Capitolo 4

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Ripenso alla storia mia e di Marco, un tempo, la nostra connessione era così profonda che le parole sembravano superflue. Bastava uno sguardo per capire tutto quello che provavamo. Non c'erano segreti tra di noi; ci raccontavamo tutto, senza paura del giudizio. Passavamo le giornate sdraiati sull'erba morbida del giardino, fissando il cielo e lasciando che i nostri pensieri si incrociassero come fili invisibili. Parlavamo di sogni, di paure, di speranze, ma anche di banalità, perché nel nostro mondo ogni conversazione era preziosa. Ricordo ancora la sensazione di felicità che si faceva strada dentro di me mentre tornavo a casa quella sera fatidica, il giorno in cui le nostre vite si sono intrecciate, come quelle della leggenda "Akai ito".

Proprio come nella leggenda, il nostro incontro è stato un capriccio del destino. L'attimo in cui ci siamo visti per la prima volta è stato come un fulmine a ciel sereno, un lampo di riconoscimento reciproco che ha risvegliato una parte di noi rimasta nascosta fino a quel momento. Il mio sorriso era così radioso da poter illuminare l'intera strada, e i battiti del mio cuore scandivano un ritmo incalzante, come se volessero farsi udire da chilometri di distanza.

Il tempo si è fermato per noi per creare un posto solo nostro.

Una sera, Valentina ed io siamo state invitate alla festa di compleanno di un nostro ex compagno di classe. L'atmosfera era elettrizzante e la location, con la sua piscina illuminata da luci soffuse, sembrava uscita da un sogno. Prometteva un'esperienza unica, con un'apericena raffinata e un'atmosfera festosa.

Mentre sorseggiavamo il nostro prosecco, ci trovammo circondate da un gruppo di ragazzi sconosciuti. Si presentarono con entusiasmo e ci offrirono da bere, facendoci sentire subito parte della festa. Solo più tardi scoprimmo che erano i compagni di squadra di Roberto, ma tra volti sconosciuti, risate e voci che si mescolavano, i miei occhi incrociarono uno sguardo intenso. Erano gli occhi di Marco, di un marrone ambrato che sembrava brillare nella penombra. 

Alzò il suo bicchiere verso di me e io mi sentii improvvisamente avvampare. Con passo sicuro si avvicinò, tendendomi la mano con un sorriso accattivante «Piacere, sono Marco. Gioco nella stessa squadra di quell'imprudente che sta ballando sul tavolo», indicando con un gesto teatrale il mio amico che sembrava divertirsi alla grande.

Non potei trattenere una risata e gli strinsi la mano, rispondendo «Piacere, Adele. Posso assicurarti che sopporto quel folle sul tavolo da una vita».

Marco sorrise, rivelando delle fossette accattivanti ai lati del viso, e entusiasta propose «Che ne dici, ci uniamo anche noi?».

Accettai con un gesto di complicità, replicando «Perché no? Alla fine, a parte noi, sembrano tutti ubriachi».

E così, tra risate contagiose e balli sfrenati, la nostra storia prese il via.

Ora, guardandoci, sembriamo due estranei provenienti da mondi diversi. Le circostanze della vita ci hanno portato su strade separate, lontani dalla spensieratezza e dall'incanto di quella notte magica. Nel profondo del cuore, la memoria di quei momenti unici continua a bruciare come una fiamma, ricordandoci ciò che siamo stati e ciò che potremmo ancora essere.

È straziante vedere come due anime che si sono intrecciate per tre anni possano scivolare in uno stato di estraneità. Sembrano persistere solo i fili sottili dei ricordi, quei ricordi che abbiamo costruito insieme. Ho smesso di condividere con lui i dettagli più intimi della mia giornata da quando ha perso interesse. Ora, sembra che la nostra presenza l'uno accanto all'altro sia solo un'aggiunta superficiale, una parte accessoria di qualcos'altro.

Spesso sembra che lui non si accorga del dolore che le sue parole mi infliggono. Sono io che finisco per piangere per ogni banalità. Forse sto esagerando, forse sono solo pensieri senza senso o paranoie. Forse dovrei scusarmi con lui. La mia mente è un turbine di pensieri incontrollati, un labirinto di domande senza risposte.

È in questo caos che ci ritroviamo, avvinghiati sul divano, evitando con cura di riportare in superficie le parole che ci siamo scambiati ieri.

La stanza è illuminata solo dallo schermo televisivo, il suono distante di una colonna sonora fa da sottofondo a quello che sta accadendo. La mano di Marco, lenta e calda, risale lungo il mio fianco fino a posarsi sopra il mio seno. Mi volto nella sua direzione, i nostri sguardi si incrociano in un intreccio di desiderio e complicità. Il suo sorriso, irresistibile, mi fa dimenticare ogni incertezza.

«Secondo me, dovremmo fare in modo di mettere fine alle discussioni degli ultimi giorni» la sua voce è un sussurro che accarezza il mio orecchio.

Con un movimento appena percettibile, le sue labbra trovano le mie in un bacio carico di tensione. È un incontro di desideri, una fusione di passioni che trasuda dichiarazioni non dette e scuse imploranti. Mordo il suo labbro, e lui, con voce roca, inclina la testa all'indietro. Inizio a baciarlo seguendo il percorso del desiderio lungo il suo collo scolpito.

Marco si posiziona sopra di me, le sue mani abili sfiorano la pelle mentre tira via la mia maglia, facendola cadere a terra. Le sue labbra scivolano lungo il mio corpo. Con gesto allontano le sue labbra e afferro il bordo della sua maglia.

«Forse sei troppo vestito» dico, un sorriso complice sulle labbra.

Con delicatezza, mi prende il viso per riportare la mia bocca sulla sua.

«Non così veloce», sussurra.

Mi solleva in braccio e una volta raggiunta la camera da letto, mi deposita sul letto facendo attenzione a non farmi male al ginocchio.

Si alza in piedi e si sbarazza dei suoi pantaloni, lasciandoli cadere a terra. Poggia le mani ai lati del mio corpo e fa scorrere i miei pantaloni, che finiscono da qualche parte nel buio della stanza.ma la bocca, poi il collo, piano piano verso il basso, lasciando una scia di baci lungo tutto il mio corpo.

Alza la testa e mi rivolge un sorriso malizioso «Noto con piacere che ti sta piacendo».

Dalla vergogna, prendo il cuscino e me lo metto davanti al viso, nascondendo il mio rossore. Prende dalla tasca dei pantaloni un preservativo, se lo infila e poi ritorna sopra di me. Mi scosta il cuscino , «Voglio vederti negli occhi».

Entra dentro di me, e inizia a spingere dolcemente. il mio corpo è attraversato da un fremito che non riesco a controllare. Purtroppo, con il ginocchio bloccato da un tutore, non riesco ad assecondarlo come vorrei.

Il ritmo aumenta ed entrambi siamo vicini al punto di non ritorno.

Una spinta più forte, Marco geme e lo sento che freme dentro di me, nello stesso istante vengo invasa anche io dallo stesso piacere.

Si accascia sopra di me con tutto il suo peso. Restiamo così per qualche minuto, guardandoci negli occhi. Dopo qualche minuto scivola al mio fianco, si allunga a prendere le coperte e le tira sopra noi due.

Mi abbraccia da dietro, e io vengo cullata dal suo respiro che piano piano si fa sempre più regolare.

Battito D'aliUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum