thirty-two

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"Come ti senti?"

"Come uno stallone." Disse poco convinto mentre mi rivolgeva un sorriso. Io sospirai e mi misi a sedere, poggiando i piedi sul letto dove era steso lui.

"Divertente. Come stai veramente?"

"Ashley, sto bene, stai zitto." Insistette. Io risi allo stupido soprannome che usava sempre quando ero drammatico o mi comportavo come 'una ragazza'.

"Scusa se non sono stato molto qui, sono stato impegnato-" iniziai a dire per scusarmi.

"Non preoccuparti. Adesso dimmi come stanno andando le cose." Mi interruppe.

"In realtà dovremmo davvero parlare di te, perché-"

"Ma parlare di me è noioso e depresso. Voglio sapere della tua ragazza." Disse. Gli avevo raccontato tutto di Scarlett e lui mi chiedeva sempre di come stavano andando le cose. Gli avevo anche raccontato del giorno che l'avevo incontrata in ospedale per il giorno di osservazione. Ed era inutile dire che era molto arrabbiato perché non l'avevo portata a conoscerlo.

"Lei non è la mia-"

"Oh mio Dio, Ashton, tirami su di morale e basta." Alzò gli occhi al cielo.

"Siamo usciti per un appuntamento, uno vero." Dissi, cercando di nascondere il sorriso che minacciava di esplodere sul mio viso.

"Com'è andato?" Chiese e potevo dire che era contento per me quando il suo viso si illuminò con un sorriso.

"Bene. Davvero bene." Ghignai.

"Dettaglia." Disse.

"Siamo andati a quella pizzeria sul lato nord, quella aperta fino alle quattro del mattino."

"Quel posto è stupido." Borbottò.

"No, non lo è. Voglio dire, è un bar, ma non lo so, le è piaciuto-"

"Rovinerai le cose, devi portarla in qualche luogo davvero carino."

"Ma lei non è così, non è bisognosa o snob. E' figa, sai?"

"Di cosa avete parlato?" Sospirò, cambiando argomento.

"Non lo so –di tutto. Le ho solo fatto un sacco di domande perché..." Feci una pausa per cercare di pensare a come spiegare quanto amassi ascoltarla e guardarla mentre mi parlava, rispondendo alle domande e sbattendo le ciglia –ma senza sembrare così pazzo.

"Perché la ami." Ridacchiò, mettendo l'accento sulla parola 'amore'.

"No." Scossi la testa e gli diedi un leggero calcio.

"Si, la ami." Urlò.

"Smettila di urlare, Henry." Lo zittì e lui rise, un'infermiera ci guardò mentre camminava davanti alla porta.

"Okay, continua."

"Okay, l'ho portata fuori. E anche se non era un ristorante a cinque stelle, hanno la pizza migliore, era un vero appuntamento."

"Quindi non l'hai scopata?"

"Henry! Smettila di dire queste cose!" Lo rimproverai.

"Ho quindi anni, non sono un bambino." Rispose.

"Non mi importa –e per tua informazione, non l'ho scopata. L'ho solo accompagnata a casa."

"Non l'hai neanche baciata?!" Ridacchiò ed io gli misi una mano sulla bocca.

"Amico, sta zitto." Sbuffai.

"Non l'hai neanche baciata?" Disse di nuovo, questa volta la voce era attutita dalla mia mano.

"No –beh, più o meno."

"Quindi l'hai fatto?" Ghignò mentre toglievo la mano.

"Non esattamente."

"Quindi l'hai baciata, ma non l'hai baciata?" Chiese. Era stranamente bravo a capire queste cose. Era anche stranamente bravo a dare consigli su cose così. Chiaramente guardava troppa televisione qui.

"si, mi ha baciato lei." Feci spallucce.

"Amico, vuole qualcosa." Ghignò ed io spalancai gli occhi.

"Basta." Incrociai le braccia al petto.

"Non imbronciarti perché sei troppo codardo per dare alla ragazza quello che vuole-"

"Henry, giuro su dio che la staccherò." Dissi, indicando la macchina accanto al suo letto. Anche se sapevamo entrambi che stavo scherzando.

"Non fin quando non finirai di raccontarmi di lei." Rispose ed io sospirai.

"Volevo farlo –non lo so, penso che non volevo fare le cose troppo velocemente."

"Troppo tardi." Tossì ed io lo guardai. C'erano un po' di cose che mi ero pentito di avergli detto. "Continua." Disse.

"Volevo solo trattarla bene. Quindi le ho promesso che sarei stato un gentiluomo, sai? Aprire la porta per lei e tirare la sedia. L'ho accompagnata a casa e quando mi sono avvicinato per il bacio sulla guancia lei ha girato la testa e mi ha baciato sulle labbra. Voglio dire, ci siamo baciati prima ma questa volta era diverso."

"Sdolcinato." Rise.

"Si." Sorrisi.

"Continua."

"E' tutto –l'ho solo accompagnata a casa."

"No, continua." Disse ed io sapevo cosa voleva dire.

"La vedrò oggi. A lavoro." Scrollai le spalle.

"E la porterai fuori di nuovo?"

"Spero di si."

"Non capisco perché ci stai mettendo tanto. Sei un idiota. Tutto quello che fai è venire qui e parlare di quando lei ti piaccia. E non mi importa, ma è così frustrante quando ti comporti come un idiota..." Continuò a blaterare sul fatto che non avrei dovuto ignorarla tutte quelle volte e di come dovevo smettere di essere uno stupido.

Lui non capiva le mie azioni. Volevo tenerla al sicuro e non volevo che venisse coinvolta. Ma dopo l'incidente con i miei amici la scorsa notte sapevo che era troppo tardi. Adesso sapevo che stare con lei era più sicuro che non starci. Ma lui non lo capiva perché non sapeva niente del pericolo. Preferivo tenerlo all'oscuro, per la sua sicurezza e per il suo bene.

"So che sono stato stupido, ma le cose vanno bene adesso."

"E come pensi che si senta lei verso di te?"

"Non lo so." Scrollai le spalle.

"Posso incontrarla?"

"No." Scossi la testa.

"Cosa? Hai paura che ti ruberò la ragazza? Voglio dire, so di essere affascinante, ma non lo farei."

"Oh, stai zitto." Dissi.

"Voglio incontrarla."

"Forse-"

"Non puoi continuare tenermi come un segreto, sai. A lei non piacerebbe. Alle ragazze non piace quando nascondi segreti, a loro piace quando dici tutto."

E anche se sapevo che era vero, speravo che non fosse così. Perché avevo un sacco di segreti che non pianificavo di raccontarle.

Ambivalence | a.i traduzione italianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora