Capitolo 21.2

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Salgo silenziosa nella sua macchina, senza aprire bocca. Rannicchiata sul sedile di pelle, lascio che lo sguardo si perda nel paesaggio che scorre oltre il finestrino. La melodia del mio telefono insistente mi costringe a spegnerlo. Probabilmente è Nora, chissà cosa starà pensando ora che non mi vede più. Sono sfinita, stanca di fingere che tutto vada bene. La maschera di felicità si sta sgretolando, lasciando spazio a una fragilità che mi fa tremare.

Immersa nei miei pensieri, improvvisamente ci fermiamo. Guardo fuori e realizzo che ci troviamo proprio davanti a casa mia. Un senso di smarrimento mi assale all'improvviso. "Come poteva sapere dove abito?" penso freneticamente mentre affretto il recupero delle mie cose. Con un sospiro di gratitudine, apro lo sportello e mi volto verso di lui per dire «Grazie». Scendo dalla macchina, ma con un brivido di sorpresa mi accorgo che anche lui ha deciso di scendere. Lo vedo lì, praticamente di fronte a me, e mi chiedo quale sia la sua misteriosa intenzione.

«Non ti lascio da sola in queste condizioni», questa frase mi lascia a bocca aperta, sorpresa dalla sua inaspettata premura. Ma subito dopo aggiunge «E poi potresti offrirmi qualcosa da bere per ringraziarmi del passaggio», e quel tono arrogante fa ritornare tutto alla normalità.

Ed eccolo lì, il solito presuntuoso.

Alzo lo sguardo per poterlo guardare in viso, e la mia statura senza tacchi mi fa arrivare appena all'altezza del suo fianco.

«Guarda che nessuno ti ha chiesto niente», sospiro rassegnata, cercando di nascondere la delusione che mi procura il suo atteggiamento.

«Ma visto che mi hai accompagnato, puoi entrare».

Un sorriso compiaciuto spunta sul suo viso, ma io lo spengo immediatamente con un'occhiata di sfida, «Ti offro qualcosa da bere, ma poi te ne vai».

Entriamo in casa e getto le mie cose sul divanetto all'ingresso con una certa noncuranza. Fortunatamente i miei sono fuori per lavoro, almeno eviterò domande imbarazzanti. La casa è silenziosa e il rumore dei nostri passi risuona nell'atrio, creando un'atmosfera tesa.

Lo vedo sedersi comodamente sul divano come se fosse il padrone di casa, e questo mi irrita oltre ogni misura. Lo guardo fisso con disapprovazione e penso "Ottimo. Questo crede di essere a casa sua".

«Non ho molto in casa. Se ti va bene, ti posso offrire una birra?» la mia voce suona stanca, ma cerco di nascondere l'irritazione che mi provoca la sua presenza indesiderata.

«Perfetto», risponde con un tono sicuro.

Dopo aver aperto la bottiglia, gliela passo con un gesto veloce e deciso. Sto per tornare in cucina per prendere un bicchiere d'acqua, quando sento improvvisamente la sua presa sul mio polso. Rimango un attimo interdetta, confusa da questa reazione improvvisa.

«Ti ha toccato?» chiede con una voce carica di rabbia e disprezzo che mi fa rabbrividire. Cerco di capire cosa intenda, ma prima che possa rispondere, continua «Quel ragazzo di prima, ti ha fatto del male?».

La sua domanda mi colpisce di sorpresa. Non mi aspettavo che lui si preoccupasse sinceramente per me, anche se la sua rabbia sembra più diretta verso il ragazzo che ha appena incontrato. Cerco di scegliere le parole con cautela prima di rispondere «Non mi ha fatto del male come credi tu, ma in passato mi ha ferito».

Torno verso il frigorifero con passo frettoloso per versarmi un bicchiere d'acqua rinfrescante. Proprio in quel momento, riesco a sentire distintamente la voce di Tommaso provenire dal salotto, mentre risponde al telefono.

"Sì, Matti. Puoi stare tranquillo", afferma con un tono sicuro. "Puoi dire alla tua ragazza di abbassare la voce, dato che mi sta sfondando un timpano! E sì, sono a casa di Adele."

La mia gola si stringe e per poco non mi soffoco con un sorso d'acqua. Con il bicchiere ancora in mano, scatto verso il salotto per affrontare Tommaso, «Ti ha dato di volta la testa?", esclamo con un misto di incredulità e rabbia.

Confuso, Tommaso mi guarda e chiede, «Perché?».

«Perché? E c'è bisogno di chiedere?! Hai appena detto a Nora che sei a casa mia. Sai chi è Nora, vero? Beh, con quella frase ci hai condannati entrambi», spiego cercando di trattenere il mio sconcerto.

Tommaso sembra ancora non comprendere appieno la portata del suo errore.

«Non riesco a capire qual è il problema», ribatte con sincerità.

«Il problema, testa vuota, è che, conoscendola come la conosco, si sta già facendo chissà quali scenari su di noi. E non smetterà di fare domande fino a quando non si sarà convinta della sua teoria», rispondo irritata, rendendo evidente la preoccupazione che mi assale.

Le parole sembrano far breccia nella sua mente, e in un impeto improvviso si alza dal divano, in modo che ci troviamo quasi faccia a faccia. In questo momento mi sento veramente piccola rispetto a lui, come se il mondo si fosse rimpicciolito intorno a noi.

Mi accorgo che Tommaso è visibilmente turbato dalle mie parole, e prende il mio mento tra le sue dita, costringendomi a sollevare il viso per incrociare il suo sguardo.

«Ripeto, non capisco qual è il problema. Magari possiamo darle qualcosa su cui fantasticare», suggerisce, cercando di smorzare la tensione con un tono malizioso.

Mi avvicino lentamente, lasciando che il mio corpo si aderisca al suo, sentendo la sua reazione palpabile al contatto. Alzo il viso e mi alzo in punta di piedi, in modo che le mie labbra sfiorino appena il suo orecchio mentre sussurro, «Allora possiamo darle esattamente quello che desidera». Il suo respiro si fa più pesante, il desiderio si sprigiona su ogni centimetro del mio corpo, e nel momento in cui si abbassa su di me, alzo il braccio destro e gli rovescio il bicchiere d'acqua in testa.

L'acqua gli scroscia addosso, bagnando i suoi capelli e il suo volto.

«Così ti rinfreschi le idee», lo rimprovero con un sorriso compiaciuto, lasciandolo lì a ribollire nella sua rabbia.

Battito D'aliTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon