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Si svegliò di soprassalto, la fronte madida di sudore, il cuore batteva così forte che sembrava voler scappare via dal petto. Quell'incubo. Di nuovo. Tremava come una foglia. Si strinse di più nella coperta, cercando di calmarsi. Afferrò il cellulare che giaceva inerme sul comodino. Era un atto involontario ormai, scorreva veloce i nomi della rubrica fermandosi sempre sul solito. Lo osservava per un po' con occhi vitrei e poi posava nuovamente il cellulare. Non aveva smesso di farlo, neanche una volta. Prima, quando l'incubo la svegliava la notte, le bastava una telefonata. Lui sarebbe arrivato, veloce come la luce. L'avrebbe consolata, sussurrandole all'orecchio che davvero, non era colpa sua. Lei si sarebbe addormentata, senza paura. Ma adesso lui non c'era. Non c'era da due anni. Neanche una volta, in quell'arco di tempo aveva smesso di prendere il suo peraphone, cercare il numero di Beck e osservarlo per un po'. Non sapeva, non aveva idea, se questo fosse positivo o no. Avrebbe continuato a farlo, senza saperne il perché. O forse infondo ne era a conoscenza, ma era una verità troppo difficile da accettare. Accese la piccola l'abat-jour che stava sul comodino dell'hotel. Una vecchia foto immortalava una sorridente Jade di sette anni che abbracciava un uomo con i suoi stessi occhi grandi, lo stesso sorriso. Suo padre la guardava sorridendo. Una strana espressione negli occhi. Amore forse. Portava sempre quella foto con se. Ovunque. Anche nella sua vecchia borsa della Hollywood Arts e l'unico a saperlo, ovviamente, era Beck.


La Hollywood Arts era fantastica,

riusciva a isolarsi benissimo.Nessuno la disturbava.

Nessuno eccetto un irritante ragazzo di nome Beck Oliver.

Non riusciva davvero a capire perché non volesse lasciarla in pace.

"Ehi."- come non detto, si parla del diavolo e ...

"Che vuoi Oliver?" - era incredibile quanto la irritasse. Glielo aveva chiesto

perché non la lasciasse in pace e lui aveva risposto,

come fosse la cosa più ovvia del mondo,

che lei nascondeva qualcosa e lui voleva scoprirla.

Fai la tanto la dura, diceva, ma so che la tua è solo una maschera.

"Mi sorprende sempre la tua gentilezza, Jade."
rispose lui ,
calcando sull'ultima parola.

"Lasciami in pace!"- Jade si era alzata di scatto,

allontanandosi così velocemente che dalla borsa ancora aperta

scivolò via una piccola cornicetta di legno.

"Jade aspetta!" Beck afferrò la cornice senza guardarla,

fermando la ragazza prima che rientrasse in classe

"Ti è caduta questa."

Gli occhi di Jade si spalancarono, animati da qualcosa

che su di lei non aveva mai visto.

Paura. Gli strappò di mano la cornicetta osservandola mortificata.

Un piccolo taglio divideva in due l'immagine di un uomo

incredibilmente somigliante alla ragazza che aveva davanti.

"È tuo padre?" - Beck chiese piano.

Lei non rispose, si limitò a fissarlo con quell'espressione spaventata.

Poi ripose la foto nella borsa, gli voltò le spalle e si sedette in classe.

Sfioro con l'indice tremante il taglio sul vetro, proprio sulla figura del padre, immobile in quell'espressione serena. Com'è buffo che le persone nelle foto restino sempre uguali, mentre nella realtà cambino totalmente. Cos'era rimasto di quella piccola bambina? Niente.

"Scusa Papà" - sussurrò. Jade spense la luce, voltando le spalle alla foto. Si rintanò sotto coperte. Aveva freddo, ma per quanti piumoni potesse mettersi addosso, non sarebbe mai riuscita a riscaldarsi. L'inverno, quello che aveva dentro, era eterno. L'unico che fosse riuscito a trasformarlo in primavera lei non poteva averlo. E adesso chiedeva, a chiunque stesse lassù, quale razza di piano aveva in mente per lei. Perché davvero non capiva, quale senso aveva far innamorare le persone, farle illudere dell'esistenza di una possibile felicità per poi distruggere tutti i loro sogni in un istante, come fossero stati castelli di sabbia. Strinse la presa sul lenzuolo, cercando di non avere troppa paura e addormentarsi di nuovo.

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Saltellava allegra, mentre alla radio mandavano una delle sue canzoni preferite. Quasi non lo sentiva il campanello. Guardò l'orologio. Non poteva essere Robbie ... era troppo presto. Il campanello suonò di nuovo. Cat abbassò il volume della musica e andò ad aprire.

"Beck?" - sussurrò.









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