Le prime ore in aula passano lente con stecco che fa il "solito" e la professoressa Martinelli che lo riprende. È effettivamente una strana donna sulla sessantina, paffutella e con un amore universale per il liceo.
«Giacomo Costa», ripete per l'ennesima volta con la voce acuta ma spezzata per le troppe grida.
«Si prof?» Fa lui con scioltezza.
«Siamo ancora al primo giorno, vuoi farmi impazzire prima ancora di aver completato la prima settimana?» chiede spazientita ma col sorriso sul volto.
«Io sono già impazzito, di lei però!» esclama lui causando una risata generale.
La prof scuote la testa senza replicare, e poi si rivolge a me che per l'ennesima volta mi fa domande sulla mia provenienza. È imbarazzante essere la "nuova" perché gli occhi sono puntati tutti sulla mia figura, è come avere dei riflettori piantati in faccia, letteralmente. Sono felice però di avere i miei amici qui, infatti, stecco siede alla mia destra e le due gemelle davanti, mi sostengono rendendomi le cose decisamente più semplici. Prima dell'arrivo del prof della seconda ora, provo a conoscere i miei compagni di cui a fine lezione ricordo i nomi solo di Sara e Beatrice; la prima perché ha lo stesso nome di mia madre, la seconda perché ha lo stesso nome della mia nonna paterna.
«Federica, pronto?» Sento la voce di Fabiana e una mano sventolarmi davanti al viso.
«Si?» Farfuglio sbattendo le palpebre più volte.
«Vogliamo andare fuori? Abbiamo quindici minuti di pausa» mi informa.
Annuisco, mi alzo e improvvisamente mi accorgo che stecco è già sparito.
Ma perché oggi sono così sbadata?
Arrivata nell'atrio, facciamo due rampe di scale sedendoci poi sui primi gradini del piano superiore. Osservo andare su e giù una quantità sorprendente di studenti che con disinvoltura, si spostano nei corridoi dell'istituto. Tuttavia, pochi secondi dopo ecco la mia bionda salire le scale con una barretta proteica in mano.
«Come sta andando?», Si rivolge a me appena arriva.
Prima di poter rispondere, Fabiana dice ridacchiando: «Penso che domani arriverà un messaggio di Federica con su scritto: no raga, io cambio scuola».
«In realtà dirà: io cambio città e amici soprattutto», precisa Camilla provocandoci una risata.
Qualche secondo dopo, gli occhi di Charlotte guardano oltre le nostre spalle e il suo sorriso si spegne del tutto, così, senza pensarci due volte mi volto e lì, assisto ad una scena che mi accappona la pelle. Stefano, Mattia e altri loro amici circondano una ragazza; sembra una matricola. La ragazza ha gli occhi bassi e l'aria terrorizzata, alcune persone le passano accanto ma nessuno dice niente o alza un dito. Ridacchiano mentre lei rimane in silenzio e non spiccica parola. Ho il cuore in gola e il corpo formicola tutto. Avverto le loro parole, e qualche commento di troppo mi fanno imbestialire. Non starò ferma a guardare mi ripeto. Tuttavia, per una frazione di secondo, il mio sguardo si sposta di poco verso l'altra rampa, il mio blu incrocia il solito e familiare verde smeraldo che riesce sempre a scuotere ogni sensazione del mio cuore. Il cuore però precipita sempre di più vedendo il suo braccio poggiato sulle spalle di Luana mentre lei parla con Carlo, Ted e altre persone che non conosco. Le emozioni scorrono dentro di me come il fuoco, deglutisco a vuoto mentre i suoi occhi sono la causa del mio forte incendio. Stringo i denti, cerco di mantenere il controllo del mio respiro, dopodiché, sposto con fatica il mio sguardo da lui al gruppetto che cerca di infastidire quella ragazza. Senza pensarci troppo mi alzo in piedi, diretta a fermarli. Non posso stare ferma a guardare, non starò ferma a guardare mentre la terrorizzano, nessuno muove un muscolo e questo mi fa incazzare. Succede spesso in questo posto?
Avverto la voce di Charlotte chiamarmi ma, i miei passi si fanno pesanti avviandomi velocemente verso di loro, improvvisamente però vengo strattonata con forza prima di arrivare alla meta. Ruoto il capo verso la ragione che mi ferma, e nuovamente quel verde si incastra dentro di me. «Cosa vuoi?» Domando rabbiosa ma in contemporanea lui esordisce: «Cosa credi di fare?».
«Non vedi?» Gli indico il gruppetto che ancora ridacchia mentre la ragazza dice qualcosa che non riesco a percepire. «E cosa vorresti fare? Andare lì e dire cosa? "Smettetela di infastidirla?"» Cinguetta prendendosi gioco di me, imitando la mia voce.
«Meglio rimanere in silenzio, no?», ringhio cercando di liberarmi dalla stretta.
«Non combattere battaglie non tue» mi dice fissandomi negli occhi con una tale intensità da dover distogliere lo sguardo, mi accorgo così che gli altri adesso ci fissano curiosi e confusi. «Non vuoi fare niente? Problemi tuoi, ma ora liberami. Non vuoi essere aiutato, vuoi continuare a vivere così, mi vuoi lontana dalla tua vita? Accomodati. Ma non decidere per me se devo o meno aiutare qualcuno» sbotto strattonando la sua mano.
Con lui sembra di fare un passo in avanti, e invece, poco dopo mi accorgo di essere sempre troppo indietro. Scioglie la presa sospirando con forza, gli volto le spalle e spedita vado verso il gruppetto, tuttavia, mi supera dirigendosi verso di loro con le sue gambe lunghe e i suoi passi da gigante. Afferra Mattia dalla maglia e lo costringe a girarsi, il suo gesto e il suo bisbiglio creano nello sguardo di Mattia, un nervosismo tale da fare appello a tutto il suo autocontrollo, per non sferrargli un gancio. Tuttavia, dopo un cenno da parte del mio incasinato, la ragazza si cammina frettolosamente verso le scale mentre Mattia si scosta, spostando lo sguardo da Chris a me, osservandomi da oltre le sue spalle. Incrocio i suoi occhi e il suo sorrisino mi irrita, sospiro con forza lanciandogli un'occhiataccia mentre lui si schiarisce la voce urlando: «Ormai cosa non si fa per una putt...», sta dicendo quando l'imponenza di Christian lo fanno desistere.
Si scrolla le sue mani di dosso e con finto sarcasmo Mattia brontola: «Mio caro amico, ti devi ancora far perdonare quella dell'ultima volta, non peggiorare la tua situazione».
«Ti conviene andare se non vuoi che ti riduco come l'altra volta, mi pare tu non ti sia ancora ripreso» lo prende in giro sfiorandogli il volto segnato.
Lui si scosta con evidente orrore negli occhi, gli altri lo scrutano senza muovere un muscolo, dopo, come un vero capo gruppo, ordina agli altri di andare; facendo sgombrare il corridoio.
Lascio andare un sospiro e mi sento ancora pietrificata. «Ancora qui? I quindici minuti sono passati... tutti in aula!», sento dire da qualcuno ma sono ancora ferma con il cuore che vorrebbe balzare fuori.
Riesco a vedere solo lui che lentamente si avvicina a me, con una rabbia non indifferente. «Spero che tu adesso sia felice, sappi che adesso verrano a romperti le palle. Se volevi passare inosservata in questi corridoi di merda, adesso ti verrà abbastanza difficile!», sentenzia ed io mi sento davvero piccola davanti al suo corpo. Non riesco a replicare, ma cerco comunque di fronteggiarlo sussurrando con poca convinzione: «N-non ti ho detto io di combattere una... una battaglia non tua».
«Volevi andarci tu?», sogghigna.
«Con questo faccino tanto tenero?» mette il broncio come faccio di solito, per ridicolizzarmi.
«Perché ti comporti così? Dopo il nostro weekend insieme...» faccio confusa dal suo modo austero di rivolgersi a me.
«Così come? Io sono sempre lo stesso, sei tu che hai questa visione idilliaca e speranzosa di tutto. Inizia a guardare la realtà delle cose, la loro vera natura e smettila di cercare di salvare chiunque. Federica smettila di vivere nelle favole!» dichiara con voce e aria solenne.
I miei occhi si riempiono si lacrime ma cerco di scacciarle vie.
«Sei cattivo», mormoro provando a mantenere una voce normale.
«Sono fatto così mi dispiace, fattene una ragione principessina», mi dice chiamandomi con il nomignolo che utilizzava quando ci siamo conosciuti.
Lo guardo confusa e delusa dalle sue parole dolorose e fredde.
«Dobbiamo andare» la voce calorosa e arrabbiata di Charlotte mi afferrano la mano, mi strappano dal suo sguardo così profondo e ipnotico.
Voltandomi noto che tutti i presenti mi stanno squadrando, compresa Luana che adesso sogghigna, probabilmente per come Christian si è rivolto.
Scendo le scale; le ciglia di bagnano e la mia anima lentamente si sgretola avvertendo il solito peso al petto che mi opprime. Provo a non far scivolare le lacrime, ma qualcuna sfugge al mio controllo, finché arrivate davanti le classi, la mia amica mi costringe a guardarla.
«Non abbiamo tempo per parlare, ma devi calmarti Fede... non tremare».
«Prima di fare qualcosa, parla con me d'ora in poi... ok?» Aggiunge comprensiva ma rabbiosa.
«Non potevo l-lasciarla con lo...loro che cercavan-o...» provo a dire tra i singhiozzi.
Sto crollando, tutta l'ansia accumulata mi sta travolgendo, non riesco a trattenere i singulti. «Lo so Fede, quello che hai fatto non è sbagliato, però non prendere iniziative da sola, devi parlarne con me soprattutto se si tratta di uno come Mattia. Christian è un cretino, l'ha fatto perché sa come sono i suoi compagni di classe, questo però non esclude che abbia esagerato e gliela farò pagare».
«Sono i suoi compagni di classe?» Domando intontita.
«Si, Mattia e gli altri vanno in classe con lui, evita di creare scompiglio perché Christian non vuole problemi. Hanno avuto già un trascorso, ma per mantenere un equilibro adesso tutti si fanno gli affari propri» borbotta come se questo fosse un peso per lei.
«Ma non è giusto!» Esclamo asciugandomi le lacrime.
«Lo so, per questo è un inferno», risponde mortificata.
«Ragazze» una voce maschile e autoritaria attira la nostra attenzione.
Un uomo dall'aspetto curato, sulla cinquantina ci guarda serioso, «in classe!», ci canzona.
Charlotte annuisce, mi stampa un veloce bacio sulla guancia, dopodiché, mi rassicura che ci saremmo ritrovate all'uscita.
«Tranquilla», mima mandandomi un bacio, prima di sparire dietro la porta dell'aula. Le sorrido debolmente, asciugo le lacrime prima di rientrare, per cercare di affrontare le ultime ore di lezione senza crollare.

La Forma del DestinoWhere stories live. Discover now