Capitolo 44 (XI). Una tomba vuota

Comincia dall'inizio
                                    

«Ciao fratellinone», si baciò la mano, fece il gesto di mandare il bacio verso la tomba e poi fece ciao sventolandola, «ci vediamo poi un giorno quando ti sveglierai qui o io mi sveglierò vicino a te.»

«Certo Gaia, va benissimo. . . », la mamma tremò all'alternativa detta da Gaia, ma non le disse nulla, si rivolse al marito, «va bene, Nico, io. . . vado con la bimba un po' fuori, vi lascio un po' qui da soli. Ciao Silvia, a dopo.»

Silvia non pensò che Nicola e Giulia si fossero messi d'accordo per lasciarla da sola e la salutò normalmente, senza sospetto: «Ciao Giulia, a dopo», e poi diede una carezza alla bambina, «ciao tesoro. . . stai attenta sulla ghiaia per non rovinare le tue belle scarpette. . . »

***

Rimasti da soli Nicola le chiese gentilmente: «ti trovo bene Silvia. . . ti fa piacere se facciamo due passi, intanto?», la prese a braccetto, cominciò a camminare sul viale a fianco le tombe, Silvia sorrise e si fece condurre, «certo, mi fa piacere, Nico, andiamo»; erano soli in quella parte di cimitero, due persone anziane, forse due nonni, erano appena andate via.

«Silvia, mi sembra che ci siano grossi cambiamenti nella tua vita, ultimamente. . . », cominciò a dire, mantenendo un tono tranquillo, «ma. . . forse sei un poco stressata per il matrimonio, è così? Ti vedo. . . strana», usò la parola "strana", perché non voleva subito giudicarla, forse era veramente solo stress — il suo — che le aveva fatto dire quelle cose assurde.

«No, va tutto bene, Nico», si appoggiò a lui, gli sorrise, «sono così felice che tu sia qui, che mi faccia da testimone con Giulia. Forse è per questo che mi vedi strana, perché. . . sono felice. Era da tanto che non succedeva; dopo tanto dolore. . . finalmente sono felice.»

«Sono contento per te, ma. . . », Nicola si girò e la vide effettivamente diversa, più serena, era dai tempi della sua gravidanza che non era così; era strana, una stranezza che le dava gioia, ma non gli sembrava troppo in sé, era troppo felice per essere reale dopo tutto quel che avevano passato, specialmente a pochi metri dal loro bambino morto: «posso chiederti una cosa, Silvia?», le chiese, dopo qualche metro.

«Certo Nico. . . »

Le pose la mano sulla sua spalla e la guardò negli occhi cercando di essere il più amorevole possibile: «perché hai detto prima a Gaia: "mio figlio Emanuele", il tuo cuginetto. . . quale figlio Emanuele, scusa?»

Silvia camminò un poco in silenzio; per terra c'era un fiocco blu spostato forse dal vento. Si chinò, lo raccolse e poi lo posò a lato, vicino alle tombe. Riprese a camminare: «mio figlio Emanuele, Nico. Come "quale"? Quello che ho con Andrea.»

«Ma. . . tu, Silvia, non hai nessun figlio con Andrea. . . », Nicola si fermò, prese il portafoglio, lo aprì e ne estrasse un ricordino funebre — un poco liso — fatto a forma di libricino con una banda nera e una medaglietta d'oro con inciso un angioletto. Vi era stampato: "Emanuele, sempre nei nostri cuori. Mamma e papà: Silvia e Nicola. 24-10-1991", glielo mise di fronte, «questo è tuo figlio Emanuele, Silvia. Nostro figlio. Scusami se te lo dico ma. . . quello di Andrea non è figlio tuo. È di Andrea con un'altra donna. . . con quella ragazza giovane, come si chiama? Ilaria, vero?»

«Sì. . . è Ilaria. . . », Silvia guardava il ricordino di fronte a sé, imbarazzata, «lo so che. . . c'è quell'Emanuele ma io. . . a volte. . . credo che la vita mi abbia dato una nuova possibilità. Come se avesse fatto ritornare Emanuele di nuovo in vita. Lui. . . », indicò il ricordino, «lui di nuovo vivo. . . »

«Oddio Silvia. . . », Nicola la guardò con occhi spalancati, cominciò ad aver paura, ripose il ricordino nel portafoglio che rimise poi nella tasca dei pantaloni, «ma. . . come. . . è successo?. . . », non seppe proseguire.

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora