Capitolo 48 (V). Un sogno che si avvera

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«Mi pare ovvio Marco, ti ama ancora. . . o no?», il don gli sorrise, si era rimesso gli occhiali a posto; Marco provò a girare a sinistra e destra, funzionava tutto perfettamente, «magnifico, Marco, grazie», «di nulla, don», Don benedetto spense il saldatore, Marco lo poggiò a raffreddare sul piattino, a lato c'era la carrozzeria dell'auto, la rimise al suo posto, «qui ci sono le viti. . . », il don passò a Marco un posacenere di una marca di birra che sembrava non aver mai visto una sigaretta con dentro quattro viti a stella, «sì, mi ama. . . mi ama e anche tanto, che disastro. . . », il don gli indicò i barattoli dove Marco vide alcuni cacciaviti insieme alle penne, ne prese qualcuno, trovò quello con la testa compatibile, «mi continua ad amare malgrado io le dica sempre che dobbiamo separarci, essere felici, ma divisi», cominciò ad avvitare la prima vite, «le faccio notare che io mi sto per sposare, ma no! Lei sostiene che sia giusto così», finì di avvitare la prima, prese la seconda, «e tu, Marco? Da come ne parli la ami ancora anche tu», «sì. . . è inutile mentire ma cosa dovrei fare? Non è facile staccarsi. . . », lo guardò, strinse le labbra, alzò le spalle, poi riprese a girare la vite, «è anche mia sorella, è ovvio che le voglia bene ma la amo nello stesso momento, il suo amore alimenta il mio e viceversa; ci vediamo molto di meno, questo sì, sa don? E quasi sempre fuori. Praticamente è da due anni che non vado più a casa sua, se non con Anna.»

«E questo pensi che vi possa salvare nel lungo periodo?», Marco alzò gli occhi, il don lo guardava quasi beffardo, con le mani incrociate di fronte al volto, serio, «beh, non so, ma credo che sia già qualcosa. . . », Marco prese la terza vite, «almeno penso che sia evidente il nostro tentativo di non cadere, di essere in buonafede. . . »

«Oh, questo non lo metto in dubbio. . . », il don prese un piattino posto a lato del computer, conteneva dei cioccolatini con ancora degli ovetti di Pasqua, lo porse a Marco, «grazie, don», prese un ovetto — sperando che fosse della Pasqua appena passata —, era diventato morbido con il caldo, lo scartò subito per non farlo sciogliere del tutto con il calore delle mani e lo mise in bocca, era buono, fondente e amaro, come gli piaceva, buttò la carta: a giudicare dalla quantità di stagnola nel cestino sembrava che il don usasse più il piattino dei cioccolatini che i manubri e la corda da saltare, «se non fossi certo della tua buonafede non ti sposerei tra una settimana con Anna, lo sai?», il don mise il piattino al centro spostando la tazzina da caffè, il saldatore si era raffreddato, lo poggiò su un libro, Marco stava già avvitando la quarta vite, «lo so, don, apprezzo che lo dica, e la ringrazio. . . », «oh, non mi devi ringraziare, Marco», anch'egli si prese un cioccolatino, lo scartò lentamente, «ho la sensazione — come uomo, prima che come prete — che siate veramente, tu e Anna, una coppia destinata a stare insieme e a durare», lo mise in bocca, appallottolò la stagnola, la buttò, «siete una coppia meravigliosa, perfettamente combaciante, come se veramente vi avesse uniti il Cielo, non c'è che dire.»

«Lo crede veramente don? Grazie», Marco aveva finito di avvitare, si sentì di buonumore, il don gli aveva fatto un complimento che sentiva sincero, «che dice, la proviamo?», chiese, senza aspettare la sua risposta, «ma sì, provala Marco», il don glielo concesse per poi parlargli dopo, «vediamo se le nostre lauree sono servite a qualcosa», Marco poggiò l'auto a terra, prese il telecomando, improvvisamente ritornarono per un po' bambini, anche il don si sporse dalla sedia, Marco la fece andare avanti, indietro, provò a fare un ovale e poi un "otto", sembrava funzionare, la guidò fino ai suoi piedi, la sollevò, la spense e la mise sulla scrivania, «direi che va bene», «ottimo, direi, Marco, grazie», il don si rimise a sedere con il consueto cigolio delle ruote, «ora però, Marco, lasciala lì, ascoltami, per favore», ritornò serio.

«Mi dica»

«Quando ti ho detto prima che siete una coppia meravigliosa destinata a durare non intendevo farti solo un complimento, Marco.»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Where stories live. Discover now