~Capitolo 32~

11.9K 355 58
                                    

Thomas

La mattina seguente, quando mi svegliai, mi sentivo come se un treno merci mi fosse passato sopra. Poche volte mi ero sentito così, neanche dopo tre birre o un'ora di corsa con il coach che mi urlava dietro mi sentivo così, il che era tutto dire.

Aprii appena gli occhi constatando che mi trovassi ancora immerso in una stanza buia, anche se dalle persiane filtrava una tenera luce. Da subito, non riuscii a mettere a fuoco il luogo in cui mi trovassi ma, di una cosa potevo essere certo: sicuramente non era camera mia.

La febbre era quasi sparita, se non completamente, ero praticamente guarito. Mi sentivo ancora un po' stanco ed affaticato ma, supposi fosse normale dopo aver avuto la febbre alta per tutto il giorno precedente. Mi misi a sedere e tastai il comodino accanto al letto in cerca dell'interruttore della luce. Non si vedeva nulla lì dentro e dovevo assolutamente sapere dove mi trovassi.

Non ricordavo molto del giorno precedente. Anzi, praticamente nulla. Solo che mi trovavo a scuola e stavo litigando con l'infermiera che tentava invano di obbligarmi a darle il numero dei miei, cosa che non avrei mai fatto, quando... Giusto! Ora ricordavo! A salvarmi dall'infermiera impicciona era arrivata Elizabeth che, con la scusa che usavamo già da un po', mi aveva portato via. È da qui che non ricordavo quasi nulla: eravamo venuti a casa sua, poi il vuoto. Come se le ultime ore fossero state cancellate dalla mia mente.

Quindi, se non andavo errando, dovevo trovarmi certamente a casa della rossa. Infatti, quando accesi la luce, dopo cinque minuti che cercavo l'interruttore, mi ritrovai nella sua camera. Era tutta in ordine e ben arredata ma non mi soffermai troppo sul suo stato. Se mi trovavo lì significava che la rossa fosse nei paraggi e, soprattutto, che non avesse dormito nel suo letto per lasciarlo a me.

Ormai ero guarito ed anche se avevo ancora un po' di mal di testa, decisi che fosse arrivato comunque il momento di alzarmi. Ero già stato abbastanza tempo un peso per lei.

Barcollai fino alla porta, mentre mi strofinavo gli occhi. Ero davvero stanco, avrei tanto voluto tornare a letto. Scesi svogliatamente al piano inferiore dove subito sentii dalla cucina il rumore di qualcuno che spadellava, così mi diressi in quella direzione.

Appena varcai la porta della cucina, però, quasi non volli fare retro-font e tornare in camera di corsa. Infatti, ad attendermi non vi era Liz, come avevo immaginato ma sua madre, intenta a cucinare qualcosa. Giusto mentre me ne stavo andando in punta di piedi altrove, la donna si girò e mi rivolse un sorriso gentile.

<<Buongiorno Thomas!>> esclamò euforica, mentre io la guardavo stranito. Sapeva della mia presenza?

<<Come stai, caro?>> domandò aggrottando le sopracciglia preoccupata come avevo visto fare alla figlia, in più di un'occasione.
<<Meglio, grazie...>> mormorai imbarazzato.
<<Lizzy mi ha detto che non sei stato bene>> commentò.
<<Un po' di febbre...>>.
<<Povero caro! Dai, siediti che ti preparo qualcosa di caldo!>> continuò energica. Ero certo del fatto che avesse fatto la notte, dato che non mi ricordavo di lei la sera prima ma, comunque aveva le forze per prendersi cura di me. Ora capivo da chi avesse preso Liz. La stessa forza e la stessa costanza, oltre che la stessa gentilezza che la contraddistingueva.

<<Elizabeth è a scuola>> mi comunicò mentre mi serviva un tè caldo.
<<Ieri però ha fatto molto tardi a causa mia>> pensai ad alta voce, consapevole che mi avesse sentito. Non mi capacitavo di come avesse mandato a scuola la figlia dopo la nottataccia che aveva passato.
<<Le avevo detto di restare a casa ma, non ha voluto. Ha detto che avrebbe fatto solo mezza giornata. Tra poco dovrebbe arrivare>> mi sorrise prima di sbadigliare, mettendosi una mano davanti alla bocca, <<scusami, ho fatto la notte>> mi spiegò mentre controllava quello che pensai fosse il pranzo.

Vivere a ColoriWhere stories live. Discover now