what are they doing here?

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Mi misi le mani fra i capelli, continuando a pensare al processo, all'avvocato, al passato, al futuro. Vorticava tutto nella mia mente, confuso come una matassa di fili aggrovigliata. Che poi, era legale organizzare un processo così velocemente? Neanche lo sapevo. Era tutto così strano, era come se il destino e le divinità si erano messi a lavorare insieme per rendermi la vita difficile – e magari era proprio così. Qualcuno mi voleva proprio male.

"Nessun risultato, Caporale Wyatt." la voce di Jarvis annunciò, riportandomi alla realtà.

"La ricerca incrociata?" tentai di domandare, ma ormai avevo perso le speranze.

Era passata una settimana, era entrato anche l'anno nuovo, e avevo cercato di trovare risposte ai quesiti che Johnathan mi aveva lasciato. Avevo solo scoperto che il numero di telefono scritto sul biglietto da visita era un punto morto, forse perché veniva dal futuro e magari era un numero che sarebbe entrato in circolazione solo da lì a cinque anni, che so io.

"La ricerca incrociata non ha portato ad alcun risultato, Caporale." rispose l'AI.

Sospirai, il morale e la speranza ormai sottoterra, e mi allontanai dalla scrivania per andare a sciacquarmi il viso al bagno. L'acqua tiepida entrò in contatto con la mia pelle e per un secondo mi parve di dimenticare tutto il caos che turbinava tutt'intorno a me; per un attimo, tutto era stato cancellato dalla mia mente, lasciandomi nel buio più tranquillo e totale. Poi riaprii gli occhi e la pace terminò.
Appoggiai le mani al lavandino e mi guardai allo specchio, analizzando la cicatrice che mi accompagnava da quasi un anno.

"Ti prego, dimmi che cosa devo fare." mormorai ad un interlocutore che non era presente, qualcuno che forse dall'alto mi stava guardando con compassione e, che nonostante le terribili allucinazioni che avevo avuto di lui, era pur sempre una persona a cui volevo bene e che era rimasta sempre al mio fianco.

Nessuna risposta, ovviamente.

Mi asciugai il viso con un asciugamano e, mentre lo riponevo sullo scalda salviette, un rombo imponente squarciò il cielo in due, annullando temporaneamente tutti gli altri suoni. Mi precipitai fuori dalla stanza e percorsi il corridoio di corsa per andare a vedere dalle vetrate della Torre che cosa succedeva.

"Zelda, mi ricevi?" chiamò la voce di Steve dal mio orologio digitale.

Avvicinai l'orologio alla bocca e premetti un pulsante per aprire la linea. "Forte e chiaro. Che cos'era quel tuono?"

"Non lo sappiamo. Preparati comunque, non si sa mai."

"Ricevuto."

Chiusi la linea e feci per andare a prendere l'ascensore, ma un rombo identico a quello di poco prima stavolta non scosse il cielo, bensì la terra. Sentii la Torre oscillare pericolosamente sotto i miei piedi e, neppure il tempo di avvertire Cap, che quello strano terremoto mi mandò a carponi sul pavimento. Il cuore iniziò a battere più velocemente ed in modo doloroso, obbligandomi a respirare dalla bocca. I gomiti cedettero sotto il mio peso nell'esatto istante in cui la vista si offuscò.

"Zelda! Dobbiamo evacuare la Torre, forza!"

Qualcuno mi aiutò a rimettermi in piedi e avvolse un braccio intorno al mio fianco per farmi scendere le scale anti incendio.
In un attimo, tutto tornò nitido e l'attacco di panico sparì come era arrivato. La scossa parve fermarsi.
Bucky, la persona che era venuta a prendermi, si accorse del ritorno di fiamma delle mie energie e mi lasciò andare.

"Stai meglio?" chiese, fermandosi per un secondo ad un pianerottolo.

"Sì. Grazie, Buck." risposi, appoggiando una mano dietro la sua schiena per invitarlo a scendere le scale davanti a me.

𝒕𝒉𝒆 𝒆𝒏𝒅 𝒐𝒇 𝒕𝒉𝒆 𝒍𝒊𝒏𝒆 [✓]Where stories live. Discover now