Capitolo 15. È un Petrarca, un Dante o un Chicchessia?

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N/A: e continua la fantastica serie di titoli idioti perché sono così belli.
Ricordate sempre di stellinare e commentare se avete tempo e io vi lascio al capitolo!

Intanto Yao si sentì liberato di un enorme peso quando vide gli occhi del piccolo italiano aprirsi a fatica.

<Stai bene!> esclamò il cinese, abbracciandolo amorevolmente.
Il molisano borbottò qualcosa di confuso ma ricambiò la stretta, anche se debolmente.

L'antica nazione stava sciogliendosi internamente: che carino che era!

Si staccò lentamente e lo osservò, notando già l'imbarazzo del giovane.
<Oh, non guardarmi così! Ho fatto ben di più per i miei fratelli minori!> si difese Yao.

<Per esempio non capire la privacy?> punzecchiò Kiku.
<Eri piccolo, dovevo assicurarmi che non ti affogassi durante il bagnetto!> si imbronciò il cinese.

<Potevo farcela da solo.> rimbrottò l'altro asiatico.
<Cosa c'è nella chest? Finalmente un boss che droppa qualcosa!> si intromise Alfred, avvicinandosi alla scatoletta a terra.

<Qualcuno gli deve ricordare che non siamo in un videogame.> commentò Henrique.
<Forse se muore e realizza che non ha vita extra, capirà che non è in un gioco~.> suggerì Ivan.

<I metodi ortodossi teniamoli per dopo.> decretò Matthew.
<Ma io sono ortodosso!> si fintamente offese il russo.
<Allora teniamo i metodi del signor Russia per dopo.> corresse Rita, avviciandosi alla scatoletta.

Lo statunitense l'aveva aperta ed era il ritratto del disappunto.
<C'è solo un foglio con su scritte in una lingua strana! Neanche una mappa del tesoro!> si lamentò.

<Mi faresti vedere?> chiese la sarda e il rumoroso biondino occhialuto ubbidì all'istante.
Prese il foglio e asserì: <È un sonetto.>

<Oh, è di Petrarca?> chiese Arthur, incuriosito.
<Lo conosci?> chiese Maurizio.
<Ha ispirato Shakespeare, ovviamente lo conosco!> rispose il britannico.

<Non dirlo di fronte a Francesca quando la troveremo o il suo ego sfonderà qualsiasi limite.> giudicò il molisano.

<Allora? È un Petrarca, un Dante o un Chicchessia?> Angela interrogò la sorella.
<L'ho già sentito, ma non ricordo di chi sia.> rispose l'isolana.

Si schiarì la voce e lesse, senza tradurre.

"Io voglio del ver la mia donna laudare
ed asembrarli la rosa e lo giglio:
più che stella dïana splende e pare,
e ciò ch’è lassù bello a lei somiglio.

Verde river’ a lei rasembro e l’âre,
tutti color di fior’, giano e vermiglio,
oro ed azzurro e ricche gioi per dare:
medesmo Amor per lei rafina meglio.

Passa per via adorna, e sì gentile
ch’abassa orgoglio a cui dona salute,
e fa ’l de nostra fé se non la crede;

e nolle pò apressare om che sia vile;
ancor ve dirò c’ha maggior vertute:
null’om pò mal pensar fin che la vede."

<Oddio, so di chi è! Guinizelli!> ricordò Maurizio.
<Non era mica bolognese...?> si aggiunse Angela.

<Non è da Sofia questo genere di poesie, però, chissà... se quel topo ce l'ha data una volta ucciso, qualcosa deve pur significare.> ragionò Rita.

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