Funeral

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Quella pioggia si era impossessata della città per giorni e giorni, obbligando l'estate di fare dei passi indietro prima di entrare nella vita di migliaia di persone.
C'erano tuoni e fulmini a presenziare come ospiti del funerale di Mikey Bart, nella chiesa bianca e solenne come un tribunale, al centro del paese.
C'era tutta la scuola tra i banchi della chiesa, in prima fila i professori e l'unico che cercava di trattenere le lacrime era Robert Downey, stretto in quello smoking nero che aveva usato per festeggiare i quarant'anni di matrimonio tra il suo mentore e la moglie, pace all'anima loro.
Stringeva i bordi della giacca, gioendo quando la sensazione del pianto svaniva, tornando puntuale come un orologio svizzero. Come se qualcuno gli avesse dato uno spintone da dietro, il musicista sussultò in avanti per trattenere un singhiozzo che di sicuro si sarebbe trasformato in pianto.
Doveva tenere un discorso in suo onore, ma si mordeva il labbro in continuazione senza riuscire a staccare lo sguardo da quella lunga bara nera.
Si supponeva che messo sotto terra, oramai Bart non poteva nemmeno rimanere un ricordo.
Downey aveva pure cancellato lo spettacolo, non in suo onore, ma perché non ce l'avrebbe fatta a salire su di un palco, cantare e suonare quando il suo cuore era salito in cielo come l'anima di Mikey.
Risuonavano canzoni dei Police nel sottofondo di quel funerale, sotto richiesta dello stesso defunto prima di scegliere di mettersi in quella bara ed essere divorato dal tempo terreno.
Gli studenti se ne stavano dall'altra ala della chiesa, guardando di sfuggita i professori per vedere chi stava piangendo, tutti puntavano sui più sensibili piuttosto che provare vero dispiacere per il loro insegnante.
-Mi dispiace figliolo, ma lo sai, l'infarto uccide il più delle volte.
Disse sottovoce il preside, Joseph Downey, dando due pacche leggere al figlio che cercò di non farsi toccare da lui poiché i segni delle cinghiate sulla schiena ancora bruciavano sotto il tocco di chi le aveva inferte.
Si stropicciò le mani l'una dentro l'altra, sentendo le vene tremare come tutto il suo corpo quando cercava per l'ennesima volta di non piangere.
Quando fu il suo turno di parlare, si guardò attorno, facendo bloccare lo sguardo dentro quello lucido di Faith Davis che lo stava fissando con un sorriso di compassione.
-Forza, può farcela.
Mimò con le labbra, facendo cenno con la testa di andare verso il leggio davanti alla bara ricoperta di girasoli, i fiori che tanto amava l'atleta.
Solo grazie a Faith riuscì a camminare, far risuonare autoritari i suoi passi nella chiesa e stringere il silenzio nelle mani.
Tirò fuori dalla tasca interna della giacca il foglio, passandosi un dito sul mento sbarbato e poi inumidendosi le labbra con la lingua.
Uno, due...si va in scena.
-Mikey Bart per me è stato come un mentore, che mi ha accompagnato dal banco fino alla cattedra, in questo tortuoso cammino che è la vita.
Fiero della sua voce potente e fredda, senza tralasciare alcun segno di cedimento, proseguì.
-Non lo ringrazierò mai abbastanza per tutte quelle sgridate quando scrivevo sui muri della Walter, non lo ringrazierò mai abbastanza per quei calci nel didietro quando rubavo il suo fischietto.
Risero tutti in modo leggero, quasi per non svegliare il morto.
Prese un bel respiro, ora la parte peggiore doveva essere affrontata.
-Non lo ringrazierò mai abbastanza quando mi abbracciava, dicendomi che non dovevo comportarmi in quel modo e di essere sempre il meglio di qualsiasi cosa io fossi.
Le lacrime si erano ridonate di nuovo, questa volta tutti potevano vederlo chinare il capo di fronte alla tristezza, mostrare emozioni, provare qualcosa.
Tutti pensavo che lui non fosse capace di provare sentimenti, ma invece era l'uomo che con l'aspetto emotivo aveva più problemi di chiunque altro.
-E, come direbbe lui, se questa morte ci sembra ingiusta, allora forse dovremmo chiedere alle stelle.
Era molto più lungo in realtà il suo discorso, molto più profondo, molto più studiato...ma Robert stava per piangere come una fontana e il suo orgoglio alla fine lo condusse ad un'altro errore che rimpianse negli anni a venire.
Non sentì neanche l'applauso confortarlo, corse al suo posto, sedendosi mentre con la mano cercava di coprirsi il volto pur di non farsi vedere.
Quando tutti lasciarono la chiesa, Downey seguì il corteo fino al cimitero, e ci restò davanti alla lapide fino a rimanere solo sotto la pioggia senza nemmeno un ombrello.
Restava li, davanti all'anima di Bart che stava sorridendo al suo protetto.
-Ragazzo mio.
Disse nella sua testa, facendogli alzare il volto con stupore, ma sapeva che era un illusione.
-Papà...
Non si accorse nemmeno di averlo chiamato così, ma non gliene fregava nulla. Era così: un sorriso caldo da una persona morta, e poi basta, svanito dal nulla.
Ora davanti a Rob c'era di nuovo quella lapide, con delle scritte che ricordano solo chi sia sepolto sotto i propri piedi, ma mai le persone che ha distrutto o aiutato.
La morte appartiene a chi resta, non a chi parte.
Fu lì che scoppiò in un pianto liberatorio, stringendo il setto nasale con le dita, cercando di nascondere al cielo la sua debolezza impotente.
Voleva non avere la capacità di piangere, non avere proprio nulla, anzi voleva morire con Bart.
Proprio quando la coltre nera stava per richiuderlo nei demoni, arrivò la luce in battaglia a salvare il ferito.
-Sta bene?
Chiese Faith, accarezzandogli le spalle mentre sulle punte appoggiava il mento sulla sua spalla.
Infondo le dispiaceva davvero, in quella guerra era l'unico soldato che doveva salvare un esercito.
-No, non sto bene.
Si voltò, guardandola senza problemi mentre lasciava scendere le lacrime che brillavano a confronto con le gocce della pioggia.
-Perché questa è la vita e vivere fa...schifo.
Faith di slancio lo abbracciò, stringendolo come meglio poteva, lasciando solo un po' di conforto. Venne colpita da migliaia di proiettili dei nemici, ma si lasciò uccidere volentieri pur di proteggerlo.
Sentiva da sotto la sua schiena le ali pronte a spuntare.
-Ti prego Davis, vattene via. Ho bisogno di restare da solo.
Lei annuì delusa, correndo via mentre Robert la guardava fuggire da lui pentendosi subito di averlo fatto.
C'era Hannah che non si era presentata al funerale, voleva andare a trovarla e urlarle contro dell'orrenda azione che aveva compiuto, oppure augurarle di guarire se stava male.
Corse senza fiato verso casa sua, calpestando mille pozzanghere.
Corse fino a non sentire più i polmoni o il battito cardiaco, giungendo finalmente davanti alla casa di Hannah.
La porta era chiusa, perciò entrò dalla finestra di camera sua, sapendo che i genitori non c'erano.
-Ehi, sono Faith, dove sei? Voglio parlarti Standall!
Gridò per farsi sentire, ma l'unica risposta fu il totale silenzio.
Aprì per sbaglio il bagno, urlando e cadendo a terra quando vide la vasca piena e la ragazza nuda al suo interno.
Urlò non per la sua nudità, ma perché dal suo polso scorreva un taglio e il suo sangue, dai suoi occhi spalancati la morte.
Vide il taglierino sul pavimento, l'acqua rossa copriva la sua pelle candida e satura.
Era chiaro il suo suicidio.
Si alzò, avvicinandosi, mettendole una mano sul collo senza sentire vita.
-Non volevo odiarti.
Disse, stringendo i denti mentre le prime lacrime stavano uscendo.
Era solo l'inizio delle emozioni quelle.
E, come ho detto: quel faccia a faccia cambiò tre vite in un modo davvero sorprendete, ma solo una portò alla fine totale.

*oh, tra poco finisce sta storia. E si, per questa morte ho citato quella di Hannah Baker in 13 reasons why. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

*Qua da Shinimal è tutto Al prossimo capitolo

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On The Side Of The Angels~Robert Downey Jr (Teacher/Student)Where stories live. Discover now