Capitolo 93. Prima regola del parlare con i pazzi: non contraddirli!

29 4 95
                                    

N/A: scusate il ritardo...
Potrei essermi persa tra il pulire le patate...
E fare un aperitivo (da cui sto tornando ora (era buono)).

Spero che vi piaccia!


E la casetta non era una piccola casa.
Per niente.
Era una grande sala. Anzi, un grande palco, a giudicare dalle spesse e tirate tende rosse sul fondo dell'ampia sala a semicerchio.

<Mi sento preso in giro da questa casa.> decretò Alfred.
<Stranamente, sono d'accordo.> convenne Maurizio, sospettoso

<E questo legno scricchiolante non aiuta per niente... sembra quasi impossibile per quanto fa rumore!> aggiunse Domenico che, nonostante tutte le sue intenzioni e buona volontà, continuava a fare un gran baccano, come tutti.

<Sempre meglio quel baccano di tutta questa neve!> si lamentò Giuseppe.
<Non siete ancora arrivati?> si stupí Carmela.

<Sì, guarda, stiamo qua tra la neve a congelarci perché è divertente... secondo te?!> si esasperó il campano.
<Smettila di fare la prima donna e cammina.> impose Giovanna, che stava scendendo con (relativamente) pochi problemi.

<Quanto sarebbe bello non dover camminare, se proprio questa discesa continua per ancora tanto...> borbottò Mario. Poi ebbe un lampo di genio: <Aspetta! Come ho fatto a non pensarci? Ho la mia lupacchiotta!>

Evocò la sua spada e recitò "Roma Invicta" mentre Francesca commentava: <Potrà essere forte quanto vuoi, ma neanche la tua lupa può portare giù per questa montagna il tuo culone.>

La lupa di Mario comparve in uno sfrigolio di magia porpora, fissando con rispetto il laziale.
<Ehi, tesorino!> salutó la regione, cingendole il collo con le braccia e sfregando la guancia contro il suo muso <Riusciresti a portarmi fino in fondo alla montagna?>

La lupa lo fissò con un'espressione fin troppo umana che si potrebbe tradurre con: "Ma sei un idiota?!".
Mario divenne mogio, sbuffando: <Pensavo che per una volta ce la potessi fare.>

La lupa che, nonostante tutto, voleva bene al suo idiota di un padrone, gli leccò il viso per cercare di consolarlo.

Un'idea venne in mente a Sofia, che chiese: <Mario, secondo te ci può dire quanto distiamo dai piedi della montagna?>

La lupa guardò un attimo Sofia con superiorità e Mario, ridacchiando, notò: <Credo proprio di sì.>
Il laziale diede un bacino tra le orecchie della lupa e la incoraggiò: <Va e poi torna su, anche se forse noi saremo un po' più in basso perché intanto continuiamo a scendere, ok?>
La lupa annuì e sfrecciò giù per il pendio come una saetta.

<Che animale strano.> notò Ivan.
<Essendo evocato con la magia, non è granché impossibile.> notò Kiku.

<E a me continua a sembrare che voglia sbranare tutti tranne Mario. Troviamo Marie, su.> esortò Angela.

Appena finì di dire la frase le tende in fondo alla sala si spalancarono in un rapido (e rumoroso) fruscio di tessuto e stridio di metallo su metallo.
Apparve Marie, balestra alla mano, che avanzava decisa, dichiarando: <Vi ucciderò tutti!>

<Non sei la prima che lo dice oggi. E siamo ancora qua.> notò Yao.
Marie si girò con una mezza piroetta verso di lui, caricando la balestra e scagliando la prima freccia, che in fretta si moltiplicó in cinque, poi dieci, successivamente venti, fino ad arrivare a circa 50 frecce.

Yao fece da scudo umano a Franco ed era pronto a tentare di salvarsi usando il suo wok, ma una barriera magica (di Arthur) parò tutti i colpi.

Marie fece schioccare la lingua contro il palato, commentando: <Mh. Non siete deboli. Ma non importa! Nessuno può resistere alle mie frecce!>

<Marie, come sei conciata?!> chiese invece Franco, provando a prendere tempo.
La valdostana schivó con un salto inumano (anche per loro), fluttuando per qualche secondo in aria. Dalla posizione privilegiata scagliò altri colpi per poi tornare a terra, il suo vestito bianco perlato che svolazzava appena sopra le sue ginocchia.

