Audere

By Beth_Lo

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COMPLETA. Riservata, timida e insicura di sè, Giulia Belli è fidanzata da tanti anni con Clark Candel, un rag... More

•Capitolo 1•
•Capitolo 2•
•Capitolo 3•
•Capitolo 4•
•Capitolo 5•
•Capitolo 6•
•Capitolo 7•
•Capitolo 9•
•Capitolo 10•
•Capitolo 11•
•Capitolo 12•
•Capitolo 13•
•Capitolo 14•
•Capitolo 15•
•Capitolo 16•
•Capitolo 17•
•Capitolo 18•
•Capitolo 19•
•Capitolo 20•
•Capitolo 21•
•Capitolo 22•
•Capitolo 23•
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
AVVISO
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Capitolo 35
Capitolo 36
Capitolo 37
Capitolo 38
AVVISO
Capitolo 39
Capitolo 40
Capitolo 41
Capitolo 42
Capitolo 43
Capitolo 44
Capitolo 45
Capitolo 46
Capitolo 47
Capitolo 48
Capitolo 49
Capitolo 50
Capitolo 51
Capitolo 52
Capitolo 53
Capitolo 54
Sequel o no?
Capitolo 55
Capitolo 56
Capitolo 57
Capitolo 58
EPILOGO
~Ringraziamenti~
Sequel iniziato

•Capitolo 8•

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By Beth_Lo

Il cambiamento interiore
avviene quando sei davvero solo con te stesso.
Nel momento in cui non puoi contare su nessuno,
in quel momento scopri veramente chi sei.
( Claudio D'Aiello)
***********

Dopo aver fatto colazione ed essersi vestito Ed mi accompagna al mio appartamento.

<< Verrai a trovarmi ancora al pub? >> mi chiede mentre guida per accompagnarmi a casa.
<< Ma certo Ed. Adoro il tuo locale, è molto accogliente>> rispondo sinceramente.
<< Lo so. È proprio figo>> si vanta lui scoppiando in una risata fragorosa e io non posso non unirmi a lui.
Appena fuori dal mio appartamento, lo saluto con un forte abbraccio promettendogli che andrò a trovarlo di nuovo in settimana.

Apro la porta d'ingresso e rimango incredula quando vedo Clark seduto nel mio soggiorno.

<< Mi prendi in giro? Che cavolo ci fai a casa mia? >> chiedo irritata.
<< Non rispondi al telefono da ieri, ti sembra una cosa normale? Che cazzo dobbiamo fare Giulia? Giocare al gatto e al topo? Non ho l'età per fare questi giochetti infantili >> sbraita gesticolando freneticamente mentre i suoi occhi di ghiaccio mi stanno trucidando.
Sgrano gli occhi perplessa mentre la rabbia inizia a crescere ad una velocità disumana. I miei respiri diventano più pesanti e gli occhi si riducono in due fessure, pronti a ricambiare il suo atteggiamento minaccioso.

<< Veramente? Mi hai dato bidone all'ultimo secondo per stare con i tuoi amici e pretendi pure che ti risponda al telefono? Per dirti cosa? Non abbiamo più niente di cui parlare>> urlo frustrata e stanca della sua strafottenza e del suo atteggiamento menefreghista.
Prendo fiato e continuo.
<<E poi come sei entrato in casa mia?>>
<< Mi ha fatto entrare la tua coinquilina. È molto simpatica >> ridacchia lui, mutando nel giro di pochi secondi umore.
Percepisco il suo tono di sfida mentre si sta prendendo gioco di me, mentre gioca con le mie insicurezze e le mie debolezze.

<< Vattene Clark, non sto scherzando. Devi andare via da qui subito >> ordino in tono severo mentre le mani iniziano a tremare a causa dell'agitazione che mi provoca anche solo la sua presenza.
Improvvisamente esausta dagli eventi delle ultime ore, mi siedo su una sedia. E aspetto di vederlo andare via dalla porta.

<< Non dici sul serio>> afferma mentre mi fissa negli occhi. Il suo atteggiamento sicuro di sé e prepotente lo rende incredulo alle mie parole e per un fugace lasso di tempo percepisco un senso di inquietudine attraversare il suo sguardo. Si morde il labbro quasi intimorito, ma ritorna ad assumere velocemente la sua disinvoltura.

<< Dobbiamo parlare >> continua
<< No. Non hai notato che non ho risposto a nessuna delle tue chiamate.? Se avessi avuto qualcosa da dirti avrei risposto. Non ti pare?>> ribatto acida.
<< Dove sei stata ieri sera ? >> chiede imperterrito e l'aria da uomo duro torna ad alloggiare sul suo volto.
<< Non hai il diritto di chiedermi un bel niente. Hai solo il dovere di andartene >> obietto seccata rivolgendogli uno sguardo tagliante.
All'improvviso scoppia in una risata isterica.

Ma che problemi ha?

<< Che c'è piccola, vuoi chiudere con me? >> Non mi piace per niente il tono che sta usando. Mi sta stuzzicando, sta mettendo a dura prova il mio insolito atteggiamento determinato e ostinato, che non è abituato a vedere.

Non so se voglio chiudere con lui.
Il racconto di Micheal mi ha completamente disorientato e nella mia mente una confusione assurda regna sovrana.
Ma so che sto mentendo a me stessa. So che nutro incertezze sul mio rapporto con Clark dall'istante in cui mi sono accorta di quei grandi occhi nocciola.
In quel momento, ero solo ipnotizzata dallo sguardo magnetico di Derek Holder, tutto il resto non esisteva più. Faticavo a non perdermi in quegli occhi che mi attiravano come una calamita. E non posso ignorare le sensazioni che si sono accanite addosso a me come una tempesta quando l'ho stretto in quella presa, quando l'odore della sua pelle invadeva prepotentemente le mie narici, quando il suo cuore pulsava sotto il mio viso, quando mi sono sentita protetta tra le sue braccia muscolose.

Abbasso lo sguardo e con un coraggio che forse ho inibito per troppo tempo dico <<Ho bisogno di stare un po' sola>>
Deve aver visto la serietà nei miei occhi perché pare tremendamente spaventato.

Clark spaventato di qualcosa? Questa si che è una novità!

<< Non dici sul serio >> esclama abbassando il tono di voce rispetto a qualche minuto fa mentre uno sprazzo di timore balena nel suo sguardo.
<< Si parlo sul serio. Sono stanca dei tuoi giochetti. Mi hai solo raccontato un sacco di cazzate. Adesso so chi sei davvero, so che cazzo hai fatto in tutti questi anni, mentre mi allontanavi dalla tua vita. Micheal mi ha raccontato tutto>> parlo a raffica e improvvisamente mi pento di aver nominato Micheal.

Ma è troppo tardi. I suoi zaffiri sono ridotti in due fessure e il suo petto esposto a causa della maglia troppo attillata si muove ad un ritmo irregolare. Stringe i pugni lungo i fianchi e capisco che si sta veramente incazzando.

<< Micheal chi? Micheal Stollfer? Cosa ti ha detto quel coglione? >> ringhia a denti stetti intanto noto che stringe i pugni ancora con più fermezza tanto da fare diventare le nocche bianche.

<< No.. cioè si, ma non ha detto niente di male. E poi non voleva nemmeno dirmelo. L'ho costretto io. L'ho bombardato di domande e poi è stato costretto a raccontarmi di te >> mi affretto a difenderlo, balbettando come una demente e capisco che la mia maschera forte e audace è scivolata dal mio volto lasciando limpidamente rivelare la mia insicurezza.
Non dovevo metterlo in mezzo. Mi sento tremendamente in colpa.

<< E perché tu gli avresti fatto tutte queste domande?? Sentiamo cazzo >> sbraita picchiettando il piede in attesa di risposte.
È troppo arrabbiato. Inizio ad avere paura.
<< Beh, perché...>>

E ora cosa mi invento?
Non posso dirgli che volevo avere informazioni su Derek.
<< Allora..>> mi incalza.
<< Volevo conoscerti realmente. Visto che tu non mi hai mai permesso di avere a che fare col tuo mondo. È colpa tua. Tu mi hai costretto ad estrapolare informazioni su di te, quando dovevi essere tu a rendermi partecipe della tua vita >> rispondo con una disinvoltura che non mi appartiene.
<< Non provare a scaricare la colpa su di me>> afferma agguantando la sua giacca di pelle e precipitandosi  fuori dall'appartamento.

<< Dove stai andando Clark? >> urlo correndogli dietro e raggiungendolo in strada.
<< Non sono affari che ti riguardano. Quando qualcuno sbaglia paga>> sentenzia senza nemmeno guardarmi negli occhi mentre si dirige a passo svelto verso la sua macchina.
<< No, Clark. Ti prego lascia stare Micheal. Cazzo giuro che se lo tocchi mi perdi per sempre >> lo supplico disperata.

