Capitolo 94. Solo uno può permettersi di essere idiota, qua dentro!

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N/A: NON SONO MORTA LO GIURO!
SCUSATEMI TANTO TANTO TANTO!

Purtroppo ieri mi sono persa anche perché mi hanno chiesto di lavorare a metà giornata e quindi il pomeriggio pensavo al fatto che dovevo anticipare tutto per andare a lavorare (è stato traumatico, mi ero disabituata a gestire l'area bimbi di un ristorante).

Mi dispiace, perché ci tengo davvero ad aggiornare con costanza, perché so cosa vuol dire aspettare (forse un po' invano) gli aggiornamenti di storie, però queste "rare" sviste suppongo mi rendano più umana, no?

Vabbè, vi lascio al capitolo.
E scusatemi ancora.





Franco era caduto molte volte, ma non gli era mai capitato di sentire il mondo che si ribaltava e poi tornava al suo posto mentre cadeva.

Con il cuore all'impazzata, aprì gli occhi. Le mani gli tremavano leggermente, ma erano illese. Neanche il minimo dei graffi.
Allargò leggermente la sua visuale.

Due semi-traslucidi tentacoli verdi erano appoggiati al terreno, mentre gli altri ondeggiavano attorno al suo corpo, proteggendolo dall'esterno.

Aveva attivato la sua magia?
Scattò in piedi.
Aveva attivato la sua magia!
Si girò.

Marie lo fissava confuso. Schivó di lato una freccia e dei proiettili e lanciò dei dardi in rapida successione.
I tentacoli di Franco bloccarono tutti i colpi.

Il cuore del molisano continuava a battere all'impazzata. Non sapeva quanto la sua magia avrebbe resistito.
E doveva avvicinarsi alla sorella!

Si strinse nelle sue spalle e borbottò: <Però devo trovare un modo per volare... senza farmi colpire...>
Guardò i propri tentacoli, mentre continuava a ringraziare la propria magia che gli stava salvando la vita.

<Avrei bisogno di uno scudo, tipo. O un'armatura. E delle ali. No, no, mi insulterebbero anche se salvo il loro culo... uh, potrei usare la nuvoletta di Goku! Come faccio?>

Il giovane si focalizzò sui tentacoli, immaginando un grosso scudo e la nuvoletta stile Goku di Dragon Ball.
Gli scappò un urletto quando schizzò in aria, mentre si ritrovò un braccio decisamente più pesante.

Delle voci lo richiamavano, ma le ignoró: sicuramente lo ritenevano troppo debole per farcela.
Avrebbe dimostrato loro il contrario!

Stringendo meglio il nuovo scudo s'avvicinò a Marie, notando: <Marie, perché non dovresti essere amata?>

<Perché nessuno mi vuole davvero bene! Perché tutti avete qualcuno prima di me! Rosa non vuole bene a nessuno apertamente, Roby ha Rita e Rita ha Roby e anche il suo fidanzato! Io sono seconda per tutti quelli a cui tengo!> piagnucolò Marie, con una voce più rotta di quanto il molisano s'aspettasse.

Ma non sembrava una lagna infantile.
Gli occhi lucidi la tradivano, nonostante la rabbia che li animavano.
Poi però subentrò la rabbia nel corpicino di Franco che batté un piede nel vuoto e notò, un po' seccato: <E io chi sono?! Un appendiabiti?! Io, Marie, ti voglio bene! Sei la mia più cara amica, con cui condivido tante passioni e tante idiozie, che mi trascina a fare video e, anche se borbotto, sotto sotto mi piace! Quella con cui posso discutere di tante cose, che mi sopporta e manda a 'fanculo Michele se mi insulta e ci sei attorno pure tu! Io tengo a te e mi spezza il cuore che tu pensi che nessuno ti voglia bene, che -io- non ti voglia bene.>

Marie si bloccò per qualche istante, come sovrappensiero, gli occhi ancora più lucidi.
Poi scosse la testa, strizzó gli occhi, scacciò via le lacrime.
Rialzó le palpebre, le iridi piene di ira e urlò: <Ma ami più lei di me!> e gli si avvicinò solo per dargli un calcio poderoso sullo scudo, scagliando poi un'ondata di frecce nella sua direzione.

