Capitolo 101. Countdown

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N/A: ancora il prossimo sabato pubblico così "tardi" per via di forze maggiori (UNIVERSITÀ PERCHÉ FAI I LABORATORI AL SABATO POMERIGGIO!?) e dopo sarà solo colpa mia!
Buona lettura!


Giorgio fissò sfidante Rosa, che prima stava aspettando impaziente la carta. Però, per qualche istante, alla nuova vista, pure la ligure perse tutto il suo smalto abrasivo.
Spalancò gli occhi, analizzò per ogni millimetro lo squarcio che lo deturpava e infine osservò qualcosa oltre il veneto, dando l'impressione di star fissando lui.
Non che la biasimasse.

<È debole, dato che la continuo ad usare.> spiegò Giorgio, cercando di distrarla (di distrarli, di distrarsi). Sfioró con la mano libera il mazzo di carte appeso al suo fianco e gli comparve tra i polpastrelli un'altra carta, anche se un po' a rilento.
Appoggiò la carta del carro contro quella della maschera e la prima svanì. Ma la seconda divenne ben più "corporea" e, anzi, quasi brillava da quanto potere possedeva.

<Così dovrebbe durare abbastanza, considerando che te non hai magia.> notò Giorgio.
<Ce l'ho anche io, grazie tante, cretino! E dammi quella carta!> impartì Rosa, col solito carattere peperino.
Notò soddisfatta come l'espressione del veneto, per un attimo, fu meno contratta.

Questi agitò la carta in aria, borbottò: <Ok, ok, quindi serve che quel... quella cosa, quel dispositivo, non ti veda come estraneo. Ecco qua.> e schiaffò la carta contro il braccio della ligure, forse con più forza del necessario, giusto per continuare quel loro giochetto.
Abbozzò un ghigno quando Rosa gli lanciò un insulto (aveva funzionato!). Poi la piccola-e-ora-pure-magica scalatrice strinse con forza le sue falci, corse verso il muro e iniziò a scalare (di nuovo).

Il silenzio scese sul resto del gruppo, mentre qualcuno la fissava, caso mai qualcosa andasse storto (anche se era il desiderio di nessuno).

<Come te la sei fatta?> fu la domanda insensibile di Yao, che ricevette più di qualche occhiata giudicante.
Giorgio inarcò le sopracciglia, stupito che qualcuno avesse il fegato di farla ad alta voce, e rispose: <1571; battaglia di Lepanto.>

Nella testa di Antonio qualche rotellina si attivó e, come scosso, domandò: <Hai incontrato anche tu qualche sottoposto di Sadiq non umano? Tipo... Uno come te?>

Giorgio ruotò gli occhi e sbuffò con aria scocciata (ma il suo cuore stava battendo così forte; davvero nessuno lo sentiva?!).

Resistette all'impulso di torturare la tunica che indossava e rettificò: <Magari! Ho incontrato Impero Ottomano in persona! Aspetta... Si chiama... come hai detto?... Sadiq? Ah, fa quasi ridere, sembra "sadico"! Comunque... ho trovato lui. Io gli ho fatto saltare la nave su cui era. Lui però prima mi ha lasciato questo regalino.>

Altro silenzio, interrotto solo dal ticchettio di lame contro la roccia e qualche fiato un po' più grosso degli altri della ligure.

<Mario, ci vedo bene con entrambi gli occhi, puoi smettere di fare quel segnaccio stupido!> sbuffò Giorgio, girandosi totalmente verso il laziale, colto mentre faceva il segno di "paga la mossa".

<Ma come?!> si lamentò questi.
<Non lo so! Per secoli non funzionava, poi ad un certo punto ci sono tornato a vedere anche da di qua! I primi giorni è stato disorientante; avere ben due occhi che ci vedevano... Il punto è che, sí, funziona bene!> rispose a gran voce Giorgio.

Si "massaggió" il volto con entrambe le mani, anche per nascondersi dagli sguardi altrui.
Ignorava come Gilbert lo stesse fissando con ancora più ammirazione di prima. Invece non scappò ad Aleksander, che riprese l'hobby di lanciargli occhiatacce e fece un passetto verso il fidanzato.

Gabbia di séWhere stories live. Discover now