Non potrei mai perdonarmi se accadesse qualcosa a Micheal.
Si volta per guardarmi e noto la vena del suo collo muoversi all'impazzata. Pare rifletterci, ma la mia implorazione non sembra fargli effetto. Mi rivolge un ultimo sguardo gelido, privo di sfumature e senza proferire parola sale nella sua macchina.

Entro in casa distrutta ed esausta.
Mi accendo una sigaretta mentre le prime lacrime iniziano a rifarmi le guance e una sensazione di solitudine si impadronisce di me sempre di più ad ogni nube di fumo che butto.
Non ho nessuno con cui sfogarmi, con cui parlare e mi manca terribilmente Luna, la mia migliore amica.

Lei era... una ragazza bellissima, gentile e disponibile con tutti. Il suo viso adornato da un ammasso di capelli ricci era decorato da innumerevoli lentiggini sparpagliate su tutta la sue pelle olivastra. Le sue labbra sottili erano sempre schiuse in un un sorriso educato e confortante.
Tutte le sere ci rifugiavamo in un angolo del suo giardino per fumare mentre eravamo intente a osservare le stelle, mentre parlavamo di tutto.
Perché con lei, solo con lei, potevo essere me stessa, senza filtri. Sotto i suoi occhi neri come la pece non mi sentivo giudicata o criticata per qualsiasi stranezza uscisse dalla mia bocca. Ogni mia paura moriva sul nascere non appena lei pronunciava quella parola " magica " che riusciva a farmi stare bene, anche quando tutto intorno sembrava fare schifo.
Ma era ribelle, priva di regole, spericolata. Libertà era il suo motto, talmente tanto credeva in quella parola da tatuarsela in dimensioni esagerate sull'avambraccio.

Ma mi sono sempre domandata cosa sarebbe  successo se avesse messo un po' da parte quella
parola, se avesse attribuito ad essa la giusta importanza, se avesse capito che essere libera non significa fare tutto quello che ci pare. Mi sono sempre chiesta cosa sarebbe successo se le avessi impedito di mettersi al volante dopo che aveva bevuto.

Ma il suo carattere particolarmente spericolato la spingeva a sentirsi  immortale e invincibile.
E forse un po' ci credevo anche io, fino a quando non mi sono ritrovata ad aspettare  in un'angusta sala d'attesa, mentre percepivo un insieme di mormorii intorno a me.
Non riuscivo a comprendere quello che dicessero.
Ma una frase...una sola frase...la capii perfettamente, e questa frase rimbomba nel mio cuore ogni giorno

" Questa ragazza ha perso troppo sangue. Troppo sangue"

Acquisii di colpo lucidità e iniziai a domandare di Luna disperatamente. Urlavo e piangevo.
Volevo vederla.
Volevo vedere come stava.

I miei genitori mi raggiunsero al pronto soccorso. Il viso di mia madre era rigato dalle lacrime e con voce tremante tentava a stento di calmarmi, mio padre aveva gli occhi rossi e lucidi e la sua mano tremava ad un ritmo incessante.
All'improvviso vidi uscire da una stanza i genitori di Luna disperati, tremanti e frustrati accompagnati da un medico.
Riuscì a sentire le sue parole " mi dispiace " e osservai i genitori di Luca cadere nell'oblio della disperazione.
In quel momento capii che avevo perso la mia migliore amica.

Sentii un dolore allucinante nel petto, come se fossi stata accoltellata contemporaneamente da cento spade. Non sentivo più le voci intorno a me, sentivo rimbombare soltanto la mia voce che urlava distrutta il suo nome.
E poi, soltanto il vuoto.
La vita mi ha privato di lei, una delle poche persone più importanti della mia vita. Ecco perché, da quella sera mi promisi che non avrei mai toccato il volante se avessi bevuto.
Se Luna non fosse stata ubriaca, avrebbe visto in tempo il muretto contro cui si stava schiantando, sarebbe andata molto meno veloce, e ora sarebbe qui con me.

Adesso, fumo questa sigaretta mentre la
immagino chinata al mio orecchio per  sussurrarmi una delle sue parole  magiche.
Da sempre la sento vicino, anche adesso che non c'è.

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