Capitolo 42 (IX). Il fidanzamento

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«È proprio per questo mamma che io sto male!», le aveva risposto, abbracciandola a sua volta, gli veniva da piangere, si sentiva lo stesso solo; «perché so quanto ti devo, e so che Luigi e Sara lo sanno. Pensi si vergognino a farti vedere in giro? A presentarti come la mamma del fidanzato? Sarebbero meschini se fosse così, se accettassero me, il genero ingegnere, e non accettassero da dove vengo, dalla mamma cameriera, da te, non trovi?» 

«Marco...», Irene lo aveva tenuto stretto, carezzandogli il capo e facendolo un po' dondolare come quando da piccolo piangeva per il papà assente, sapendo di calmarlo, «sei ancora tanto giovane, non hai malizia, ti ho cresciuto con un cuore buono, e questo è l'importante, ma a volte non è così semplice la vita. Non ci sono solo i genitori di Anna, Marco, quelli... so che sono bravi e hanno capito: ma. . . la gente può essere cattiva, può parlarti dietro. . . e io non voglio che lo facciano su di noi. Preferisco stare in disparte e non dar loro motivo di pettegolezzo», era rimasta un poco in silenzio mentre Marco si faceva accarezzare, «vai dalla tua fidanzata, ora, ti prego, rispetta il mio volere anche se ti sembra strano.»

Marco si era dunque arreso, dopo un poco si era staccato e le aveva detto: «Va bene, mamma... ma, almeno mangia qualcosa, eh? Non stare a servire soltanto», e, su questo punto, Franco era intervenuto: «ah, stai tranquillo Marco, su quello ci penso io, tanto qui di roba ce n'è per il doppio delle persone, qui in cucina sta' sicuro che non si muore di fame.»

***

Marco era poi ritornato in giardino e dopo qualche minuto era arrivata Anna dal colloquio con Ilaria; era un poco triste e aveva pensato di chiederle di andare poi in cucina insieme per almeno salutarla visto che, conoscendola, non avrebbe osato avvicinarsi a lei. Dopo essersi riuniti, come già detto, furono di nuovo attorniati da ospiti e, dopo aver smaltito anche quest'ultima fila, diedero il via al pranzo prendendo per primi il piatto con gli antipasti seguiti dagli altri in fila ordinata.

Per Anna era un po' scomodo andare in giro con i tacchi, il vestito lungo e nello stesso tempo tenersi il piatto e le posate, perciò i due scelsero di mangiare seduti al loro tavolo riservato in fondo alla sala ma alzandosi spesso per dare altri saluti e servirsi; la sala era affollata ma non piena, per chi avesse voluto sedersi c'era ancora posto; Anna aveva visto giusto: a fine giugno molta gente preferiva prendersi il piatto e mangiare su una sdraio, una sedia o anche seduti sul muretto all'ombra di un ulivo; la giornata era calda, ma con una piacevole brezza.

Andrea, che né Marco né Anna avevano ancora visto, si presentò in sala con Emanuele e Silvia; si guardò in giro, e, dopo averli visti, andò a salutarli al loro tavolo; Emanuele era tenuto in braccio dal papà, aveva il viso appoggiato alla sua spalla sulla quale era poggiato un bavaglino, teneva in mano un grissino che sgranocchiava sbavando parecchio, Silvia stava un passo dietro il papà per controllarlo: aveva in mano un tovagliolino che usava per asciugargli la bocca e togliergli le briciole.

«Ah, finalmente riesco a trovare un momento in cui siete soli», esordì appena si fu avvicinato, nel frattempo anche Anna e Marco si erano alzati ed erano andati loro incontro, «finora eravate stati così tanto assediati che era speranza vana salutarvi. Ciao allora, congratulazioni!», disse Andrea salutando con il braccio libero in modo anche gentile; si scambiarono i saluti, abbracci e varie strette di mano; «Ora siamo pari, Marco, entrambi fidanzati, mi sembra», si guardò un po' intorno, «anche se tu abbondi sempre: due fidanzate sono meglio che una. . . ma. . . non ho più visto Ilaria, non c'è in giardino, dov'è? Non dovrebbe stare al vostro tavolo per fare una festa unica, o no?»

«Andrea... non so dove sia mia sorella», Marco rispose educatamente, ignorando la battuta: «io... sono stato qui con Anna nell'ultima mezz'ora, era con te, micia, vero?»

Dolore e perdono (Parte VII. La tragedia)Where stories live. Discover now