Capitolo 45 (VI). Andrea e la sua famiglia

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«Piacere di conoscervi, auguri per vostra figlia», disse Giulia non sapendo bene cosa dire di altro.

«Grazie cara», disse Ernestina facendo un sorriso educato, ma un po' freddo, «spero che Genova ti piaccia, è la prima volta che vieni?»

«Sì, non ero mai venuta al nord; Genova per me è caotica, è peggio di Palermo, ma ha sicuramente panorami da sogno; vicino casa di Ilaria c'è un posto da dove si vede tutta la città dall'alto, ci ha portati ieri a vederlo, bellissimo!», Giulia si guardò intorno, «questa sala è anche da sogno, hanno scelto un bel posto per sposarsi, vero Nico?»

«Sì, certo. . . proprio bello Giulia», Nicola le fece anche un cenno con il capo per dire di lasciarlo solo.

«Abbiamo fatto il possibile. . . », disse Ernestina, «abbiamo solo questa figlia e solo Emanuele come nipote. . . per loro facciamo tutto. . . »

Giulia aveva inteso il cenno del marito: «ne so qualcosa anch'io signora con solo Giulia, anzi. . . vado perché altrimenti mi scappa, vi ringrazio di tutto, torno da Ilaria che è sola. A dopo. . . », salutò.

Giulia ritornò da Ilaria con la quale stava parlando di differenze fra ricette campane e siciliane scambiandosi opinioni, procedimenti e dosi. La signora Ernestina aveva finito il suo esame: Nicola con la seconda moglie aveva — forse — guadagnato in bellezza ma di sicuro non in eleganza o cultura, il lessico della seconda moglie di certo non superava quello di Silvia, il suo abito era elegante ma provinciale, la messa in piega mediocre; manicure perfetta ma con un colore non adatto e forma delle unghie da ragazza; trucco perfetto ma troppo vistoso per il giorno e non — a suo giudizio — da signora sposata; mentalmente si rasserenò: l'ex genero non era capitato meglio. Sorrise e gli disse: «Nicola proprio ti sei sistemato bene devo dire. . . una cara e bella ragazza; l'ha apprezzata anche mio marito. . . »

«Ernestina, ma su. . . è solo. . . », Ernestina lo guardò seria, Camillo si fermò, aveva finito di mangiare la sua macedonia, posò la scodella.

«Grazie signora», Nicola sentì un poco di tensione, volle abbassare i toni, «ovvio, mi è dispiaciuto quando. . . »

«Lo sappiamo. . . », la signora gli toccò il braccio per fermarlo, «Nicola, non ti scusare: quando un matrimonio finisce c'è sempre amarezza, nel vostro caso di più, c'era un dolore immenso; ti abbiamo voluto bene e questo lo sai; ti abbiamo accolto come un figlio per Silvia che, quando ti ha conosciuto, era poco più che una bambina. . . tu, un uomo già navigato. . . »

«Avrò avuto più esperienza, certo, ma ho amato molto vostra figlia. . . da uomo

«Ma l'hai anche abbandonata nel momento peggiore. . . "da uomo"», Ernestina lo guardò con uno sguardo per un attimo glaciale accentuato dai suoi occhi grigio azzurri; poi si addolcì e ritornò un sorriso, sebbene un po' freddo, «non te ne faccio una colpa. . . ma la realtà bisogna dirla»; Nicola fece per dire qualcosa, alzando la mano, «no, non dire nulla, Nicola, non serve. . . », Ernestina gli prese la mano e la abbassò; «che vuoi dire? È tutto finito. Per cinque anni, mentre tu eri in Sicilia a rifarti la vita — era un tuo diritto, certo —, nostra figlia è stata sola e si stava spegnendo a poco a poco a rifare quel lettino vuoto, a continuare a stirare le lenzuola per un bambino che non le avrebbe mai usate, a togliere polvere da mobili che non sarebbero mai stati toccati, ma adesso la vediamo felice e questo ci basta; Andrea la ama sicuramente e lei lo ama. . . », guardò poi verso il centro della stanza dove Emanuele correva con Gaia inseguito da Ilaria e Giulia, «e in più hanno questo bambino da crescere, nostro nipote; è la nostra gioia, sappiamo di avere ancora poco da vivere ma questo è un regalo che non ci aspettavamo; così come Silvia è venuta quando eravamo già quasi anziani e non ci speravamo più, Emanuele è arrivato quando Silvia aveva ormai perso ogni speranza di poggiare un bimbo su quel lettino, dico bene caro?»; Camillo, oltre che non vederci molto, era anche leggermente sordo; la moglie glielo dovette ripetere: «caro? Mi senti?», lo scrollò, lo fece voltare, «eh? scusa Ernestina?», «dicevo di nostro nipote che è una gioia.»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora