~Capitolo 20~

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Thomas

Quando mi dicevano che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, io non davo loro molto peso. Ero abbastanza maturo da rendermene conto da solo, senza che continuassero a ripetermelo.

Solo quando quella mattina mi svegliai più rimbambito del solito realizzai che senza averci sbattuto la testa non l'avrei mai imparato.

La sera prima mi ero dato alla pazza gioia. Avevo bevuto ogni genere di alcolico che mi fosse capitato sottomano. Ero arrivato al punto di chiedere ad un tizio di comprarmi da bere perché il barista non voleva più darmene.

Era stato nell'esatto momento in cui il drink fu tra le mie mani che mi ero reso conto di aver davvero esagerando. Così, completamente andato, mi ero fatto trascinare via da Matt che mi aveva riaccompagnato a casa. Non so cosa avrei fatto senza di lui.

Ero morto quella mattina. Non riuscivo neanche ad alzarmi dal letto.

E - come se i litri di alcol non fossero bastati - per concludere al meglio la serata, mentre ci dirigevamo all'auto, avevo intravisto la mia rossa mano nella mano con quel Mark.

Quanto lo odiavo. Era così... così... Come poteva a Liz piacere un idiota simile?

Mi riscossi. A che diamine stavo pensando? La "mia" rossa? La sbronza mi stava dando alla testa. Quella era tutto, fuorché mia.

Certo che, vederla sorridere al ricciolino imbecille, non era stato proprio il massimo. Avrei voluto esserci io lì con lei e che sorridesse a me. Solo a me. Quell'idiota si stava approfittando della sua ingenuità e bontà, e lei non se ne rendeva neppure conto.

<<Thomas!>> urlò una voce dal piano di sotto che, anche se fastidiosa, mi destò dai pensieri senza senso che mi ronzavano per la testa da troppo tempo.

Dopo un tempo indefinito la voce urlò di nuovo il mio nome ma questa volta fu più vicino, come se chi stesse urlando stesse salendo le scale.

<<Thomas!>>. Mia madre aprì la porta di scatto con la sua dolce voce che con il mio mal di testa non andava affatto d'accordo, <<posso sapere perché sei ancora a letto?!>>.
<<Mamma, lasciami dormire>> biascicai voltandomi dall'altro lato.
<<No, signorino. Ti avevo avvertito che oggi saremmo dovuti andare fuori città e che non saresti dovuto uscire. Ora ti alzi!>> sbraitò sbattendo i piedi a terra.
<<Che palle!>> mi lamentai mettendo da parte le lenzuola.
<<Modera il linguaggio, ragazzino, tra dieci minuti ti voglio di sotto>> concluse prima di uscire dalla stanza sbattendo la porta alle sue spalle.

In quella casa non c'era un attimo di pace. Quando i miei non erano a casa dovevo badare ad April, quando erano a casa dovevo star dietro a loro. Mi chiesi quando avrei avuto del tempo per me. Anche se, dopo i viaggi mentali di poco prima, forse era meglio che tenessi la mente occupata.

In dieci minuti, senza sforare di un secondo, mi trovai nell'anticamera di casa mia pronto ad una meravigliosa gita di famiglia.

<<Bene, possiamo andare>> esordì mia madre spingendoci tutti fuori dalla porta di casa.

Da quel che sembrava, l'unica entusiasta di quel viaggio era lei. Avrei voluto chiedere dove stessimo andando ma, probabilmente me lo avevano già detto e ridomandarlo avrebbe portato mia madre ad un esaurimento nervoso e ad accusarmi di non essere mai attento a ciò che diceva. Affermazioni che volli risparmiarmi alle dieci di mattina.

Dopo due ore di viaggio, che passai a dormire con le cuffie attaccate alle orecchie, qualcuno mi diede uno scossone improvviso ed io spalancai gli occhi per lo spavento.

Vivere a ColoriWhere stories live. Discover now