Capitolo 48 (VI). Un sogno che si avvera

78 5 14
                                    

Entrarono in macchina e un triplice «Viva gli sposi!» li accompagnò all'uscita del locale. Arrivati a Genova parcheggiarono l'auto al loro solito posto vicino all'Acquario (si erano però fermati in precedenza in un autolavaggio a gettone almeno per togliere le scritte più evidenti sulla carrozzeria e Marco aveva promesso ad Anna che il suo primo compito da marito, il giorno dopo, sarebbe stato quello di portarla a lavare dentro e fuori) e, tra gli sguardi un po' curiosi dei turisti sul molo (e non pochi applausi — meritati, perché erano veramente belli insieme —), andarono verso casa.

Si trovarono di fronte al portone e Marco volle fare l'eroe e portarla in spalle per tutti e cinque i piani.

«Gattino no! Che ti prende?», gli disse, un po' divertita e un po' preoccupata: «domani avrai la schiena a pezzi», «micia, no, no. . . fammelo fare, mi diverto. Non pesi mica tanto e poi con quelle scarpe fare tutte queste scale ti sarà faticoso», ella si era già tolta una scarpa nel frattempo, «ma posso andare su scalza, gattino. . . fare cinque piani con questi tacchi, in effetti, non lo vorrei», «no, micia, non andare scalza, rimettiti la scarpa, salta su.»

Si chinò per prenderla e insistette così tanto che infine Anna si mise sulle sue spalle e Marco trovò la forza di portarla; non pensava per la verità di farcela, non aveva mai più saggiato la sua forza di uomo se non ai primi tempi di via Luccoli quando aveva spostato mobili e fatto i primi lavori in quella casa: portato su a mano da solo la bombola del gas e, con aiuto di altre persone, la lavatrice, il frigo e altri pezzi pesanti; ma, piano piano, ce la fece: per Anna fu il miglior viaggio sulle spalle della sua vita, appoggiandosi serena sulle spalle di suo marito; era dai tempi delle elementari che non saliva più sulle spalle di un uomo.

Arrivati in cima Marco si avvicinò alla porta con la chiave già in mano, ma ad Anna cadde una scarpa che scese di qualche gradino, forse l'aveva allacciata poco stretta al portone: «oh, gattino, mi è caduta una scarpa, un attimo. . . », scese, andò a recuperarla mentre Marco, nel frattempo, aveva già aperto la porta e stava per dire: «ah, finalmente, casa dolce casa!» e prendere Anna in braccio quando si fermò a bocca aperta, Anna lo vide a metà corridoio immobile e poi disse: «oh. . . oh no!», Marco era rimasto con la mano sulla chiave e la porta mezza aperta, «che c'è gattino?», Anna divenne curiosa — e preoccupata —, non aspettò di essere di nuovo presa in braccio, si rimise di corsa la scarpa, lo raggiunse, lo scavalcò, varcò la soglia prima di lui, si mise le mani nei capelli: «oh, mio Signore. . . », mise la mano sulla bocca, arrabbiata e divertita allo stesso tempo, «ecco perché Walter rideva così tanto quando ci ha salutati!»

Decine — o, meglio, centinaia — di palloncini erano sparsi per terra tanto da non aver posto per i piedi; Anna, entrando con i tacchi, ne aveva scoppiati uno o due. Alcuni palloncini, a forma di cuore, di lettere "A" e "M" e anche di gatti presi dai cartoni animati, riempiti con elio, erano sul soffitto. Ma la cosa più grave era a fianco in sala: il divano era senza cuscini, appoggiato in verticale sul muro con appeso un cartello: "la vedo dura senza un divano :P"

«Oddio, gattino. . . scusami, questa volta Walter lo uccido; mi dispiace di essere un medico. . . ma lo farò anche soffrire.»

«Aspetta micia a ucciderlo, potresti trovare dei metodi migliori per farlo. . . », Marco si mise a ridere, «vieni prima a vedere qui. . . »

Marco si era fatto strada fra tutti i palloncini in sala — scoppiandone altri — ed era rimasto a bocca aperta anche in camera da letto, «gattino, non mi dire che. . . », Anna lo raggiunse e le caddero le braccia: il letto era smontato, la rete, i vari suoi pezzi e il materasso erano appoggiati alla parete e anche lì c'era un cartello che diceva:

"Per la vostra "prima notte" dovrete lavorare un pochino. . . :P"

«Gattino che facciamo? Fammi telefonare a Walter, davvero gattino, mi sente, oh se mi sente!»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Where stories live. Discover now