~Capitolo 18~

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Thomas

<<Meno due giorni alle olimpiadi!>> esordì Matt nel bel mezzo di una conversazione che stavo malapena seguendo. Sembrava farlo di proposito ogni volta che mi vedeva distratto. Infatti, appena udii quelle parole, un senso di ansia ed angoscia si impossessò di me distogliendomi dai miei pensieri. Se la squadra avesse perso sarebbe stata unicamente colpa mia e non me lo sarei mai perdonato. Capivo che fosse solo un gioco ma, fare la figura dello scemo di fronte a tutte le scuole dalla regione, non mi andava proprio.

<<Già>> mi limitai a commentare, anche se avrei voluto aggiungere che fosse ancora in tempo per cercare un altro giocatore. La verità era che avessi la testa altrove.

Non riuscivo a concentrarmi, era una settimana che i miei genitori non si vedevano, mia sorella non voleva andare a scuola ed io non sapevo più come convincerla. Avevo anche provato a chiedere a mia madre ma, la sua autorità materna nei nostri confronti si era tradotta in una semplice minaccia. Risultato? Erano due giorni che April se ne stava chiusa in camera sua.

<<Dai non fare quella faccia! Vedrai che spaccheremo>> o mi spaccheranno la testa, pensai.
<<Sì>> alzai gli occhi al cielo, parecchio scettico sulla buon'uscita di quell'impresa, poi decisi fosse giunto il momento di congedarmi.
<<Ricordati gli allenamenti domani>> si raccomandò dandomi una pacca sulla spalla.
Confermai convinto anche se in realtà, me n'ero già scordato. Ero in alto mare, ad un passo dalla disperazione. Le "Olimpiadi scolastiche" erano l'ultimo dei miei problemi, solo che non ero pronto né convinto di poterne parlare a Matt. Non mi sentivo a mio agio.

Uscii in fretta da scuola dato che avevo fatto tardi e la babysitter non sarebbe rimasta ancora a lungo a casa con mia sorella e, se non volevo pagare un supplemento, dovevo muovermi.

Feci per salire in auto quando non potei ignorare il suono di una risata a me molto famigliare. Non resistetti alla tentazione di guardarla. Perché anche se la stavo evitando da giorni, non potevo negare che mi mancasse un po' battibeccare con lei.

La cercai con lo sguardo e quando la individuai rimasi alquanto deluso nel costatare che fosse in compagnia di riccioli d'oro. Era venuto ancora a prenderla a scuola, ma cos'era diventato quello? Il suo ragazzo?!

Veniva tutti i giorni a prenderla oramai. Come se lei non avesse un'auto!

Mentre si dirigevano alla macchina di lui, Liz forse sentendosi osservata, guardò per una frazione di secondo nella mia direzione e sul suo viso si aprì un timido ed impercettibile sorriso. Avrei davvero voluto ricambiare ma, il mio orgoglio me lo impedì. E, senza degnarla di un cenno né tantomeno capace di ricambiare il suo gesto, salii in auto.

Voleva sbattermi in faccia che si fosse fidanzata? Come se a me potesse importare. Poteva stare e andare con chi voleva, non erano affari miei. Però non doveva permettersi di comportarsi così con me. Non ero io a sottovalutarla, semmai era lei stessa a farlo.

**

<<April, devi andare a scuola>> decretai diretto a mia sorella, che si trovava ancora al piano di sopra, molto probabilmente nel letto, sotto le coperte.
<<Ti ho detto di no!>>.
<<April, non farmi venire lì. Ti ho fatta stare a casa per ben tre giorni, oggi vai>> dissi nel modo più calmo possibile.

Quella bambina aveva la testa dura più di me, non riuscivo a farle cambiare idea neanche a pregarla di cinese.

<<Scordatelo!>>.
<<April, la babysitter non può venire oggi>> sbuffai cominciando a salire le scale.
<<Sto a casa da sola>>.
<<Non puoi, sei piccola>> le ricordai entrando nella sua stanza e trovandola per l'appunto nel letto.
<<Solo quando ti conviene>> ribatté prontamente mettendomi il muso.
<<Non ci provare, oggi ci vai>>.
<<Ma perché? Non posso studiare da casa?>> piagnucolò la bambina aggrottando le sopracciglia.
<<April, andiamo, mi farai arrivare tardi!>>.
<<Tanto che ti importa?>> alzò le spalle incurante del fatto che mi stessi arrabbiando sul serio.

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