Capitolo Trentacinquesimo - Parte Terza: L'invito

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«Però io ero lì.»
Le narici di Levi si allargarono, la cicatrice sul suo zigomo parve spiegazzare maggiormente la pelle lungo i bordi. Forse l'avrebbe colpito. O forse avrebbe abbandonato quello stupido battibecco con il suo solito fare.

«E nonostante questo, non hai potuto far nulla. Zenas, non avrebbe potuto far nulla.» I loro corpi si fecero distanti, le dita della Chimera abbandonarono l'orlo della maglia per tornare lungo il fianco. L'Hagufah scoprì nuovamente la freschezza dell'aria nei polmoni e, oltre a quello, il sapore amaro del sangue sulla lingua. Se la stava mordendo, perché in fin dei conti Levi aveva ragione. Non aveva fatto niente per impedire che Colette e Nikolaij venissero presi. «Quanti erano?»
Noah corrugò le sopracciglia. Le sue labbra si schiusero per dare una risposta, poi tornarono a toccarsi. Tanti, avrebbe risposto.
Gli occhi di Nakhaš lo percorsero dalla testa alle ginocchia, poi nuovamente risalirono sul viso: «E quanti di voi avrebbero potuto opporsi?» chiese ancora, senza dargli tregua. «Anche se foste rimasti, se aveste combattuto, avreste avuto la certezza di tornare qui tutti insieme?»

Dal fondo della stanza, più precisamente dalla zona in cui si trovava il divano, la voce roca di Zenas si levò in risposta: «Avrei potuto tentare di portar via Niko, quantomeno.»
Levi si morse il labbro e un sospiro grave gli uscì dalle narici: «Lo avresti salvato?»
«Avrei potu-»
«Non ti ho chiesto se c'era una possibilità, akh, ti ho chiesto se ci saresti riuscito senza mettere a repentaglio il Re.» Il silenzio calò come un sipario sugli attori. Rimasero tutti immobili, tesi, fin quando Nakhaš non si passò una mano sul viso nel tentativo, forse, di portar via una sensazione spiacevole. «Abbiamo già percorso questa strada» soffiò tornando verso la poltrona: «e la meta non è piaciuta a nessuno di noi.»
Con la coda dell'occhio Noah vide Alexandria stringere la presa sul bisturi, spostare lo sguardo e inspirare con forza.
«Invece questa?» con le mani giunte davanti al corpo, i gomiti appoggiati sulle ginocchia e lo sguardo fisso sul fratello, Akràv parve sfidarlo. «Ci piace la meta a cui stiamo andando incontro? In tutta onestà, a me no. Per niente.»
Levi parve trattenere una risata nervosa: «Abbiamo altra scelta?»
Staccandosi dal muro, in uno slancio, dalla bocca di Noah uscì un "" che catturò l'attenzione di tutti, anche solo per qualche istante. Stavolta, le labbra della Chimera non riuscirono a restar ferme, tenendosi in un sorriso tutt'altro che confortante.
«E quale? Andare a salvarli?» I loro sguardi si incrociarono, il cuore di Noah balzò in gola impedendogli di parlare, anche se era ovvia la risposta che avrebbe dato. «Quattro stronzi contro... quanti? Quanti sono gli adepti del Cultus? Nemmeno lo sappiamo.»
«Non molti, questo è certo» la risposta di Alex arrivò timida, non più di un sussurro che fece raggelare Levi. Il modo in cui i suoi occhi si riempirono di stupore, le labbra si schiusero e il corpo sembrò diventare di pietra fu eloquente. Da lei non si sarebbe aspettato alcuna presa di posizione, eppure...
«Dimmi che scherzi.»
«Levi, pensaci» nel volgersi verso di lui, Noah notò come la luce le sfiorò il viso, mettendo in risalto quelli che sembrarono brividi sulle sue guance scavate: «Di alchimisti, di veri alchimisti, ne nascono una manciata ogni decade e noi in tutto questo tempo abbiamo continuato a ucciderli. Non possono essere tanti.»
Per qualche secondo nessuno osò proferir parola. C'erano solo loro due, occhi negli occhi, lontani da quel salotto a cercare di capirsi - poi, arrendendosi, Levi scosse il capo e allontanò lo sguardo dalla sorella: «Ma sono comunque più di noi.» Anche Alexandria parve capitolare. La sua bocca si serrò in una linea dura e come se nulla fosse tornò alla ferita di Zenas.«Ma con un piano» Noah avvertì l'urgenza di non far cadere il discorso, di osare fin tanto che vi era il fantasma di un'approvazione da parte di almeno due delle Chimere, ma il pugno con cui Nakhaš colpì il bracciolo della poltrona lo zittì ancora. «Quale piano?» lo imbeccò: «Siamo in minoranza, deboli e nemmeno conosciamo la planimetria della loro sede.» Non si guardarono, ma all'Hagufah parve di essere come un bimbo rimproverato dai propri genitori. «Non siamo su un campo di battaglia, qui è tutt'altra cosa.» Fece una piccola pausa e ancora una volta si passò la mano sul viso: «Inoltre, a quest'ora mi auguro siano entrambi già morti.»

Le Chimere di Salomone: il ReWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu