poi sul suo volto si dipinse un sorriso furbo.

"Ognuno ha il suo talento."

Per un po' non parlò nessuno. Poi.

"Quindi mi porterai ad Hollywood papà?"

"Certo, andrai a scuola e poi diventerai famosa. Ed io sarò tanto fiero di te."

Jade strinse i pugni sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Suo padre non l'aveva portata ad Hollywood, non l'aveva vista studiare e diventare famosa. Lei aveva fatto tanti di quelli errori... non era più la bambina di tanti anni prima. Piegò il busto in avanti, incrociando le braccia sulla tastiera e posandovi sopra la testa. I tasti gemettero sotto il suo peso, emettendo suoni contrastanti e fastidiosi all'orecchio. Sentiva il senso di colpa montare dentro di lei, unirsi alla rabbia e alla tristezza, formando un groviglio che le si bloccò proprio in gola. Gli occhi iniziarono a bruciare. Sapeva che non sarebbe mai stato fiero di lei.

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