Capitolo 44. Perché lei ha gli abusi edilizi legali e io no?

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<Mi sarebbe piaciuto rimanere un altro po' per mare.> borbottò Antonio, scendendo dalla barca.
<Terra! Oh terra! Mi viene davvero quasi voglia di baciarti!> esclamò Sofia in italiano una volta scesa e decisamente più stabile sulle gambe.

<Sofia, sei sobria?> si spaventò Angela.
<Certo che lo sono!> si offese l'emiliana, cercando di tornare ad avere un contegno.

Una ventata d'aria fresca che passò in mezzo a loro l'aiutò ulteriormente.
<Siamo usciti da una città per rientriarne in un'altra?> domandò Kiku, osservando il paesaggio attorno.

<Preferisco qua che i boschi per muoversi, è più semplice.> notò Ivan.
<Perché è tutto quanto così... schiacciato?> domandò Gilbert, mani sui fianchi, osservando le casette che erano posizionate su un'altitudine crescente e tutte vicine.

<Che sia Rosa? Sembra un abuso edilizio legalizzato alla sua.> commentò Francesca.
<Perché i suoi abusi edilizi vanno bene e i miei no?!> si lamentò Giuseppe, ipotizzando quale strada fosse la migliore per trovare la piccola incazzereccia.

<Perché lei non ha effettivamente spazio e non costruisce a ridosso di un stracazzo di vulcano attivo?!> domandò retorica la toscana.
quiescente, l'ultima eruzione è circa di un secolo fa!> si difese il campano.

<Giuse... è una battaglia persa.> suggerì Anna.
Presero la strada più grossa che trovarono, percorrendola molto guardinghi, data la precedente esperienza.

Un'esclamazione di gioia di Alfred li fece scattare, pensando ci fosse un nemico attorno: <Wohooo! Finalmente l'hero può andare a sconfiggere un altro villain!>

<Giuro che se urli così un'altra volta ti vengo a sradicare personalmente le corde vocali.> promise il russo.
<Lo faccio io prima, da fastidio anche a me!> si esasperò Yao, arrivando finalmente al terreno stabile, tenendo
per mano un povero Franco imbarazzato.

<Urlare non aiuta a rimanere invisibile da un potenziale nemico, Alfred.> rimarcò Ludwig, palesemente seccato, a stento trattenendosi dall'urlare.

<Capisco che Alfred sia specializzato in far arrabbiare le persone, ma secondo me tu hai bisogno di calmarti.> suggerì Arthur, alzando un sopracciglione.

<È una situazione stressante.> obiettò Matthew, comprensivo. Inoltre, in un certo senso, condivideva l'ansia: Lovino era un suo caro amico e non gli piaceva per niente saperlo in mano di chissà chi ma sicuramente pericoloso, non poteva immaginare cosa potessero provare i partner delle due Italie!

Francis annuì e affermò: <Ha assolutamente ragione il mio Mathieu. Infatti Ludwig e João hanno tutte le ragioni di essere i più stressati o arrabbiati!>

<Perché abbiamo i nostri fidanzati coinvolti?> chiese Henrique, non potendo credere alle proprie orecchie; un esemplare di Francis serio e comprensivo?!

Il francese continuò energico: <Esatto, esatto! Inoltre, ahimé, tutta questa ricerca, quando finalmente la concluderemo, lascerà il caro Feliciano così scosso e il passionale Lovino così incazzato che tu e Ludwig non potrete consumare!>

Il silenzio calò tra gli ascoltatori.
Angela indagò a voce alta: <Sono ancora in tempo a catapultarlo in mezzo alle tessere letali?>

<Capisco che ti sia difficile attivare quel neurone solitario che hai in testa, ma per l'amor di Dio ce la fai ad essere serio?!> si esasperò invece il britannico, avanzando decisamente alterato, tentato di calciare la povera porta.

<Strozzalo da parte mia.> richiese il tedesco mentre Gilbert se la sghignazzava e Antonio era combattuto tra il ridere o l'essere arrabbiato al pensiero del suo amato Lovinito che scopava con suo fratello.

<Spero faccia il mio lavoro qualsiasi territorio posseduto incontreremo!> mezzo pregò Arthur. Entrato nella stanza, per un attimo pensò di vomitare. Era finito nel mondo di Alice di Lewis Carroll?

Il corridoio che terminava nella grande stanza era un agglomerato senza gusto estetico di colori vivaci e fosforescenti a chiazze spente, metalliche, che parevano rappresentare, viste a grande distanza, varie forme stilizzate. Si passava da un toro geometrico a un mare mosso a un ovale con uno stecchino e due foglie, un frutto di qualche tipo.

Ma, forse cosa più strana, camminavano su un pavimento concavo come se fosse piatto mentre, sopra le loro teste, si poteva riconoscere una pavimentazione a scacchiera, sempre disegnata da qualcuno sotto effetto di stupefacenti.

<Ma che cazzo-?!> esclamò Alfred <In quale ennesimo posto assurdo siamo finiti?!>
<Avete un'idea di chi potremmo trovare?> domandò invece, pacatamente, Matthew, ma con l'arco già pronto in mano.

<Se non fossi qui, direi che è un posto da me.> commentò Giuseppe.
<Quindi possiamo ridurre i nomi agli idioti supremi. Scommetto Aleksander.> puntò Francesca.

<Cerchiamo di non distrarci.> notò Sofia, in avanscoperta insieme ad Ivan date le vie strette. Subito dietro seguivano Francesca e Anna.
Sbucarono in una via decisamente più grande, anche se larga giusto il necessario per far passare due auto di piccola taglia senza staccarsi gli specchietti.

Un orribile stridio risuonò attorno a loro, accaponando loro la pelle.
Un'ombra piccola e lesta si mosse sopra di loro.

<Va tomar no cu*!> strillò João, girandosi in tempo per respingere con la mazza gotica un paio di lame ricurve giusto leggermente affilate.

La figura fece una capriola nell'aria e atterrò con grazia, rialzandosi in fretta. Era vestita di grigio, un pezzo unico leggermente largo ma stretto in vita da un elastico, e sbracciato. Indossava dei guanti lunghi fino a metà braccio senza coprire le dita, scuri anch'essi, e le scarpe erano da ginnastica. Pareva una spia uscita da un film di sottomarca, ma decisamente più letale di qualsiasi James Bond da dietro uno schermo.

<Non sei stato ucciso, sei stato abbastanza sveglio.> constatò Rosa. Avvicinò le falci per la base, le due sfrigolarono come acqua contro fuoco e si fusero, creando una falce ben più alta di lei e con doppia lama ricurva, una per ogni estremità, ma dai lati opposti.

<Sono curiosa di vedere chi tra noi due ucciderà.> commentò la ligure, scattando verso il muro e issandosi in alto con l'enorme falce, usando l'altezza per slanciarsi addosso i nemici.

<Sono in un posto svantaggiato.> si preoccupò Domenico.
<Ce la faranno.> rassicurò Maurizio, anche se varie voci nella sua testa quasi strillarono "No."

Un urlo li riscosse, mentre Yao veniva catapultato lontano perché una porta si spalancò ai suoi piedi.
Ne spuntò un martello di legno e una testa dalla chioma lunga e un ghigno da occhio a occhio. La regione balzò e arrivò fin sul soffitto, saltando e fiondandosi addosso ai due americani che schizzarono via all'ultimo.

<Benvenuti nel mio regno, io sono l'unico e indiscusso capo di questo posto!> si presentò Michele, rimettendosi dritto, inchinandosi insieme al voluminoso martello.

<E dove siamo?> domandò Angela, provando a bloccarlo sul luogo con dei viticci. Michele fece una piroetta con un salto e le sradicò dal terreno.

Saltellò poi all'indietro di due passi, per schiantare il martello a terra e l'intero strano 'pavimento' si mosse come un'onda che li travolse.

<Nel regno della pazzia, ovvio!> spiegò Michele. Scattò in avanti, martello in alto nell'aria, e puntò un povero canadese ancora con il culo a terra.



N/A:
Va tomar no cu*= vaffanculo
Viva la finezza.

E nessuno si spiega come Francis sia ancora vivo o come sia così scemo, ma rimarrà un mistero della fede.

Michele, cambia rotta e va da Francis, su su.
E niente, io non ho altre cazzate da dire... a settimana prossima e ricordate sempre di stellinare e commentare!

Gabbia di séWhere stories live. Discover now