Franco si ritrovò sbalzato indietro e si rannicchiò dietro lo scudo per proteggersi.
Lo scudo s'incrinò.
Il cuore del molisano batté all'impazzata mentre costrinse la magia, o almeno speró di starlo facendo, verso il suo scudo.

L'ondata di frecce finì.
Ma la gravità tornò a reclamarlo.
Con uno strillo cadde al suolo, strizzando gli occhi chiusi, senza più ali, né scudo.

Il fiato si mozzó quando la caduta venne rallentata tutto d'un tratto e, in fretta, si ritrovò tra due braccia.
Aprì gli occhi timoroso, spaventandosi di fronte allo sguardo furente di Michele, che esclamò: <Avresti potuto ucciderti! Cosa ti è passato per la testa?!>

Franco provò a divincolarsi, senza successo finché Michele non glielo permise, quando di nuovo erano vicini al gruppo.
<Bimbo, stai bene?!> si preoccupò Yao, chinandosi vicino al molisano, controllando frenetico il volto e le braccia <Non dovevi esporti così!>

Franco arretrò di qualche passo, si strinse nelle spalle, s'abbracció e borbottò: <Valeva la pena provare. Tanto è andata male. Secondo Marie amo più questa "lei"->
E si bloccò, sentendosi un idiota per non aver capito seduta stante di chi stesse parlando l'amica.

Yao ignorò la cosa, dato che c'erano problemi ben maggiori, e lo strinse a sé.
Rassicurò, coprendo entrambi da qualche freccia vagante: <Ora ti proteggo io e fai il bravo, hai tentato e non è andata bene.>

<Beh, qualcosa dobbiamo fare!> protestò il giovane.
<Certo.> notò Angela <Ma, a questo punto, ribadisco che chi deve andare a parlare sia Roberto.>

<Ma Marie è sicura che vuole più bene a Rita, dubito sia facile farle cambiare idea.> notò Franco.
<E noi riusciremo a farla ragionare, perché se non ce la fa Roberto siamo tanto, ma taaaaanto fottuti.> decretò Carmela, lanciando l'ennesima piccola bomba contro la posseduta, senza tanto successo.

<E come faccio ad andare fin lassù, di grazia?> domandò Roberto, spaventato ma insieme determinato.

<Io ho un'idea.> s'introdusse Arthur, la voce ben più entusiasta della sua espressione accigliata per via del continuo sforzo.
<E servi tu.> e indicò il molisano.

•~-~•

Dopo altri interminabili (e pieni di lamenti) minuti, la lupa di Mario tornò sfrecciando più rapida del vento. Abbaiò senza concentrarsi su qualcuno nello specifico e, un po' ansante ma soddisfatta, si sedette di fronte al suo padrone.

Mario si chinò, raggiante, e le fece le coccole, complimentandola per la sua bravura e rapidità.

<Bucaiolo, ci serve che ci dica quanto ci manca per scendere questa montagna di merda, smettila con le coccole.> lo interruppe Francesca, stanca e un po' infreddolita.

La lupa le ringhiò contro e la toscana, con un vistoso saltello, arretrò di qualche lungo passo.
Mario prese il muso della sua lupacchiotta, facendosi guardare in volto, e chiese in tono dolce: <Siamo vicini?>

La lupa scosse il muso.
Il sorriso del laziale si spense.
Indagò mogio mogio: <Ma siamo così lontani?>

L'animale ci rifletté qualche secondo prima di scrollare la testa. Leccò la faccia del padrone, si divincolò dalla presa altrui (ma sempre con un occhio di riguardo) e prese a scendere con calma il pendio. Si girò quando notò che il gruppo era ancora fermo e ringhiò e abbaiò loro di muoversi.

Che idioti quegli esseri! Solo il suo padrone poteva permetterselo, perché aveva lei, ma quegli altri erano solo tutti stupidi!

Più o meno erano questi i pensieri della lupa mentre Mario si rialzó come stordito e le corse incontro mentre gli altri, chi più sicuro chi meno, presero a seguirla a loro volta.

N/A: spero vi sia piaciuto e, per l'ennesima volta, mi scuso ancora!
Ciao ciao!

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