Due ciocche erano legate in due piccole trecce che le cingevano la testa come un'aureola, mentre delle ali da angioletto, piumate, erano attaccate chissà come alla sua schiena.

La piccola regione aggrottò le sopracciglia, per poi sorridere mefistofelica. Spiegò: <Ho finalmente accettato il mio destino: io sono innamorata dell'amore, ma nessuno mi ama. Quindi sono diventata un'anti-Cupido. Io non faccio innamorare la gente. Io uccido chi è innamorato, qualsiasi sia il tipo d'amore, se non è per me!>

<Non mi sembra proprio il contrario di Cupido, ma-> notò Francis, che venne interrotto dall'urlo di Marie: <Morite!> e scagliò una singola freccia, che in fretta si moltiplicó e tutte s'incendiarono a mezz'aria sulla punta, creando un muro di fuoco che velocemente stava per cadere sulle regioni e nazioni.

Carmela lanciò qualche bomba, distruggendo una porzione delle frecce, ed esclamò: <Ma perché sei così cretino?! Prima regola del parlare con i pazzi: non contraddirli!>

<Non sono pazza!> strillò Marie, petulante, librandosi in aria e iniziando a scagliare dardi a destra e a manca.

<E adesso sappiamo che la seconda regola è non insultarli!> commentò Michele, spazzando via a suon di martellate i detriti che provavano a colpire lui, il fratello e la sorella.

<Almeno è stata chiara: il problema è che non si sente amata. Roberto, suppongo che debba andare a parlarci tu.> ragionò Angela.
<E come, mentre sta svolazzando per aria?!> inquisì Roberto, disperato.

Prima che qualcuno potesse suggerire qualcosa, Franco si liberò dalla delicata ma sicura presa di Yao e ribatté a gran voce: <Esisto anche io, eh! La prima domanda là fuori ho risposto io e sono una sua grande amica! Perché non posso provare io? Con Roberto ha un rapporto tutto strano!>

<Non è strano... cioè, meno di prima.> il piemontese provò a difendere se stesso e la sorellina ma Rita, evocando l'ennesimo scudo, chiese: <E come pensi di farcela?>

<Ho dei poteri, in qualche modo riuscirò, no?!>
<Non hai molto controllo, rischi di diventare un puntaspilli, ragazzo.> notò Arthur, il tono vagamente genuinamente preoccupato, il che era tutto dire con lui.

<Franco, non ne sei capace, resta invisibile come sempre!> tagliò corto Michele, che schivó all'ultimo la gomitata della sorella ma non poté evitare lo sguardo di fuoco (anche se un po' ipocrita) di Rita.

Il molisano strinse le mani a pugno e provò a fulminarlo nel punto in cui era con tutto l'odio che aveva in corpo.
<Vedremo chi non è capace, stronzo!> urlò Franco.

Girò sui tacchi e sfrecciò in avanti, verso lo spiazzo libero, verso il pericolo, ignorando le urla spaventate delle regioni (e non solo).
Cercò dentro di sé quella magia che l'aveva reso essenziale per la vittoria alcune volte, ma non seppe bene cosa cercare. Non c'era nessuno ad aiutarlo e la sua magia era ancora nascosta.
Fu spaesato.

Fu terrorizzato.
Per via dell'orgoglio era scappato da un posto sicuro. Sarebbe stato tramutato in un groviera a furia di essere trafitto dalle frecce!

Alzò la testa e cercò con lo sguardo Marie, sperando non si stesse focalizzando su di lui, quando inciampò sul pavimento troppo lucido.

Mise le mani in avanti e strizzó gli occhi chiusi, temendo l'impatto.


N/A: non credo stupisca nessuno che abbia fatto il finale del capitolo come da manuale nel "far rimanere in attesa chi sta guardando/leggendo"...
Anche se tanto ansia non ne avrete perché è ovvio come andrà a finire, mh?

Vabbè, spero comunque vi sia piaciuto il capitolo!

Gabbia di séDove le storie prendono vita. Scoprilo ora