Capitolo 7

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La mente rimugina su ogni singolo frammento del passato. Un pezzo della mia vita mi è scivolato tra le dita, e ho assistito immobile al suo lento cader via.

Tutto è avvenuto con una rapidità sconcertante.

In una notte d'estate, avvolta da un caldo soffocante, l'incubo si è scagliato su di me come un fulmine a ciel sereno. Un'oscurità inquietante ha stretto il mio cuore, stringendo la gola e soffocando ogni respiro.

Le gocce di sudore freddo hanno solcato la mia fronte mentre l'aria diventava sempre più densa.

Mi sono sentita paralizzata, incapace di muovermi o reagire. I battiti del mio cuore hanno accelerato in modo frenetico, il petto ha iniziato a bruciare come se fosse avvolto da fiamme invisibili. Ho perso il controllo del mio stesso corpo, come se stessi lottando contro un nemico invisibile che aveva preso il sopravvento.

È stata una battaglia interna, un conflitto con me stessa che sembrava non avere fine. Mi chiedevo perché il mio cervello avesse deciso di sospendere ogni forma di comunicazione con me, mentre il silenzio intorno a me si faceva sempre più opprimente, interrotto solo dal fruscio delle foglie mosse dal vento notturno.

Ho cercato in modo disperato di trovare la calma, di riprendere il controllo della situazione, ma sembrava un'impresa impossibile.

I palmi delle mani sudate facevano scivolare il senso di sicurezza tra le dita, come sabbia che sfugge rapidamente. Concentrando la mia attenzione sul respiro, ho sentito l'aria entrare nei polmoni con un suono sommesso, cercando di regolarlo mentre il mio petto si sollevava e abbassava in un ritmo disordinato. Ho ancorato la mente sui battiti del mio cuore, sperando che il loro ritmo costante potesse ristabilire una connessione con me stessa.

Dopo un'eternità di lotta, l'incubo ha gradualmente ceduto, ma ha lasciato dietro di sé una costante sensazione di dolore e paura, come un tatuaggio indelebile sulla mia anima.

L'ansia che mi ha assalito in quel momento è stata debilitante. Si è manifestata come un mostro insidioso, le cui fauci ansiose avevano serrato il mio cuore, stringendo la gola e soffocando ogni respiro. È comparso senza preavviso, prendendo il sopravvento e poi svanendo in modo veloce, lasciandomi tremante nell'incertezza.

Ho deciso di tenere tutto ciò per me, di non condividerlo con nessuno.

È diventato il mio segreto oscuro, perché, in fondo, è più facile fingere di stare bene piuttosto che dover spiegare agli altri cosa sta accadendo dentro di te.

La verità è che nessuno potrà mai salvarmi da me stessa. È una battaglia solitaria, un viaggio che devo affrontare da sola, accettando e superando le mie paure più profonde.

Il tempo scorre inesorabile, a volte veloce come un turbine, altre volte lento come una lama che si insinua nella carne. Oggi, al mattino, ho preso una decisione cruciale: alzarmi dal letto e riaffermare il controllo sulla mia vita. O, meglio dire, su ciò che ne resta. Ma guardandomi nello specchio, un senso profondo di spaesamento mi avvolge. Non riconosco più la persona che mi sta fissando.

I miei occhi, un tempo vivaci e luminosi di un verde brillante, ora sembrano opachi e vuoti, come se il vuoto che si è impossessato di me avesse oscurato persino la loro luce. Provo un profondo disprezzo verso il mio corpo.

Odiare le mie spalle larghe, i fianchi pronunciati, le gambe muscolose è diventato un'ossessione nella mia vita. Mi guardo nello specchio e tutto ciò che vedo è odio, odio verso me stessa e verso tutto ciò che rappresento.

Le occhiaie che solcano il mio volto raccontano storie di notti insonni e giorni tormentati. La luce grigia dell'alba filtra attraverso le tende, illuminando la stanza che sembra altrettanto esausta di me. I miei capelli, un tempo ribelli, ora pendono senza vita lungo i lati del mio viso pallido.

Ho iniziato a contare ogni caloria di ogni pasto che faccio, persino di ogni minuscolo spuntino. Ho sviluppato una sorta di ossessione per il cibo, rifiutandolo con scuse di sazietà o sostenendo di aver già mangiato da poco. Ogni sera, prima di andare a letto, mi sottopongo al rituale di pesarmi. La bilancia, fredda e inesorabile, è diventata il giudice supremo della mia autostima. È come se il mio valore personale fosse ridotto a un mero numero scintillante sotto la luce tenue del bagno.

Ho perso otto chili, ma la trasformazione è visibile solo in quel dato numerico, perché il riflesso nello specchio mi restituisce un'immagine distorta, che non corrisponde alla realtà.

Le mie compagne di ginnastica hanno cercato di invitarmi a cena con loro, ma ho sempre rifiutato ogni proposta, temendo di dovermi giustificare o, peggio ancora, di sentirsi in colpa. Sì, mi sento in colpa ogni volta che varco le rigide regole che mi sono imposta. Vorrei solo riuscire a piacermi, ad accettarmi, ma sembra un'impresa impossibile.

Questa mattina, ho raccolto i capelli in una coda disordinata, mi sono infilata i primi vestiti che ho trovato nell'armadio e sono uscita di casa. Ho guidato senza prestare attenzione al paesaggio circostante, con un unico obiettivo in mente. Ho parcheggiato e sono entrata nel negozio del mio parrucchiere, dove ho trovato Enrico. Mi sono girata verso di lui e, con voce decisa, ho pronunciato le parole che sembravano provenire da un posto profondo dentro di me: 'Voglio che tu mi tagli la coda'.

Enrico mi ha guardata con un'ombra di scetticismo nei suoi occhi, conoscendo bene quanto io ami i miei capelli, ma fortunatamente non ha pronunciato una sola parola. Forse ha intuito che dietro questa richiesta si celava il bisogno di un cambiamento, un desiderio di ricominciare. Nella quiete della mia stanza, ho urlato con tutte le forze che avevo dentro di me, ho pianto finché le lacrime si sono esaurite, fino a che l'addormentamento mi ha preso.

Non resta più nulla dentro di me, solo un immenso vuoto. Ma oggi inizia un nuovo capitolo della mia vita, un capitolo in cui spero di trovare la forza di rinascere e di amarmi.

Battito D'aliWhere stories live. Discover now