Capitolo 7. Essere il cambiamento

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<Perché dovresti voler rinascere?! Solitamente è lungo e una rottura di coglioni unica!> notò Gilbert, schivando degli artigli lunghi quando la sua spanna.

<Perché?> ripeté Angela, la voce tuonante in una rabbia cieca.
L'intera chiesa tremò mentre i demoni si inferocirono e ripresero con più violenza i loro attacchi.

<Perché se non sei un Dio vieni calpestato, deriso e usato nel nome di quel Dio che è solo un fantoccio! Una scusa e un pretesto per i beceri obiettivi di corrotti mortali!> raccontò con fervore l'umbra, sbattendo la mano sull'altare.

Si strappò di dosso il copricapo da monaca, lasciando liberi i propri corti capelli. Con gli occhi lucidi aggiunse: <Nella religione o sei vittima o sei santo. Tutte le religioni sono corrotte in questo stesso modo. Voglio creare un'altra religione, una in cui rinasco, e distruggo tutto quello che ha distrutto prima me.>

Rise istericamente, volgendo la testa all'indietro. Sfidò: <Vedremo se il loro acclamato fantoccio li salverà!>

<Questo qui sí che si chiama avere un trauma religioso.> commentò Henrique.
Rotolò a terra per evitare un alito mortale, si rialzò, caricò e conficcò la testa della mazza gotica nel petto di un demone alto all'incirca due metri.
Quest'essere stridette e morì, svanendo come fumo.

<Paella!> esclamò Arthur <Parlaci te! Da un traumatizzato religioso ad un'altra!>
<Non ho traumi religiosi!> protestò Antonio.

<E chi finiva davanti l'Inquisizione spagnola riceveva una pacca sulla spalla.> commentò sprezzante Francis, tagliando una gamba ad un mastodontico demone, aiutato dal tedesco che lo distraeva con la propria pistola.

<Ok, forse ho un trauma religioso!> si esasperò lo spagnolo, non potendo negare la verità.
<Ti dobbiamo far avvicinare a lei.> asserì Rita, parando un colpo che avrebbe ucciso delle nazioni combattenti.

<C'è giusto un piccolo esercito che ci blocca!> criticò Yao con finta allegria, dando il wok in testa ad un demone mentre Ivan lo colpiva alle ginocchia.
<Quindi come faccio? Da qua non avrò nessun effetto!> notò lo spagnolo.

<Trova un metodo! Hai un cervello, probabilmente, usalo!> si esasperò il britannico, immobilizzando un nemico, che divenne facile vittima di Matthew.

Nel mentre Angela, con la mente, richiamò a sé un demone volante, il quale accanto a lei divenne della grandezza di un pettirosso.
Gli sussurrò: <Portami qua quel biondo con gli occhiali e le due pistole. Va bene come sacrificio, è una nazione potente. Al massimo possiamo sempre aggiungerne un secondo.>

Il demone stridette in accordo e spiccò di nuovo il volo, tornando delle sue dimensioni normali, girando in tondo vicino il soffitto qualche volta, aspettando il momento buono.

Si tuffò in picchiata e con le proprie zampe, simili a quelle di un'aquila, afferrò lo statunitense con poca grazia.
Alfred lanciò qualche insulto mentre tentò di scalciare e liberarsi.

Antonio, accanto a lui, si spaventò e fece l'unica cosa che gli passò per la testa: si aggrappò ad una gamba del biondo e venne trasportato insieme a lui, fra le urla spaventate di altre nazioni, che li richiamavano.

I due vennero scaricati senza tante cerimonie davanti l'umbra, la quale li osservava seccata. Schioccò la lingua contro il palato ed asserì: <Se vuoi una cosa fatta bene, devi farla da te.>

Intanto Alfred non perse tempo e le sparò. Angela mosse le mani nell'aria e un intreccio di viticci comparvero e bloccarono i colpi.

Antonio colpì tali viticci, i quali si spezzarono e caddero a terra. Avanzò ma ella arretrò, evitando il secondo colpo.
Alfred si mosse di lato, quasi saltellando, per essere più a tiro.

Gabbia di séWhere stories live. Discover now