~Capitolo 33~

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Thomas

<<Questa volta vi è andata davvero bene>> commentò il professore mentre ci accompagnava in palestra, dopo averci fatto prendere gli attrezzi <<fosse stato per me eravate già stati sospesi>>.

Esagerato.

A questa provocazione sia io che Elizabeth non proferimmo parola. Tanto sarebbe stato inutile, oltre al fatto che la rossa non sembrava per nulla presente. Era nel suo mondo ed io avevo bisogno di parlarle. Dovevo assolutamente capire che cosa le avessi fatto. Se l'avevo ferita in qualche modo, avrei voluto saperlo.

<<Questa è la palestra>> esclamò di forte all'ovvietà, <<mentre questi gli spogliatoi>> continuò, dopo aver aperto la porta di uno di essi.
<<Grazie, non ci avevo fatto caso>> alzai gli occhi al cielo ironico.
<<Faccia meno lo spiritoso!>> mi zittì all'istante, <<e fate in modo che non vi becchi a fare altro>> si raccomandò guardandoci con rimprovero.
<<Sì, signore>> mormorai tra me e me. A me non poteva importar di meno delle sue parole, volevo solo rimanere solo con Liz e parlarle il prima possibile.

Detto questo e, dopo essersi raccomandato per la terza volta di non fare danni di alcun genere, uscì dallo spogliatoio, con un ghigno divertito.

Quell'uomo era davvero perfido.

Elizabeth subito si mise al lavoro, senza degnarmi di uno sguardo. Si comportava come se io non fossi lì con lei e, già quella punizione mi sembrava infinita e pesante, poi passarla in religioso silenzio era decisamente troppo.

Liz sospirò per la decima volta. L'unico suono che avevo sentito uscire dalle sue labbra nell'ultima mezz'ora. Non la tolleravo più. Non solo non diceva una parola ma non faceva altro che lamentarsi. La voglia di urlarle contro era davvero forte.

<<Okay, adesso basta!>> ruppi quel silenzio snervante. Ovviamente Liz non fece una piega, come se non mi avesse sentito.

<<Hai sentito?! Sono stufo!>> insistetti lasciando cadere a terra lo scopettone, <<potresti dirmi che cavolo ti ho fatto?!>> sbraitai esausto. Ma lei tacque nuovamente.

<<Elizabeth!>> insistetti togliendole di mano la scopa.
<<Forse è meglio che vada a pulire l'altro spogliatoio, così facciamo prima>> decretò invece impassibile, sempre senza guardarmi negli occhi. Era snervante quella situazione, il suo atteggiamento, a mio parere totalmente immotivato, mi stava facendo impazzire.

Prima che potesse uscire dalla stanza però feci due passi verso la porta e la chiusi di colpo girando la chiave, per poi infilarmela nella tasca anteriore dei pantaloni. Mi girai soddisfatto verso la rossa, che come c'era da aspettarsi mi guardava in cagnesco.

<<Apri subito la porta>> ringhiò.
<<Fammici pensare... No!>> esclamai perentorio mettendo le braccia conserte.
<<Thomas, apri subito quella dannata porta!>> urlò sbattendo i piedi a terra.
<<Ti ho detto di no>> sorrisi divertito appoggiandomi alla porta chiusa.
<<Giuro che ti picchio>> mi minacciò ma, su di me fece un effetto diverso. Se il suo intento era quello di spaventarmi, io non potei evitare di scoppiare a ridere davanti alla sua espressione truce.

<<L'hai voluto tu>> e senza aggiungere altro mi si avvicinò minacciosa, cominciando dapprima a strattonarmi per la maglietta poi, in un secondo momento, a tirarmi pugni sulla spalla. Sembrava un topo che tentava di picchiare un elefante. Era troppo buffa.

<<Smettila!>> sbraitò tirandomi un pugno leggermente più forte degli altri sul petto, <<Thomas, apri la porta!>>.
<<Finché non mi dici il motivo per il quale ce l'hai con me, te lo puoi scordare>>. Mi mantenni sulla stessa linea senza mostrare il minimo cedimento.
<<Come se non lo sapessi>> sorrise amaramente.
<<No, Elizabeth, non lo so!>> esclamai esausto.
<<Allora fatti un bell'esame di coscienza e apri questa maledetta porta!>> insistette nervosa, dandomi una spinta.
<<Ma cosa ti costa dirmelo?!>>.
<<La mia dignità, Thomas, la mia dignità!>> continuò sempre più arrabbiata, <<adesso dammi la chiave>>.
<<No>> risposi semplicemente.
<<Thomas, dammela>>.
<<Ti ho detto di no!>> mi lamentai come un bambino piccolo. A quel punto mi aspettai che vi rinunciasse, invece prima si voltò verso la parete opposta passandosi una mano tra i capelli leggermente sudati poi, come se le fosse appena venuta un'illuminazione, tornò a guardarmi più determinata di prima.

Vivere a ColoriOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz