Capitolo 49

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Resto con la testa appoggiata al suo petto, mentre lui dorme beato. È così bello.
Ha il viso così rilassato che mi ricorda il volto di un bambino. Un bambino bellissimo che farebbe venire voglia di coccole anche al più gelido degli essere viventi.
Per una frazione di secondo immagino un mocciosetto con i capelli castani e gli occhi sul castano chiaro tendente al verde, una piccola copia di Lele insomma, e mamma mia. Quanto sarebbe bello?
Sento un leggero senso di vuoto quando mi rendo conto che probabilmente non potrà mai esistere. Insomma, siamo due ragazzi, non potremmo mai avere un bambino tutto nostro che ci assomigli...
Ad interrompere quei miei pensieri abbastanza malinconici ci pensa il mio migliore amico, che dopo aver bussato delicatamente entra nella stanza mia e di Lele "Ti va una cioccolata calda?" Mi chiede sussurrando, ed io annuisco leggermente "Ti aspetto di la" mi dice prima di tornare in cucina.

Sollevo la testa dal petto di Lele e gli lascio un bacio sulla fronte per poi coprire il suo petto ancora nudo con un lenzuolo.
Dopo essermi rivestito vado in cucina da Gian e lo trovo seduto a tavola con due tazze fumanti davanti ed un blocchetto, intento a scrivere non so cosa "Che fai bro?" Gli chiedo sedendomi al suo fianco, e dopo avermi avvicinato la tazza mi passa il blocchetto "Sto scrivendo un po' di idee per i miei TikTok. Sai che sono molto preciso" annuisco e mi porto la tazza alle labbra ricordandomi della chiamata di Francesco "A che pensi?" Mi chiede poi lui, evidentemente notando la mia espressione confusa "Il regista..mi ha chiamato oggi pomeriggio" gli spiego picchiettando le dita sul tavolo "Cosa c'è che non va?" Lo guardo negli occhi e decido di parlare con lui di tutto. Infondo Gian non può fare altro che capirmi "Devo tornare a Roma e non posso portare Lele con me" mi guarda interrogativo e dopo un bel respiro provo a spiegargli come stanno le cose "Avevo pensato di stare a casa dei miei in quei giorni, ma c'è un problema: Mio padre"

Il mio migliore amico mi appoggia una mano sulla spalla "Perche tuo padre è un problema?"deglutisco, mentre le immagini di mio padre che stringe il collo di quel ragazzo si fanno vivide nella mia mente "Ti ricordi di Matteo?"mi guarda un attimo confuso e sembra sforzarsi di ricordare "Quello che poi è partito?" Annuisco e prendo di nuovo un bel respiro "Mio padre... ha provato a strangolarlo perchè..lui è..omofobo.." balbetto mentre sento le lacrime agli occhi, lacrime che cerco di ricacciare dentro ma fallisco miseramente e così mi ritrovo stretto tra le braccia di Gian mentre piango come un bambino "Non..potrei sopportare se facesse del male anche.. anche a lui, perché lo amo. Lo amo come non ho mai amato nessuno" sento la mano del mio migliore amico accarezzarmi il retro del collo, mentre mi sussurra di stare tranquillo "Sarà sicuro per te stare in quella casa con lui?" Annuisco singhiozzando "Sono suo figlio.. Cosa potrebbe farmi? E poi non saprà nulla" Gian mi abbraccia nuovamente "hai ragione" mi sussurra poi, mentre io mi asciugo le lacrime e prendo dei grossi respiri.

"Devo trovare il modo di andarmene senza che Lele insista per venire" penso poi tra me e me, e quando Gian mi dice che mi aiuterà mi rendo conto di aver pensato ad alta voce "Ho un'idea" subito mi volto nella sua direzione e aspetto che mi spieghi il suo piano "Se partissi di notte? Senza dirgli nulla" mi passo una mano tra i capelli "Non credi che mi odierebbe?" Lui sorride "Lele non ti odierebbe mai. Magari potresti spiegargli poi che è stata una chiamata di lavoro urgente e che non hai voluto svegliarlo" Mi alzo e lo abbraccio per pochi secondi "Sono parecchio sorpreso dal fatto che anche tu abbia un minuscolo cervello" gli dico poi prendendolo in giro, mentre lui mi fa la linguaccia "Comunque stare con Lele ti sta facendo bene" lo guardo confuso, e mi risiedo "Sei più dolce e parli con meno difficoltà" sorrido leggermente "In realtà credo sia anche merito di Peia. Quella settimana a Brescia con lei mi ha aiutato molto" vedo che mi sorride e dopo di che si alza per riporre la tazza sporca nel lavandino "Ti va una partita alla play?" Mi propone mentre io imito il suo gesto, e dopo aver lavato entrambe le tazze ci catapultiamo sul divano pronti per iniziare una partita a fifa.

"Che ore sono?" Gli chiedo dopo più di sei partite "Tipo l'una di notte credo" mi risponde  sfregandosi gli occhi e, vedendolo in quelle condizioni scoppio a ridere "Sei un cadavere bro. Dovresti andare a dormire" spengo la play mentre lui si sgranchisce le braccia e annuisce "Come se non bastasse domani mattina devo andare da Marta" mi spiega mettendosi in piedi, e dopo avergli dato una pacca sulla spalla gli auguro buonanotte e torno in camera mia e di Lele.
Lui sta ancora dormendo e proprio come prima mi metto al suo fianco, ma stavolta decido di non appoggiarmi al suo petto.

Mentre lo ammiro sento come un bisogno vitale:devo fotografarlo. Non so perché io stia facendo questo assurdo gesto. Quando lo vedevo fare ai miei amici credevo lo facessero per attirare l'attenzione e invece no. Gli ho appena scattato più di sessanta foto, ma in realtà è come se non l'avessi fatto io.
Mi sento come se qualcuno si fosse impossessato del mio corpo e mi stia facendo fare cose nuove, ma forse qualcuno si è semplicemente impossessato del mio cuore.

Ripenso alle parole che dissi ai ragazzi il giorno in cui tornai a casa
"Non so bene che cosa significa essere innamorati. Non ho mai capito che effetto fa. Penso che l'amore ti spinge a fare delle cose che altrimenti non faresti mai. E questo mi spaventa moltissimo. Penso che ti può sconvolgere la vita. Per cui preferisco aspettare. Io non devo cercarlo. È lui che troverà me"
Ed è in questo momento che mi rendo conto che l'amore alla fine mi ha trovato e, che come da me previsto, mi sta facendo fare cose che generalmente non farei mai. Eppure queste piccole cose mi rendono estremamente felice.

"Tatuato sul mio cuore"~Tancredi Galli Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon