Capitolo 46 (III). La mamma di Emanuele

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«Che tu ti lasciassi condizionare dalla rabbia di Andrea che ha per me. . . », Silvia lasciò la fibbia del seggiolino cadere, «rabbia?. . . », e poi rimase ferma con le mani rigide sopra il bimbo per qualche secondo; Emanuele era perplesso: come mai la mamma seconda si era fermata? Non gli aveva detto che sarebbero andati in auto? Di solito era così efficiente nel legarlo quando lo prendeva dall'asilo ed era abituato a lei che — subito dopo — accendeva la radio e canticchiava (più intonata del papà); sentì una tensione crescere senza capire da dove provenisse e, nel dubbio, cominciò a ciucciare — non visto — l'orecchio dell'orsacchiotto, Silvia, infine, si girò verso di lei, «di quale rabbia parli, Ilaria?», ella vide Silvia diventare seria, ebbe paura di dirlo ma si fece coraggio, forse Nicola intendeva dire questo quando le aveva detto di difendersi, «ieri, Silvia, ieri. . .— al vostro matrimonio — gli ho parlato e l'ho sentito ancora arrabbiato verso di me.»

«E perché?»

«Perché. . . perché non l'ho sposato e. . . non ho fatto famiglia con lui ed. . . Emanuele. . . », Silvia non rispose subito, la continuava a guardare, dietro di lei Emanuele sentiva le due mamme avere un altro tono e strinse l'orsacchiotto sempre ciucciandogli l'orecchio, averne due — forse — non era quella gran cosa che aveva supposto, quell'altro gli aveva fatto proprio un bello scherzo a ritornare lassù e lasciarlo da solo a gestirne due, gliene avrebbe cantate quattro al ritorno; Ilaria pensò di aver detto qualcosa di sbagliato e si affrettò ad aggiungere, «quando ancora non ti conosceva, si capisce. . . »

«O Ilaria. . . ancora con questa storia!», Silvia fu un poco risentita, la guardò piantando i piedi e mettendo le mani ai fianchi, «non credo. . . e spero che non abbia ancora questa rabbia; ora è mio marito. Sarebbe ben strano — offensivo, quasi — che fosse sposato con me e arrabbiato con te perché l'hai rifiutato: vorrebbe dire che ha scelto me come ripiego. Sei d'accordo?»

«Certo Silvia. . . », Ilaria distolse un poco lo sguardo, non sapeva come dirlo senza offenderla, però il fatto che Silvia stesse indossando lo stesso anello che Andrea le aveva offerto per prima in effetti lasciava supporre quello . . . — o almeno una mancanza di fantasia — ma Silvia sapeva che era lo stesso, gliel'avrebbe dovuto dire? No. . . non voleva rendersela nemica, c'era ancora speranza, o almeno così pensava, di una convivenza pacifica, sentiva che aveva ragione sul lato "marito", ma che ci fosse dell'altro da dire, «però. . . », aggiunse infine guardandola timidamente, «anche se è tuo marito il figlio rimane mio e suo, su questo anche tu sei d'accordo Silvia?», Silvia la guardò senza rispondere, si girò per finire di legare Emanuele, ma Ilaria le pose una mano sulla spalla, «perché hai detto prima "andiamo in nave con mamma e papà"? Io non vado in crociera con Andrea, ma tu; e tu non sei mamma. . . non di questo Emanuele, per lo meno.»

«Cosa dovrei dire, scusa, Ilaria?», Silvia finì di allacciare la fibbia del seggiolino, ignorando la sua mano, parlandole di spalle: «"vieni in crociera con papà e sua moglie"? La moglie del papà è "mamma", mi pare ovvio. . . », si rivolse a Emanuele per sistemargli il berretto e la sciarpa e gli chiese: «Emanuele, tu che dici topino? Vuoi che dica: "vieni in nave con mamma" o con "moglie di papà"?»

Emanuele non aveva proprio la risposta pronta e rimase a guardare Silvia con gli occhi spalancati e l'orsacchiotto in bocca; la seconda mamma faceva sempre domande difficili (si vede che era una professoressa mancata, meglio così: sarebbe stata il terrore dei suoi alunni con i suoi occhialini stretti e la matita bicolore. . . pensò che da grande non sarebbe stato semplice saltare i compiti di latino con lei) e poi — francamente — la questione fra "mamma" o "moglie di papà" non la capiva molto, prima di scendere non gliel'avevano spiegata, per lui erano mamme tutte, persino — a volte — anche zia Anna l'avrebbe considerata mamma se le avesse fatto piacere. Rimase dunque in silenzio, non sapendo che dire e non volendo fare un torto a nessuna, non fosse mai che si fossero arrabbiate entrambe e lo avessero lasciato legato in auto lì da solo.

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora