Capitolo 54. Deliri d'onnipotenza di alto livello

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N/A: scusatemi il ritardo nel pubblicare, oggi, ma mi ero addormentata :3
Io e i miei pisolini alle ore stupide.

Spero lo stesso che vi possa piacere il capitolo.

Per evitare di impazzire per i botti Arthur mise a tutti delle adorabili cuffie rosa con del pelo sintetico.
Yao, sentendo la cosa estranea che gli premeva le orecchie, attutendo notevolmente i suoni, tastó e inizió a urlare, indignato.

Franco lo tirò per la manica della camicia e gli fece capire che nessuno lo sentiva e, proteggendo entrambi con uno scudo magico, fece notare che c'erano problemi più grandi di un paio di cuffie rosa.

«Perché rosa?» domandò Angela, usando un potere telepatico, lasciandosi proteggere dai fratelli.
«Mi sono venute in mente così, senti!» si difese Arthur «E poi, sono abituato a Henry che mi fa le richieste più bislacche con i colori più bislacchi! E il rosa shocking è uno dei suoi colori prediletti!»

L'umbra annuì e, notando che non poteva vederlo, concluse: «Grazie. Evito di sentire Stati Uniti essere più rumoroso di queste mine.»

E ripresero a combattere, arrancando per andare avanti. Sembravano infinite!
Se esisteva una Cornucopia che invece di produrre cibo creava mine, era proprio là sotto!

Rita, principalmente, si lasciava proteggere: non per pigrizia o vigliaccheria, ma perché o combatteva o manteneva e finiva di costruire il ponte! Il peggio era che non riusciva a vedere una fine. Sembrava di essere bloccati in un loop giusto un poco movimentato.

Strizzò gli occhi e si concentrò sui dintorni. Era tutto fittizio, lo sapevano, ci doveva essere un cuore che spegneva tale magia, no? Tutti gli incantesimi hanno una fonte.

Ignorò le cariche magiche dei fratelli e del britannico, cercando e cercando, percependo un freddo vuoto tutto attorno a sé.
Dove cazzo era quella dannata fonte?!

Qualcuno le cadde addosso e dovette interrompere il contatto, cadendo per lo scontro improvviso, più che per il peso, a terra. Il ponte sotto di lei vacillò mentre una scarica elettrica l'attraversò per tutta la schiena.

<Cazzo!> esclamò Michele, anche se nessuno poteva sentirlo. Provò ad aiutare la sorella, percependo con orrore il ponte sotto di sé tremolare.

Angela si fiondò a carponi, cercando di fare del proprio meglio per evitare che si spiaccicassero tutti al suolo, contro un banco di mine rimaste inesplose, per ora.

La sarda si rimise seduta e riprese controllo della mantenuta del ponte. Fissò il fratellino che, protetto da Yao, aiutava il cinese facendo esplodere qualche mina fuggitiva con la sua magia.

L'antica isola si sforzò e, in un sussurro debole nella mente di Franco, impose: «Va verso l'alto, sienda. C'è il cuore di questo posto. Distruggilo e queste mine finiranno, si spera.»

Il molisano si girò di scatto verso la sorella, notando come questa gli sorridesse incoraggiante.

Franco annuì, accettando, anche se non aveva la più pallida idea di come fare. Ma doveva. Ne andava della loro vita.

•~-~•

Arrivarono in quattro e quattr'otto all'isoletta, ma i marinai non li seguirono fino alla vicina piazza.
<Non venite?> inquisì Francesca.

<No!> esclamò il più vecchio <Non abbiamo desiderio di farci ammazzare dal capo!>
<Cercate di non morire, non dopo tutte le lotte in cui siete sopravvissuti.> augurò uno dalla voce roca, fissando la toscana e la ligure.

<Non preoccupatevi, vi riporteremo quello là tutto d'un pezzo e noi vivi.> assicurò Rosa, avanzando sicura e facendo da aprifila.

