Capitolo 81. Giuseppe vuole morire per mano di Ivan

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<Beh, esaminiamola. E poi la buttiamo giù, se necessario.> decretò Francesca, avvicinandosi alla colonna diversa dalle altre.
Batté la mano sulla superficie, aspettandosi il suono breve e smorzato della pietra, ricevendo invece un rumore cavo. Sembrava di picchiare del cartongesso, tra l'altro, più che qualche tipo di pietra.

<C'è decisamente qualcosa che non va.> convenne Rosa, evocando le sue falci.
<Quindi ora demoliamo!> aggiunse, entusiasta.

<Ehi, questo è il mio Duomo e-> ma le lamentele di Carlo furono vane e stroncate perché la ligure si scagliò contro la colonna, trafiggendola.
Si formò una crepa che, quando Rosa tolse le falci dalla colonna, si trasformò in un buco, rivelando un interno cavo, ma con palesemente delle scale a chiocciola.

<E brava Anna!> si congratulò Mario, mentre Rosa si divertiva a distruggere una porzione di colonna, quanto bastava per passare tutti.

<Ma dovremmo salire o scendere le scale? Sembrano estendersi per ambo i sensi.> notò Kiku, quando ormai il buco era abbastanza grande da far passare la metà di loro più bassa.

<Speriamo che Rosa non abbia cancellato delle indicazioni scritte sul muro perché io, di farmi tutte quelle scale, non avrei voglia, eh!> si lamentò Giuseppe.

<Beh, almeno voi sapete dove andare! Qua c'è il nulla più nulla in assoluto!> ribatté Alfred, dalla sfera.

<È difficile ragionare quando tutto quello che si sentono sono solo piagnistei> lo ammonì Vincenzo.
<E neanche la magia viene bene, accompagnata solo da piagnistei.> sbuffò Arthur, alzando lo sguardo al cielo.

<Cosa cerchi, un aiuto divino? La tua magia ti ha abbandonato?> lo stuzzicó Francis.
<Sto sperando di vedere un qualche riscontro dal mio incantesimo localizzatore. Non so se è per colpa di voi seccature o di questo posto la ragione per cui non funziona.> rispose piccato il britannico.

Una lampadina, o più di una, si accese nella mente di Vincenzo, esclamando: <Giusto!>
<Cosa "giusto"?> domandó Yao.
<Forse so una magia di localizzazione che ci può aiutare, ma dovrebbero esserci le stelle.> commentò il calabrese.
<So io cosa fare.> assicurò Angela.
<Davvero? Deve essere il vero cielo notturno di questo posto, non una illusione.> specificò Vincenzo.

<È una magia che distorce momentaneamente il tempo in una specifica area. Ti fa vedere come quel luogo sarà tra un massimo di ventiquattr'ore e finché la magia c'è, è come se fosse già quel momento. Ha sempre funzionato.> illustrò Angela, alzando le mani al cielo.
Le batté tre volte, mentre scintille color d'inchiostro scaturivano dalle sue dita.

Poi una saetta, quasi un missile, volò su, sempre più su nel cielo azzurro pastello, fino a che non esplose.
In fretta, il sole sparì, rimpiazzato da una luminosa luna calante, con una moltitudine di stelle a farle compagnia.

<Figata, Angi!> si complimentó Mario.
<Voi avete trovato cartelli?> domandó Rita, incuriosita però dal cielo notturno.

<Sì, ma sono sbiaditi!> si lamentò Gilbert <Non si vede praticamente niente!>
<Io propongo di andare nella direzione indicata dalla parola che mi sembra più corta: "morte assicurata" non può essere scritta con così pochi caratteri!> propose Giuseppe.

<A meno che non sia abbreviata. O ci sia scritto solo "morte" e noi non lo riusciamo a leggere.> ribatté Carlo, più per dargli fastidio che altro.
Il campano fece una faccia orripilata, mezzo strillò: <Non portare iella, polentone di merda!> e si fiondò a toccare il corrimano di metallo della scala.

Mario fece simile cosa, mentre Michele, per "supporto", evocò il proprio martello e toccò la parte in metallo.
<Siete dei superstiziosi del cazzo.> notò Carlo.
<Piantala.> intimò Giovanna.
<Non è il momento per litigare. E voi potete anche smettere di lasciare il ferro. Bastano pochi secondi, mica due secoli.> commentò Sofia.

Gabbia di séWhere stories live. Discover now