Servabo te

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Era passato poco meno di un mese da quando Hermione aveva lasciato Hogwarts per partire alla ricerca del tanto agognato ricettario antico, ma nonostante ciò la sua scuola era cambiata: era circondata da un'aura di malessere generale e sia gli studenti che gli insegnanti erano particolarmente stanchi. Tutti erano segnati da profonde occhiaie e gli occhi non erano più accessi e vivaci come un tempo, ma bensì spenti e arrossati. Mentre percorreva il corridoio che portava all'infermeria la riccia scorse in un gruppo di ragazzi due facce ben conosciute.
Luna Lovegood stava parlando con una ragazza tassorosso del quinto anno, mentre Nevile Paciock era dietro di lei, intento a fissare i suoi capelli biondi e morbidi.
"Ciao Neville" sussurrò quasi Hermione, poggiando una mano sulla spalla dell'amico.
"Hermione! Non ti avevo nemmeno notata, come stai? È parecchio tempo che non ti vedevo da queste parti..." disse sorridendo il ragazzo, visibilmente contento per l'arrivo della strega.
"Per ora tutto bene, sto andando a trovare Ginny e Ron..."
"Ah, ho saputo qualche giorno fa di lui. MI dispiace molto"
"Per cosa ti dispiace Neville?" chiese una vocina debole vicino a lui. "Oh, Hermione! Che sorpresa vederti da queste parti! Sono molto felice di vederti"
"Anche io Luna, davvero. Ad Hogwarts come vanno le cose? Percepisco una strana atmosfera: sembra quasi tutti abbiano passato molti brutti momenti"
"E infatti è così purtroppo... Da quando sei partita il numero di attacchi da parte dei Mangiamorte è cresciuto in maniera esponenziale, così come anche il numero di ragazzi colpiti dalla maledizione Smaragdus Oculus. A proposito, hai trovato qualcosa?"
"Ancora nulla, ma ho visitato solo una biblioteca: spero di trovare la cura al più presto" rispose la Grifondoro, guardando con fierezza e un pizzico di nostalgia i due amici di fronte a lei.
"Non vogliamo rubarti altro tempo Hermione. Se hai bisogno chiamaci quando vuoi..." disse Luna, prima di scomparire tra i corridoi seguita dal ragazzo.
Hermione raggiunse poco dopo l'Infermeria: entrando notò subito una quantità spropositata di lettini in più rispetto all'ultima volta che era andata a trovare Ginny e molti ragazzi accanto ai propri amici e familiari. Tutti avevano i volti segnati dalla disperazione e nessuno era in grado di spiccicare parola.
Facendosi forza la strega continuò a percorrere la sala fino ad arrivare alla zona in cui erano stesi Ginny e Ron: la prima era immobile e stava dormendo, mano nella mano con sua madre, mentre Ron era in grado di muoversi ma, a causa della malattia, non riusciva a parlare con nessuno.
"HARRY!" gridò Hermione, attirando l'attenzione del ragazzo sopravvissuto.
"Oh Merlino Hermione, sei tornata! Non hai idea di quanto tu mi sia mancata negli ultimi giorni" mormorò Harry, abbracciando l'amica.
"Anche voi mi siete mancati. Come stanno Ginny e Ron?"
"Male. Ginny non è in grado di muovere gli arti inferiori e Ron incomincia a dare i primi segnali di fatica nella respirazione. Ho paura per loro e per i loro genitori. Molly non riesce a smettere di piangere"
"Ho visto. Però io troverò questa maledetta cura Harry, ne sono sicura"
"Devi trovarla Hermione, altrimenti non solo Ron e Ginny, ma bensì tutti queste persone moriranno e Voldemort avrà ottenuto la sua vendetta. Dobbiamo impedirlo"
"Lo so Harry, lo so. Farò del mio meglio"

***

La stanza era fredda e grigia, l'aria pesante e persino i raggi di sole dalla finestra sembravano spezzati dal buio della camera d'albergo. Draco Malfoy era in condizioni pessime: la Granger era andata via solo da due giorni, ma lui già sentiva il bisogno di sentire il suo profumo e di possedere il suo cuore. Hermione aveva portato via con sé l'allegria e la vita del biondo, che ora non riusciva a smettere di pensare a lei.
Chiuso nella sua stanza, senza cibo e con le finestre chiuse, Draco cercava di trovare una soluzione a quella passione che ormai lo aveva quasi del tutto vinto: immagini iridescenti delle labbra, degli occhi e delle mani della Grifondoro non lo lasciavano in pace, inseguendolo anche durante la notte, senza dargli tregua.
Gli mancava: Hermione Granger gli mancava. Non si era mai sentito così solo come in quel momento: aveva bisogno di stringerla, di baciarla, di possederla completamente. Voleva farla sua, per sempre.
"Sono un pazzo. Un disonore per la mia famiglia. Non merito il mio cognome e il mio sangue" si diceva Draco nel buio. Poi però ripensava alla strega che lo aveva cambiato, alla sua idea sulle differenze di sangue e allora si vergognava di se stesso e della sua famiglia.
Si vergognava di suo padre, di sua madre e soprattutto di sua zia Bellatrix, che aveva come unico scopo quello di estinguere i Mezzosangue.
Anche lui li aveva odiati e forse li odiava ancora: stupidi Sanguesporco, che respiravano il suo stesso ossigeno. Però lei era diversa: la Granger, con il suo metro e sessantacinque di puro orgoglio e fierezza, lo faceva impazzire. Non la sopportava: era arrogante, permalosa e una so-tutto-io a livelli altissimi, ma quel fuoco che bruciava nei suoi occhi dorati era riuscito a sciogliere anche il cuore ghiacciato dell'erede di casa Malfoy.
Per questo non riusciva ad odiarla: a lei ci teneva. Non riusciva a dimostrarlo come voleva, ma non avrebbe lasciato che nessuno si prendesse gioco di lei, a meno che non si trattasse di lui stesso.
"Ti sei innamorato di lei" ripeteva una voce nella sua mente, ma Draco cercava di non pensarci, continuando a fissare nel vuoto della sua stanza.
Non poteva amarla. Lui non avrebbe mai amato nessuno, tanto meno una Mezzosangue.
O forse no.

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