•Capitolo 10•

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La barca è più sicura nel porto.
Ma non è per questo
che le barche sono state costruite.
( Paulo Coelho)
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La mattina seguente mi dirigo all'università per seguire le ultime lezioni della settimana e sulle mie labbra secche, a causa della brezza invernale, germoglia un lieve sorriso, felice che sia finalmente arrivato il weekend.
Non che abbia grandi progetti in realtà, ma almeno posso rilassarmi e recuperare il sonno perduto.
Mi stringo forte nel cappotto per ripararmi dal freddo impetuoso e quasi impercettibili gocce di pioggia si riversano sul mio viso mentre cammino a passo svelto per raggiungere l'Università.

So bene che dovrei scrivere a Clark. Ho cercato di rimandare una potenziale discussione conflittuale il più tardi possibile. Ma mi rendo effettivamente conto che non ha il minimo senso continuare a scappare come una codarda, prima o poi devo affrontarlo.

Faccio un respiro profondo e con fare un po' titubante sfilo il telefono dalla tasca del cappotto per scrivergli un messaggio.

" Clark dovremmo parlare".

Osservo a lungo il testo del messaggio prima di spedirlo, piegando la testa di lato, come se da un'altra prospettiva potesse cambiare il significato.
Inspiro rumorosamente e pigio il pulsante invio. Mentre sto per infilare il telefono nuovamente nella giacca, lo sento vibrare, segno che è arrivato un messaggio.
Leggo subito il contenuto.

" Okay...Quando? "

Non pensavo rispondesse così. Immaginavo che avrebbe fatto il difficile come al solito, complicando ulteriormente la situazione, invece non può che non stupirmi questa insolita reazione.

" Possiamo vederci questa sera?"
" Alle sei vengo da te"
" Okay" rispondo e la conversazione termina all'istante.
In realtà non so bene cosa dirgli. Vorrei potergli fare alcune domande: vorrei capire perché non mi hai mai detto nulla riguardo allo stile di vita che conduce da quando ha iniziato a frequentare l'università, ma so che in tal modo metterò di nuovo in mezzo Micheal e non mi pare il caso. Clark è talmente imprevedibile che potrebbe pentirsi di non avergliela fatta pagare se riprendo nuovamente il discorso.

Giungo finalmente in aula e intravedo il tipo dalla lunga barba di ieri seduto agli ultimi posti. Lo raggiungo a passo esistente, d'altronde è stato l'unico a rivolgermi la parola, tanto vale provare a fare amicizia.
Capisco che prima di diventare un minimo amichevole devo essere perlomeno al secondo bicchiere di vino, ma non sono poi così asociale e scorbutica.
Sono solo abbastanza riservata.

<<Ciao>> squittisco prendendo posto accanto a lui con un atteggiamento che definire strambo sarebbe un blasfemo.
<< Ciao italiana >> sorride lui calorosamente, consentendomi subito di sentirmi a mio agio e di allentare i lineamenti impacciati del mio volto.
<< Di quale città è la famiglia di tuo padre? >> chiede curioso.
<< Emh.. mio padre è di una piccola città del sud Italia. Non penso tu la conosca>> rispondo tartagliando lievemente mentre sfilo i libri dallo zaino.
<< Io adoro l'Italia. Sono stato in un sacco di città, una più bella dell'altra>> esclama lui.
Annuisco abbozzando un fioco sorriso. Sebbene non abbia mai avuto occasione di visitare molte città italiane, da quel poco che ho visto ho potuto costatare che è veramente affascinante sotto ogni punto di vista.

<< Il mio ex ragazzo vive a Verona. È davvero bella quella città>> afferma e percepisco una nota di tristezza nel timbro della sua voce mentre i suoi occhi si abbassano lentamente e inizia a torturarsi le pellicine intorno alle unghie.

Rimango un attimo allibita dinanzi quella sua implicita confessione così schietta e sincera.
Non pensavo fosse gay.
E mi piace il fatto che l'abbia detto con molta disinvoltura e franchezza.

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