Back to normality

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Le prime luci dell'alba fecero il loro ingresso dalle tende dell'ampio salotto, soffermandosi a spolverare qua e là i mobili con un pizzico di polvere. Il pulviscolo atmosferico raggiunse il nasino di Faith Davis che se ne stava tutta rannicchiata sul divano, la mano sinistra che le copriva il volto. Il primo raggio di sole illuminò il volto bianco cadaverico della biondina, facendole stropicciare gli occhi con le mani prima di aprirli.
Si ricordò cosa era successo la scorsa notte, lasciandosi perdere in un sospiro che trasudava rassegnazione e quel familiare gusto di panico che si era attaccato a lei e non voleva più andarsene.
Erano appena le cinque del mattino, e la studentessa si alzò senza produrre alcun rumore dalla sua postazione o cuccia provvisoria per la notte. Iniziò a squadrare la villa del suo professore dallo spiccato gusto moderno che rendeva l'atmosfera fresca ed incalzante anche di prima mattina. Faith iniziò ad aggirarsi per i corridoi, guardando le porte grigie che erano deliberatamente chiuse a chiave. Entrò senza indugiare nel bagno che trovò davanti a sé, chiudendo lentamente la porta. Con sguardo curioso subito si gettò verso destra, afferrando una piccola scultura che riproduceva il Big Ben di Londra.
Sospirò commossa, tracciando con le dita i contorni di quella torre simbolo della sua patria, del posto dove la vita sarebbe stata sicuramente migliore di quella che doveva passare.
Strinse al petto quel souvenir, come se sentisse il cuore pulsante dell'Inghilterra battere all'unisono con il suo, correre con i suoi sogni in quel magnifico quadro che dipingeva la sua libertà.
Tutto piombò nella realtà più spaventosa ed orrido quando posò al suo posto la sculturina, girandosi di scatto per scontrarsi contro qualcosa di caldo e duro allo stesso tempo. Alzò lo sguardo e cadde a terra dallo spavento vedendo il suo arcigno professore fissarla con le sopracciglia aggrottate e le mani sui fianchi.
Indietreggiò, scivolando su quel pavimento cerato e liscio.
-Mi scusi signore, i-io..
Downey stranamente sorrise e anzi, l'aiutò ad alzarsi.
Per un solo attimi, un solo stupido secondo, Faith crebbe che quel sorriso e quello sguardo appartenessero ad un essere gentile e speciale, che voleva solo riempirla di complimenti. Ma quando il temibile Downey improvvisamente la prese e la sbatté contro la porta chiusa capì che la guerra durava cent'anni.
La sua minuta schiena sentiva il corpo dell'uomo pressarla, mentre con una mano, dalle vene vertiginosamente in risalto, schiacciava la sua testa contro la superficie fredda della porta. Urlò di dolore quando le afferrò il braccio malconcio, portandolo dietro la schiena, alzandolo con due dita. Se Downey avesse alzato ancora di più la sua presa, questa volta l'arto si sarebbe davvero spezzato.
-Cosa ci facevi con quell'oggetto in mano, uh?!
Gridò lui nel suo orecchio, le vene del collo in risalto per via della collera, mentre la povera Faith cercava di non pensare al dolore mentre piangeva dalla disperazione. Stava rivivendo un dramma, ed è lunga e dura uscirne sani e salvi.
Il cranio della biondina iniziò a scricchiolare pericolosamente, la grande mano del professore stava per spaccargliela.
Era la fine, certo, ma preannunciava un nuovo inizio e poi avanti così, per tutta la vita.
-Volevi rubarlo non è così?!
Gridò di nuovo, Faith che stringeva i denti e lasciava sfuggire dei pezzi di urla straziate dal dolore, Downey che aveva il diavolo in corpo.
-No..
Pressò ancora di più il suo corpo contro quello della studentessa.
-Non ho sentito!
Erano li le ossa, ad un emozionante secondo dal spaccarsi e frantumarsi in mille pezzi, a chiudere questa storia. Era pronto il corpo a morire, ma questa volta si oppose il cuore e il ben più forte cervello.
-NO!
La lasciò andare, Faith si girò lentamente e con il brivido di un terremoto nel corpo, lo sguardo sui suoi piedi scalzi. Non si azzardava a guardare l'ira ancora funesta negli occhi di Downey.
-La prossima volta che tocchi qualcosa sei morta.
Si scostò anche solo sentendo la sua voce, il suo fiato arrivare fino a lei e spintonarla indietro.
Si massaggiò il braccio dolorante obbligandosi a seguire quel pazzo verso la sala e poi il garage. Lo vide di sfuggita accendersi un'innocente sigaretta, forse quella il motivo di tanta esuberanza e cambiamento d'umore peggio di un lunatico compulsivo. Le sue teorie trovarono le loro fondamenta quando intravide un cerotto alla nicotina sul suo avambraccio.
Mai l'aveva visto indossarli, ma forse iniziava a pensare che non fosse così pazzo, era per colpa delle sue cattive abitudini. Faith Davis si ricordò di Ashley e Aaron che aveva lasciato in quella topaia chiamata casa, le salì il vomito.
In garage prese la bici aggiustata, si era già vestita ed era pronta per scappare.
Downey non le aveva neanche preparato una colazione, solo un tetto e un posto dove dormire.
-Vai piano, che la prossima volta non ti aiuterò più!
Urlò di rimando quando la protagonista uscì, schizzando via dal cancello come una freccia.
Sentiva ancora gli spettri delle mani di Downey il terribile andare oltre e fracassarle il cranio.
-Si torna a scuola.
Mormorò quando giunse a casa sua, entrando di soppiatto nella sua camera per preparare la cartella.
Fece una piccola colazione e subito tornò a prendere la bici, pedalando fino alla Walter High, dove il bidello Jeff la stava aspettando per iniziare a pulire tutto.
-Si torna alla normalità.

*non è un mio vero ritorno, senza un'altra sorpresa. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

*Qua da Shinimal è tutto Al prossimo capitolo

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On The Side Of The Angels~Robert Downey Jr (Teacher/Student)Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu