Capitolo 28.2

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La mattina seguente, finalmente la febbre è scesa. Svegliandomi, allungo un braccio cercando il suo calore accanto a me, ma trovo solo il vuoto. Mi metto seduta sul letto, sentendomi ancora debilitata, e mi volto verso il comodino. Lì, tra le penombre della camera, vedo il telefono che lampeggia con insistenza. Afferrandolo con mano tremante, scopro un messaggio da un numero sconosciuto. Con curiosità e una leggera apprensione, apro il messaggio e leggo: "Scusami se non ti ho svegliato, ma avevi bisogno di riposare. Anche se avrei preferito rimanere, oggi, al contrario di qualcuno, devo allenarmi. PS: Se ti stai chiedendo come ho fatto ad avere il tuo numero, sappi che ho i miei informatori. Ci vediamo in palestra, Honey".

Sorrido come una stupida, sentendomi alleviata dal fatto che lui si sia preso cura di me durante la mia febbre. Tuttavia, nella mia testa riecheggia la parola "informatori", lasciandomi perplessa. Preoccupata, decido di inviargli immediatamente un messaggio di risposta: "Dimmi che non hai chiesto il numero a Nora". Non appena invio il messaggio, l'attesa ansiosa prende il sopravvento. Ogni secondo che passa sembra un'eternità. Mi trovo nel panico, mentre davanti a me si svelano una serie di scenari, ognuno dei quali mi vede alle prese con l'invenzione di scuse plausibili. Sento una sfumatura di impotenza che si riflette sul mio viso, mentre mi passo una mano tremante sul viso in segno di resa.

Faccio avanti e indietro per la stanza, cercando di trovare un senso di calma. Mi sento leggermente meglio rispetto al giorno precedente e valuto attentamente i pro e i contro di recarmi in palestra. Tra i pro, c'è sicuramente la possibilità di recuperare l'allenamento perso e sentirmi di nuovo in forma. Tuttavia, tra i contro, so che dovrò affrontare Alessandro, che non mancherà di riprendere la sua ramanzina da ieri e di elencarmi tutti i rischi che ho corso con il mio gesto incosciente.

Nonostante l'incertezza e l'ansia che mi attanagliano, la decisione di non rimanere a casa è irremovibile. Ho bisogno di scoprire se Nora è veramente l'informatrice. Afferrando rapidamente il mio borsone, esco di corsa dalla porta di casa. Mentre mi avvicino all'ingresso della palestra, stringo la tracolla del borsone, sentendo l'ansia che mi assale sempre di più. Faccio un bel respiro, cercando di raccogliere coraggio, e varco la soglia della palestra.

Forse ho un'insegna luminosa sulla testa e non me ne sono accorta, ma nell'istante in cui cammino verso gli spogliatoi, tutti i ragazzi si girano nella mia direzione. Mi sento intimidita. I loro sguardi pesano su di me, ma nello stesso istante, i miei dubbi vengono dissipati dal volto di Mattia che sogghigna, capisco che si tratta di lui, il classico casinista che cerca sempre di attirare l'attenzione.

Una volta indossato l'abbigliamento da allenamento, vengo subito fermata dal mio allenatore, Alessandro.

«Dove credi di andare?» mi chiede, alzando un sopracciglio in segno di disapprovazione.

«Ad allenarmi?»rispondo con nonchalance, cercando di mascherare la mia insicurezza.

«Non credo proprio. Al massimo puoi assistere».

«Dai Alessandro, sto bene. So benissimo quali rischi ho corso, ma non sarei qui se non mi sentissi bene».

«Va bene. Facciamo così, per oggi assisti, se poi mi rendo conto che mi stai dicendo la verità, puoi provare qualche elemento. Ma ti proibisco di allenarti come sempre».

Accetto, anche se controvoglia. Capisco le sue preoccupazioni, ma non metterei mai a repentaglio la mia partecipazione alla nazionale.

Nora arriva di corsa, con lo sguardo di chi riesce a fare una radiografia delle cose che non vanno. La interrompo subito, cercando di anticipare i suoi pensieri.

«Prima che la tua testa inizi a formulare strane immagini, ti dico subito due cose: la prima è che adesso sto bene, e non dico tanto per dire; la seconda è che ti confermo che Speed mi ha accompagnata a casa, ma ti posso assicurare che non è successo nulla tra di noi», evito volutamente di raccontare quello che è successo, anche perché non sono sicura nemmeno io di come classificarlo, un misto di attrazione e confusione che ancora devo comprendere.

Il resto del pomeriggio lo passo in disparte, osservando attentamente le altre atlete. Ogni movimento, ogni passo, è un'ispirazione per me. Alla fine della giornata, riesco a convincere Alessandro a farmi rimanere. Ho deciso di provare a montare l'esercizio sulla canzone che ho scoperto di recente. Faccio partire la musica e, come se fosse stata creata appositamente per me, il mio corpo si muove in perfetta sintonia con le note.

Sono completamente rapita dalle melodia e mi perdo nell'atmosfera dell'allenamento. Concentrata e immersa nel mio mondo, non mi accorgo di essere osservata.

«Sai Honey, hai la capacità di ipnotizzare chi ti guarda», mi dice con il suo tono carico di ammirazione.

Ed eccolo, appoggiato alla colonna con i suoi occhi color ghiaccio, che mi osserva, con un sorriso complice sulle labbra.

«Fossi in te starei molto attento a quello che dici, potrei prenderlo come un complimento», rispondo, cercando di mascherare l'effetto che ha su di me.

Succede tutto in una frazione di secondi: un minuto prima ci stiamo sfidando con lo sguardo, il minuto dopo ci stiamo sfilando i vestiti.

Con frenesia afferra la mia maglietta, facendola volare in un angolo, poi passa al reggiseno e nello stesso istante sfilo la sua maglia passando con la mia mano tra i suoi pettorali. Nel giro di due minuti siamo completamente nudi, con il fiato corto, ci mangiamo a vicenda.

«Sai Speed, essere una ginnasta ha i suoi vantaggi» dico con un filo di malizia.

«E dimmi, quale sono?»

Slancio la gamba portandola frontalmente ed aggiungo «La capacità di essere particolarmente flessibili».

Vedi i suoi occhi riempirsi di desiderio e senza darmi la possibilità di metabolizzare, mi penetra facendomi andare letteralmente fuori di testa. Butto indietro la testa e lo sento gemere contro di me.

«Honey, tu un giorno mi farai morire».

Ci stiamo distruggendo pezzo dopo pezzo, ad ogni spinta crolla un pezzo del muro che abbiamo eretto, lasciando scoperta una parte di noi. Ma non mi importa. Perché un cuore ormai distrutto, non può essere nuovamente ridotto in pezzi.

Battito D'aliHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin