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Mi sfregai il naso con il dorso della mano, senza però aprire gli occhi. Il calore del sole mi stava scottando il viso, ma non volevo svegliarmi. Davvero, avrei voluto dormire ancora un pochino. Come se di colpo fosse finito l'effetto di un anestetico particolarmente potente, iniziai a sentire tutti i dolori che mi avevano colpito durante la notte: il nervo accavallato del collo, l'indolenzimento del braccio dove avevo tenuto la testa appoggiata, il mal di schiena dovuto alla postura storta... Avrei potuto continuare.

Mi obbligai ad aprire gli occhi e mi resi conto che non ero nel mio comodo letto dell'Avengers Tower, magari con Bucky affianco a me e Jarvis che comunicava l'orario, la temperatura ed un eventuale planning del giorno.

Ero ancora nel maledetto ufficio di Hamilton.

Cercai di mettermi seduta meglio, ma mugolai di dolore quando la schiena fece un sonoro crack, obbligandomi a rallentare i miei movimenti. Osservai i fogli sparsi, le tazze di caffè una sopra l'altra, sbilenche, l'avvocato stesso che stava dormendo in una posizione che somigliava molto simile a quella che avevo adottato io, il mio telefono accantonato al bordo della scrivania con molta poca cura.

Allungai una mano verso il cellulare e mi passai una mano sul viso, provando a fare mente locale: ero andata al Rutherfordium per aiutare Alexander, avevo aiutato Alexander, avevamo iniziato ad analizzare ulteriori prove e possibili piste e, infine, eravamo crollati a dormire come due bambini.

"Wyatt." bisbigliai prima che Jarvis potesse chiedermi il riconoscimento vocale per sbloccare il telefono. Di certo non volevo far prendere un infarto al mio avvocato.

Guardai il display prendere vita e per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva: sette chiamate perse da Tony, sei di Natasha, due di Bruce e perfino Sam si era sprecato con un messaggio striminzito che recitava «Stavolta non ti vengo a ripescare come feci nell'EXO-7.»
Sorrisi come una stupida, convinta che quella storiella sarebbe rimasta sempre oggetto di prese in giro. Per fortuna che solo io, Sam e qualche tecnico dell'HYDRA la conosceva nei minimi dettagli.

L'unica persona che avevo avvertito era Bucky, che probabilmente aveva parlato solo con Steve e poi erano andati entrambi a letto. La preoccupazione dei miei compagni non mi fece meravigliare, ma mi preoccupò lo stesso. Mi calmai solo quando vidi che la chiamata persa più recente era intorno alle sei, più o meno l'orario in cui si svegliava Bucky di solito. Quest'ultimo aveva di certo avvertito gli altri della mia posizione.

Con gli occhi ancora socchiusi, spostai la mia attenzione sull'orario, rischiando di buttare giù le tazze dal tavolo quando sobbalzai dalla sorpresa: le dieci e un quarto.

Il più silenziosamente possibile, allontanai la sedia dalla scrivania in mogano e sgusciai fuori dall'ufficio. Mi lanciai un ultimo sguardo alle spalle e socchiusi la porta per lasciare che Alexander continuasse a dormire. Stupidamente, mi ero dimenticata della presenza di John, che apparve sulla soglia della cucina come un fantasma. Somigliava così dannatamente a sua sorella. Somigliava anche così tanto a Easton. Mi morsi il labbro e frenai quei ricordi dolorosi.

Dovevo andare via, in fretta anche.

"Ora vado." diedi voce al mio pensiero, accennando un sorriso ed evitando accuratamente lo sguardo del Luogotenente.

"Ti devo ringraziare." sospirò, incrociando le braccia al petto ed appoggiando una spalla contro lo stipite della porta, proprio come la prima volta che ci eravamo incontrati.

"Di che cosa?" inclinai appena la testa, sistemandomi il cappuccio sulla testa e dandomi una sistemata ai vestiti ora pieni di pieghe.

"Non dormiva per più di tre ore consecutive da quasi due settimane." aggiunse, guardando oltre le mie spalle e osservando lo spiraglio di luce soffusa provenire dall'ufficio di Hamilton.

𝒕𝒉𝒆 𝒆𝒏𝒅 𝒐𝒇 𝒕𝒉𝒆 𝒍𝒊𝒏𝒆 [✓]Where stories live. Discover now