; Devil.

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Álvaro Morata.

Il territorio spagnolo iniziava a farsi pian piano sempre più uniforme e compatto, sino a diventare un enorme distesa di terra.
Continuava tenero lo sguardo fisso verso il finestrino ammirando il bellissimo spettacolo che gli si mostrava dinnanzi, anche se in realtà c'era ben poco da vedere vista la sua posizione. Quanto gli era mancata la sua secca e arida spagna, la sua adorata città dove i suoi genitori, Alfonso e Susana gli avevano dato la vita ai quale non sarebbe riuscito a dire 'grazie' mai abbastanza.
Doveva a loro, la sua carriera calcistica.
Sfilò le cuffiette scese le scale, lasciando che l'aria afosa di Madrid gli accarezza il viso mostrandogli il suo augurio di bevenuto. Già gli mancava casa Juve, ma sapeva che da lì a qualche settimana li avrebbe rivisti, e con loro ci sarebbe stato anche il suo Paulo.
Avanzò versò la porta girevole infilandocisi dentro. Era felice di essere ritornato - almeno per poco tempo -.

Mai cantar vittoria troppo presto, e questo il giovane attaccante spagnolo lo sapeva anche fin troppo bene. Ma non si aspettava che il suo ritorno avrebbe portato con se conseguenze dolorose .

Il diavolo in persona gli si era appena presentato d'innanzi a lui, mostrandosi in tutta la sua magnificenza.
Non di nuovo, cazzo.
Finalmente era riuscito a dimenticarla, a farsi una nuova vita; ad essere felice. Non le avrebbe permesso di rovinare tutto una seconda volta. La stessa chioma bionda che limitava le sue spalle, stesso fisico mozzafiato. Stessi occhi ingannevoli, la stessa stronza che per anni lo aveva usato.
Tentò di evitarla ma la presa ferrea di lei glielo impedì.

Ora bisognava giocarsi le palle.

Nessuno dei due osò proferire parola, la loro era una conversazione fatta di sguardi e niente più. Una parte di lui gli suggeriva di andarsene, ma l'altra gli indicava di restare e affrontarla. Le sue gambe erano fisse a terra, come le radici di una pianta immerse nel terreno. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma il nodo alla gola non glielo permettava.

; - Dunque è vero. Sei tornato. - affermò la giovane rompendo il silenzio.

Alzò lo sguardo verso di lei, sorpreso delle sue parole.
Tornato, ma solo per poco. Il suo cuore era, é, e sarà sempre bianconero.

; - Non sono qui per restare. Non sono tornato per te, ma per la squadra. -

; - Lo so, non mi aspetto di certo che tu ritorni tra le mie braccia. - disse stupendolo.

Sembrava pentita, il suo sguardo era triste, dispiciuto. Mai fidarsi del diavolo.

; - Sono felice che tu sia finalmente riuscita a capirlo, Maria. -

Un brivido gli percorse il corpo non appena concluse di pronunciare il suo nome, quanto tempo.
Afferrò le valigie, ma venne subito interrotto dalle gesta di quella che un tempo era la sua ragazza.

; - Lascia, ci penso io. - gli sorrise, un sorriso sincero forse.

Se prima era confuso, ora lo era il doppio.

; - Uhm grazie. -

Inarcò un sopracciglio guardandola attentamente, a quale gioco stava giocando?

; - Dimmi, sei fidanzato? - chiese rivolgendogli le spalle.

Poteva davvero definire Paulo il suo ragazzo? No, sarebbe stato stupido farlo. Non avevano ufficializzato ancora niente.

; - Sì. - mentì.

; - Come si chiama la tua lei?-

Avrebbe voluto ridergli in faccia confessandogli che in realtà non esisteva nessun lei, bensì un lui. Avrebbe voluto dirgli della sua confusione mentale, delle sue paura. Ma non poteva, non era ancora riuscito a perdonarla del tutto. Gli aveva causato troppo male.
Doveva limitarsi a mentire.

; - Amanda, si chiama Amanda. - constatò.

; - Uhm. Ti va di parlarmene davanti a un buon caffè? - suggerì.

Sembrava una proposta allettante, ma da quando le interessa delle situazione sentimentali dello spagnolo.
Doveva esserci qulcosa sotto, e avrebbe scoperto cosa.
Si limitò ad annuire.
Vediamo sino a che punto sa arrivare.

Paulo Dybala

In quello spogliatoio oramai non ci era rimasto più nessuno. Completamente vuoto, o meglio lui e la polvere.
In questo momento tutti si ritrovavano nelle rispettive nazione, e lui a causa di uno stupido infortunio era dovuto ritornare a Torino. Diede un calcio all'aria, ci teneva così tanto alla nazionale. Dannazione.
Voleva far vedere al mondo intero la Joya di cui tutti gli italiani si erano innamorati perdutamente.
Si sentì così stupido, era finito con il parlare da solo. Álvaro gli aveva davvero scombussolato il cervello così tanto da impedirgli di ragione? Wow.
Barcollando appena uscì fuori dai camerino raggiungendo la porta principale. Improvvisamente si ritrovò a contatto con il freddo del pavimento. Due occhi verdi, misti all'azzurro lo stavano osservando. Una ragazza.
Con aria imbarazzata gli porse la mano, scusandosi.

; - Non dovresti essere qui. - disse alzandosi.

; - Lo so. Ero solo tornata a recuperare dei documenti lasciati qui da mio padre. - ammise sistemandosi velocemente la gonnellina.

Non l'aveva mai vista, eppure lui conosceva ogni angolo di quello stadio. Persino dove Stefano si preparava per il pre-partita aiutato dalla sua fedele amica Federica.

; - Sei nuova, non ti ho mai visto qui? -

La ragazza gli sorrise, annuendo subito dopo.

; - Comunque io sono Sara. - gli porse la mano presentandosi cordialmente - Sono la figlia del nuovo medico della società. Piacere. - aggiunse.

; - Paulo, piacere mio. -

Scoppiarono in una fragorosa per poi scomparire dietro le murabiancone, accompagnati dal caldo solo Torinese.

SpazioAutrice; Di certo non posso dire che questo sia uno dei miei capitoli preferiti, ma ho deciso comunque si pubblicarlo.
Scusate se è corro but, accontentavi.
I voti stanno calando.. Cosa vi succede, non vi piace la storia? :(
Spero di sbagliarmi..
Ricordate, le stelline sono assolutamente gratuite.
@Clara.

Days - Resta anche domani ; Álvaro Morata.Where stories live. Discover now