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Scesi dalla Rolls Royce Phantom e alzai lo sguardo al grattacielo che si ereggeva su Wall Street, contribuendo al meraviglioso skyline di New York. L'amore che provavo per quella città non si sarebbe mai esaurito. Forse ero rimasta a fissare i vetri riflettere la luce del sole invernale per qualche secondo in più di quanto fosse stato considerato normale, perché Happy abbassò il suo finestrino e si affacciò da esso. "Caporale, non credo che il suo avvocato riesca a vedere le sue prove se prima non entra nell'edificio."

Strinsi la presa sulla ventiquattrore nera e chiusi la portiera con un mezzo sorriso. L'autista di Tony era una delle persone con la quale non parlavo molto, ma quando lo facevo, intrattenevo sempre delle grandi conversazioni illuminanti. "Temo che tu abbia ragione, Happy. Vado."

"Non si dimentichi dell'appuntamento con il vicepresidente per la disponibilità alla parata del 4 Luglio. Anche se non sarebbe mio compito ricordaglielo." aggiunse l'uomo, facendo un lieve sospiro.

Se al 4 Luglio ci fossi arrivata sana e salva, pensai fra me e me.

"Ci sarò. Vuoi che non me lo ricordi?" scherzai, iniziando ad incamminarmi verso la lobby del grattacielo. "Passami a riprendere fra un paio d'ore, va bene?"

"Ma certo. Arrivederci, Caporale."

Osservai l'auto incanalarsi nel traffico, fra taxi rumorosi e motociclisti irritati, e poi entrai finalmente nella lobby, facendo un rapido cenno di saluto al portiere e dirigendomi subito verso gli ascensori. Soltanto dopo aver fatto alcune ricerche per conto mio, venni a sapere che il Rutherfordium Building aveva esattamente novantaquattro piani, il che rendeva Hamilton il residente dell'attico. Una cosa era certa: quell'uomo era sfondato di soldi. Non tanto quanto Stark, ma Stark era un caso a sé, quindi non faceva testo. L'ascesa fino all'ultimo piano fu piuttosto veloce.

Poi mi resi conto dell'enorme cavolata che stavo facendo. Presentarmi a casa del mio avvocato senza neanche chiamare per avvisarlo – che maleducata! La me degli anni '40 mi avrebbe urlato e imprecato contro per quanto fossi stata poco lungimirante. Magari Hamilton era occupato. Magari c'era già un altro cliente con lui. Magari era il suo giorno libero. Eppure ero lì, ad un secondo dall'andargli a rompere le scatole. Oh beh, ormai era fatta.

Suonai il campanello e feci un passo indietro per ammirare la vista dalle vetrate del corridoio, osservando la Avengers Tower e Central Park in lontananza. Stavo quasi per suonare una seconda volta, quando la porta si aprì, rivelando un uomo giovane che decisamente non era il mio avvocato. Aveva lunghi capelli biondi, ma non abbastanza lunghi da poterli legare, che mi ricordavano molto la pettinatura di Bucky ai tempi del Soldato d'Inverno. Anche se forse non era la maniera più consona per aprire la porta ad una persona, egli stava indossando solamente un pantalone della tuta grigio e nulla di più, facendomi capire che molto probabilmente avevo sbagliato il numero dell'interno.

"Come posso aiutarla?" mi domandò con un marcato accento del Sud, appoggiandosi allo stipite della porta con le braccia incrociate. C'era qualcosa di vagamente familiare nel suo viso ed ero quasi certa di averlo già visto in altre circostanze, ma era come se mi avessero dato il tassello di un puzzle e non il puzzle in sé; non riuscivo ad incastrare le informazioni. Poco ma sicuro, quello lì era un militare.
Molte cose ti facevano capire la sua occupazione, ma le più evidenti furono le dogtag appoggiate sul petto nudo e la postura. Jack Davis aveva ragione, in fondo. Un militare doveva avere una postura impeccabile, e non molti riuscivano ad acquisirla. Beh, questo qui invece l'aveva acquisita eccome.

"Cercavo il legale Alexander Hamilton, ma forse ho sbagliato appart–"

"No, no, l'appartamento è questo. Alex è allo studio, ma sarà qui presto."

La situazione si stava facendo imbarazzante e c'era uno strano silenzio che mi stava iniziando a mettere a disagio. Decisi di essere la prima a prorompere, almeno ci saremmo risparmiati altri due secondi di sguardi agonizzanti e imbarazzanti. "Ad ogni modo, sono il Caporale Zelda Anne Wyatt. Non ho potuto fare a meno di notare le targhette." dissi, allargando il collo del maglione beige che indossavo per afferrare la catenella delle dogtag mia e di Bucky, alzandole di poco e mostrandole al ragazzo.

𝒕𝒉𝒆 𝒆𝒏𝒅 𝒐𝒇 𝒕𝒉𝒆 𝒍𝒊𝒏𝒆 [✓]Where stories live. Discover now