<Imperatore rovesciato!> asserì a gran voce qualcuno, mentre un sibilo acuto si avvicinava.

<Schivate!> urlò, ovvio, Mario, buttandosi di lato.
Una carta arrivò a terra e scoppiò in mille scintille.

<Chi osa invadere il più potente al mondo?!> domandò, imperiosa, la stessa voce.
<Oh, fottiti Giorgio!> rispose con poca grazia Francesca, alzandosi in piedi e cercandolo con lo sguardo.

<Beatrice!> commentò Giorgio, comparendo in mezzo alla strada. Era uscito da un'altra epoca, con la sua calzamaglia bicolore, rossa una gamba e gialla l'altra, con una veste larga rossa che gli arrivava fino alla coscia, una sorta di scialle nero sopra e un cappello nero che nascondeva in parte i suoi capelli ramati.

<Chi è Giorgio? Hai dimenticato il mio nome?> domandò, schivando con una piroetta un attacco di Ivan.

<Oh no.> ricordò Rosa <Girolamo.>
<Esatto! È così bello e mio, quindi è fantastico. Che volete qua?> inquisì.

<Sei indietro con la testa di molti secoli, siamo qua per rinfrescarti la memoria.> spiegò Giuseppe.

Giorgio lo osservò alzando le sopracciglia e criticò: <Tu non sei sotto il controllo di quei cretini dei francesi? O gli iberici alla fine si sono presi anche te? Sinceramente, non mi importa, so solo che sei sotto di me per potere! Tutti lo siete!>

<Questo è un delirio di onnipotenza in piena regola e dire che ne ho visti...> commentò Gilbert.
Giorgio fece scattare la testa verso di loro e, notando Ludwig, spalancò gli occhi come se avesse visto un mostro.

Leste un paio di carte gli finirono in mano e strillò: <Cazzo vuoi, germanico?! No, non ci riavrai nel tuo "Sacro" Impero!>

Lanciò le due carte, ordinando: <Eremita rovesciato! Carro rovesciato!>
Nonostante schivarono un'altra volta, queste carte non avevano bisogno di toccare qualcuno come la precedente.

La prima carta scoppiò a mezz'aria, ergendo in tutta fretta muri di pietra che separarono le regioni e le nazioni, rimanendo tutti soli, eccetto i due germanici, perché Gilbert si era buttato per sbaglio sul fratello.

La seconda carta si attivò una volta che toccò il terreno. Un rischio acuto li colse e in fretta si diffusero ingiurie da tutte le parti. Un vento senza nessuna legge della fisica li trascinava qua e là, sballottandoli.

Giorgio rise di gusto, osservando la sua creazione dall'esterno, pensando con calma a che carta poteva usare per dare il colpo di grazia.

Ma il veneto aveva trascurato una variabile importantissima, anzi, più di una. Non perché fosse stupido, ma perché non aveva mai avuto a che farci nel XV secolo, periodo in cui era bloccato mentalmente.

Ivan, Kiku e Sofia.

Una colonna di ghiaccio di erse nell'angolo a sinistra del labirinto, mentre una figura schizzò in aria sfruttando i suoi venti.
Un'altra sbucò davanti a sé, che correva a tutta birra, la testa bassa e la lama della sua katana che sfrigolava di elettricità magica.

<Porca Madonna e quel porco di suo figlio!> strillò il veneto, arretrando velocemente, notando con orrore che la colonna di ghiaccio aveva continuato a crescere, ma piegata, dritta dritta nella sua direzione.

Pescò un'altra carta, sussurrò: <Temperanza.> e lasciò che si disgregasse davanti i suoi occhi, investendolo con la sua magia.



N/A: ora Giorgio deve stare attento da carnefice a non diventare una vittima.
Se vi è piaciuto o no fatemelo sapere con stelline e/o commenti e noi ci vediamo settimana prossima <3.

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