~Capitolo 11~

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Elizabeth

Quel giorno stavo davvero uno schifo, ogni tanto mi capitava. Vertigini e nausea da quando ero piccola. I medici dicevano che era lo stress, io credevo che fosse dato anche da una sorta di stanchezza e sconforto che ogni tanto si impossessavano di me.

Mi sentivo vulnerabile quando mi succedeva e per questo diventavo terribilmente irritabile, pronta a saltare al collo a chiunque mi avesse contraddetto. In pratica, era una digressione della "simpatia" che mi contraddistingueva, come diceva mio padre quando ancora ci sentivamo regolarmente.

Non ero andata neanche al lavoro a causa di quel malessere e non era da me.

Quando scesi di sotto, però, mi resi conto che al peggio non c'era, davvero, mai fine. Nel mio salotto, nella mia casa, si aggirava disinvoltamente un ragazzo dai capelli castani, facendosi gli affari miei e senza che nessuno lo disturbasse.

<<Che ci fai tu a casa mia?!>> sbottai isterica.

Thomas si voltò senza mostrarsi toccato dalla mia apparizione. Anzi. Pareva anche parecchio divertito e ciò non poté far altro che irritarmi di più.

<<Carino il pigiama>> sghignazzò, mettendosi le mani in tasca con fare spavaldo.

Spalancai gli occhi, colta in fallo.

Che vergogna! Non mi ero neanche resa conto di come fossi conciata. Di solito, quando ti trovi in casa tua, non dovresti preoccuparti di come sei vestito o se sei in ordine. In più non stavo bene, avevo il diritto di essere un completo disastro in confronto a lui. Lui che invece era perfetto, come sempre, e questo mi mandava ancor di più in bestia. Con una semplice maglia bianca e dei jeans neri, faceva una figura migliore di me con vestito e tacchi.

<<Sono ricci quelli?>> continuò divertito, cominciando ad avvicinarsi.

Io non risposi, mi limitai a trucidarlo con lo sguardo, mentre scendevo gli ultimi gradini.

Non credevo che si potesse odiare qualcuno quanto io odiavo lui.

Mi arrivò praticamente di fronte senza che il sorrisetto soddisfatto che gli illuminava il volto sparisse. Da quella distanza potevo rendermi conto dell'evidente differenza di altezza che c'era tra noi - sicuramente era più alto di me di venti centimetri se non di più - oltre che gustarmi il suo aroma inconfondibile.

<<Non azzardarti ad avv->> ma non mi fu possibile finire la frase siccome fece capitolino un altro capogiro. Così dovetti cercare in fretta qualcosa a cui aggrapparmi. Destino volle che, l'unica cosa a cui potessi ancorarmi in quel momento, fosse il fastidiosissimo ragazzo davanti a me, che subito si allarmò.

<<Hey, stai bene?>> chiese facendosi sia serio che gentile tutt'a un tratto.
<<Sì, sprizzo salute da tutti i pori!>> esclamai ironica alzando la voce.
<<Sempre simpatica, eh?>> commentò senza staccarsi da me, che gli ero praticamente tra le braccia, <<vuoi sdraiarti sul divano?>>.
<<Voglio andare in cucina. Sono scesa per una camomilla>>.
<<Okay, ti accompagno>>.

Alzai lo sguardo in cerca di qualche segno di malizia nelle sue parole ma non ve ne trovai, anzi sembrava quasi preoccupato.

Per me? Mi chiesi confusa.

Non mi sprecai nella ricerca di una qualche risposta a questa domanda. Tanto non l'avrei mai capito. Quel ragazzo doveva soffrire di qualche problema: prima faceva lo stronzo, poi si mostrava tutto ad un tratto gentile. E poi hanno il coraggio di dire che sono le ragazze quelle bipolari!

<<Hey Liz, che hai?>> chiese mia sorella abbandonando tutto ciò che stava facendo, appena entrai in cucina, <<dovevi restare a letto!>> mi rimproverò subito.
<<È stato mio fratello ad infastidirti?>> chiese April spalancando gli occhi.

Vivere a ColoriWhere stories live. Discover now