6. Un duetto perfetto

Începe de la început
                                    

«Avanti, non litigate» sbottò, per poi rivolgergli uno sguardo da cucciolo bastonato. «Ren, lo sai che non è sicuro andare da soli all'ultimo piano...»

Affondò i denti nel filtro, senza curarsi del sapore amaro che gli penetrò nella lingua. Le loro idee sulla sicurezza non coincidevano e personalmente si sentiva più al sicuro con un serial killer che con una ragazzina che fino a ieri aveva intasato Twitter con le sue intenzioni di portarselo a letto. Sospirando, si pizzicò il setto nasale, sentendo crescere in lui il principio di un'emicrania da urlo. E dire che per quella notte aveva previsto solo di bere come una spugna.

Riportò lo sguardo su di lei e le sorrise, ma prima di poter aprir bocca, Gregory ricomparve dall'ombra nella quale l'aveva rilegato. Si era dimenticato di lui. Totalmente.

«Non andrà da solo. Lo accompagnerò io.»

Per poco la sigaretta non gli scivolò dalle labbra per lo stupore. Lui e il secchione che facevano squadra? Un avvenimento del genere era in programma nella sua agenda solo nel giorno poi dell'anno mai. Ma se doveva scegliere tra lui e Dakota, forse non era poi una cattiva idea optare per il male minore.

«Grazie delle tue amorevoli preoccupazioni da mogliettina ansiosa, ma preferisco andare da solo. Se sarò fortunato morirò sul colpo.»

«Sii serio per una volta» rimbeccò il giovane. «E poi dubito che i tuoi amici ti permetteranno di muovere alcun passo senza qualcuno a guardarti le spalle.»

«Forse dovresti preoccuparti delle tue.»

«Ok, basta!»

Tutti i ragazzi si voltarono verso Dakota. Per essere un mucchietto di ossa, possedeva una spiacevole voce acuta.

Combattuta, la ragazza si morse il labbro e si diresse verso John, prendendolo a braccetto nonostante tenesse gli occhi puntati su Ren. «Molto bene. Io e John ricontrolleremo le finestre a questo piano e voi due andrete al secondo. Mi sembra equo. È inutile sprecare altro tempo.»

John le lanciò un'occhiata perplessa, ma alla fine si arrese con una scrollata di spalle. In fondo la loro massima priorità era quella di uscire da lì; perdere tempo a discutere tra di loro era del tutto controproducente, oltre che una pessima idea. «Ok. Ci rivediamo qui tra mezz'ora?»

«Certo» annuì Ren, finendo la sigaretta. La gettò a terra e la schiacciò sotto la suola di un anfibio, ormai del tutto incurante del "rispettare" certe dimore. Attese qualche momento prima di muoversi a sua volta, osservando i due ragazzi scomparire dietro l'angolo.

E così anche il secondo punto della lista svanì, seppur con un membro in meno nel gruppo.

«Forza, andiamo.»

Ren camminò svelto per i corridoi, incurante se Gregory riusciva a stare o meno al suo passo. Nella penombra, i suoi occhi si posarono sul pavimento, ormai costellato d'impronte dissimili che proseguivano in tutte le direzioni. L'effetto che produceva tale visione non era confortante, nonostante fosse la prova della presenza di creature corporee a zonzo per quei corridoi, ma appariva come un macabro sentiero che spezzava il manto di polvere che racchiudeva la villa. La sua immobilità era stata profanata e in quel momento, più che mai, Ren incominciò a sentirsi come un intruso. Avvertiva qualcosa d'indefinito aleggiare sopra di loro e ciò non faceva altro che procurargli la sgradevole sensazione di essere osservato.

Arrivato alle scale di servizio, si fermò quel che bastava per estrarre il cellulare dalla tasca dei jeans e azionare la torcia, in modo da illuminare i vecchi gradini scricchiolanti.

«Non era necessario.»

Non si voltò nell'udire la voce del secchione alle sue spalle e incominciò a salire.

When the children playUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum