Capitolo Ventiduesimo - Parte Terza: Ora e da sempre

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Piegandosi in avanti col busto e preparandosi al contrattacco, Z'èv percepì il corpo mutare. La pelle della schiena, insieme a quella del viso, si tirò a tal punto da farle male, mentre le ossa scricchiolarono in modo agghiacciante sotto alla carne. Le sentì frantumarsi per poi incastrarsi malamente, avvertì la scarica elettrica dell'Ars correrle lungo i muscoli, i nervi, i capillari e ancorare i frammenti di scheletro in modo che potessero sopportare qualsiasi tipo di forza esterna. Si sentì andare a fuoco in quel modo dolce, rassicurante che non sentiva da tempo e seppe, senza nemmeno guardarsi, di non avere più nulla di umano nel proprio aspetto.

I due adepti del Cultus si fecero sempre più vicini, quasi volessero stringersi l'un l'altro per darsi sostegno come dei bimbi di fronte a un film horror. Gli occhi sgranati e le gambe tremanti. Alexandria riuscì a vederlo persino nel buio della sera e una sorta di piacere le tese le labbra.
Percepiva il loro sbigottimento, quell'incantevole timore misto a disagio tipico di chi ha un incubo; e mentre saggiava con gli occhi la loro reazione, quel briciolo di benignità rimastale non riuscì a impedirle di biasimarli. Potevano aver visto più cose dei semplici umani, certo, ma una Chimera viva e vegeta, retta sulle proprie zampe e pronta a mutilarli... beh, era diverso. Quante potevano averne incontrate nella loro misera vita? Probabilmente lei sarebbe stata la prima e anche l'ultima - e, non a caso, mentre i vestiti che aveva addosso si tiravano e stracciavano per la mutazione, sentì uscire dalla bocca di uno dei due alchimisti una domanda. Si trattò di un sussurro, ma le sue orecchie non se lo lasciarono sfuggire.

Wäre das eine chimäre? (Questa sarebbe una chimera?)

Sì, quella che avevano davanti era una chimera e, di certo, aveva ben poco di ciò che si poteva vedere sui libri - Z'èv, ad essere onesti, assomigliava più ai licantropi dei racconti folkloristici che ad altro.

In punta di dita si sfiorò la coscia. Sentiva il sangue caldo appiccicarle i polpastrelli e, quando lo avvertì sotto le unghie, quasi a volersi nascondere, scattò.
Puntando sull'effetto sorpresa e su quell'istante di confusione provò ad avvicinarsi tanto da poterli attaccare, mutilare, uccidere.
L'alchimista che aveva azzannato retrocedette di un singolo passo, mentre l'altro si parò tra di loro. Le sue mani si mossero svelte, toccarono il petto e poi l'asfalto del vicolo. L'elettricità dell'Ars si diramò intorno a loro e prima che Z'èv potesse rendersene conto una lingua scura si levò dal terreno schermando i due uomini. Il suo corpo vi rimbalzò contro, facendola barcollare.
«Dannazione!» imprecò tra i denti, ma non ebbe tempo di aggiungere altro. Da sinistra un attacco si diresse verso di lei alla stessa velocità di un fulmine. Lo vide con la coda dell'occhio per puro miracolo e con un ringhio scartò all'indietro. Sentì la vigorosa sferzata dell'asfalto schiaffeggiarle la punta del muso e il cuore d'un tratto prese a batterle con talmente tanta forza da rimbombarle nelle orecchie. L'aveva scampata giusto in tempo, pensò, ma ciò non la rincuorò minimamente. Erano in due ed erano più veloci di quello che si sarebbe aspettata, mentre lei era sola e meno preparata di quanto avrebbe creduto; e chissà se Zenas se la stava cavando meglio, chissà se a un certo punto sarebbe corso in suo aiuto.
Si morse il labbro.
Non era qualcosa su cui poteva fare affidamento, doveva restare concentrata e convinta del fatto che il fratello non sarebbe tornato indietro per lei - perché il piano era un altro, perché Salomone doveva essere protetto.
Tese i tendini delle mani fino a farsi male e le unghie divennero artigli sempre più lunghi. Doveva trovare un modo per ammazzare quei due nel minor tempo possibile, ma più il suo sguardo si soffermava sulle onde scure che emergevano dal terreno, ferme e minacciose, più il dubbio di non avere speranze si fece strada in lei - eppure si era trovata in situazioni ben peggiori, sant'iddio!

D'improvviso un fischio sommesso interruppe i suoi pensieri, facendola muovere d'istinto. Lo spillo che le era stato lanciato contro a mo' di proiettile nemmeno lo vide, ma ne sentì l'affilatezza sfiorarle il collo, oltrepassare i capelli e ficcarsi in quello che suppose essere un muro. Sgranò gli occhi, ma prima che potesse rendersene conto i suoi piedi presero nuovamente a muoversi. Svelta e silenziosa come un felino si lanciò verso il nemico scivolando tra le lingue d'asfalto che provarono a interrompere la sua corsa. Avvertì la tensione stringerle la gola, percepì la consapevolezza di star rischiando più del dovuto aggrapparsi alle caviglie per rallentarla, eppure non si fermò. Avanzò come una furia, un'assassina, e quando i due alchimisti se la videro spuntare a lato del primo scudo trasalirono.

Le Chimere di Salomone: il ReWhere stories live. Discover now