Capitolo 44 (VIII). Una tomba vuota

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«Scusami, Anna. . . », il don si prese il suo solito fazzoletto appallottolato, si tolse gli occhiali, si asciugò la fronte, gli occhi, «non lo faccio per cattiveria, ma è importante che tu ricorda cosa dicemmo in quel frangente. . . »

«Mi disse che. . . », Anna pianse, il don le pose una mano sul capo mentre ella parlava con la testa sulle braccia guardando la parete, «che. . . Dio manda il dolore. . . per motivi che non possiamo sapere. Mi disse: "La Sua Mente non è la nostra mente. I Suoi Disegni non sono i nostri disegni. C'è una ragione che non sappiamo, ma per fede dobbiamo accettare che ci sia del dolore nel mondo per poterlo poi perdonare". Io dovetti accettare il lutto di Luca per andare avanti, anche se mi sembrava ingiusto, creato da un Dio. . . cattivo.»

«Grazie Anna, scusa. . . », il don prese di nuovo la Bibbia, «non volevo farti ricordare cose brutte ma. . . è importante per ciò che ti sto per dire», sfogliò il libro, andò più al fondo, «comunque Giobbe è la visione del "Vecchio Testamento", il "Nuovo" — ricordatelo — ci dà la speranza del Cristo risorto che ci promette una ricompensa in Paradiso. Una retribuzione, il discorso delle Beatitudini. Soffriamo sulla Terra, ma verremo ricompensati», Don Benedetto andò al Vangelo di Matteo e le porse il capitolo cinque, «ecco Anna leggi al versetto 4», Anna lesse: «"beati gli afflitti, perché saranno consolati"», il don la guardò sorridendo, «Bè, Anna, è ben diverso dalla chiusura del Dio di Giobbe che sostanzialmente dice all'uomo: "c'è dolore sì, ma tu, uomo, non puoi sapere perché, lo so io, china il capo e basta". Tuttavia. . . », il don si alzò, incrociò le braccia, sospirò, «per quanto il Vecchio Testamento abbia una visione del dolore apparentemente fredda, spietata quasi. . . ha un senso in un caso come quello di Marco e il tuo.»

Il don passeggiò un poco, riordinando le idee: «Marco ha sofferto, certamente, tanto, come un "piccolo Giobbe" egli — da bambino — ha avuto un dolore che non meritava e che, da un punto di vista puramente umano, è inspiegabile; è un male che Dio ha lasciato accadere e del quale non sappiamo i motivi: perché lui ha sofferto e altri no, perché tu hai avuto il lutto di Luca e altre ragazze no, perché. . . tanti perché: perché quel bambino è nato in Africa e muore di fame e quell'altro nasce a Milano e ha tutto il superfluo; c'è questa ingiustizia di fondo nell'universo dove le persone più buone a volte sono quelle che più soffrono e che l'animo umano non accetta e che — forse — solo con tanta Fede si può superare», il don fece il giro del tavolo, prese una sedia, la mise accanto ad Anna e vi si sedette di fronte, le prese le mani; «ora tu, Anna, sia perché sei buona, sia perché hai sofferto, come lui, lo riconosci. Senti il pianto di quel bambino antico che è stato il tuo "gattino", il pianto di quel bimbo abbandonato senza padre; lo ami e ne sei attratta perché quella ferita è simile alla tua quando tu piangevi la morte di Luca. . . »

«Non solo don. . . », Anna gli disse, gli strinse le mani, «ma anche Marco è buono — mi creda —, mi ha amato fin da subito, anche se non conosceva la storia di Luca. È buono di natura, non solo perché ha sofferto.»

«Sì, certo, Anna. . . », il don sorrise, «non lo metto in dubbio; non ho detto che prima di soffrire fosse un bambino cattivo; no, di certo, era già predisposto al bene, ma quella ferita l'ha reso ancora più buono, ancora più. . . vulnerabile. Ma. . . e qui sta il grosso mistero del dolore: proprio perché Marco ha sofferto può far soffrire a sua volta. Ciò che è stato sofferto sarà fatto soffrire, è una regola base in psicologia, Marco ha sofferto, certo, e involontariamente sarà un nuovo carnefice: ciò che mi dispiace è che tu sarai la sua vittima innocente che si presta a questo, tra l'altro, pur essendo stata avvisata.»

«Perché ne è così sicuro Don?», Anna scosse il capo, non convinta, aveva sempre le mani dentro quelle del don, «come fa a saperlo? E. . . del resto, anche io ho sofferto, perché non vale per me la stessa cosa? Anche io potrei farlo soffrire, no?»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora