!SOSPESA! Bad Love

By --_Phoenix_--

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Nessuno ha una vita semplice. E quella della diciassettenne Ariet Johnson non faceva eccezione. Dopo un passa... More

~1~ Los Angeles
~2~ Incidente.
~3~ Palla.
~4~ Infermeria.
~5~ Acqua.
~6~ Jacob.
~7~ Dylan.
~8~ Vicolo.
~9~ Ti Stupirò.
~10~ Team.
~11~ Festeggiamenti.
~12~ Risveglio.
~13~ Emmett.
~14~ Base.
~15~ Roman.
~16~ Festa.
~17~ Morgan.
~18~ Casa Black.
~19~ Piccolo Sfogo.
~20~ Notte di Stelle.
~21~ Parole come aghi.
~22~ Post-it.
~23~ Preparativi.
~24~ Viaggio.
~25~ Salt Lake City.
~26~ Seconda Casa.
~27~ Ufficialmente Team Black.
~28~ Fireproof.
~29~ Ride out.
~30~ Deep.
~31~ Anchor.
~32~ Party fuori sede.
~33~ Escape.
~34~ Together.
~35~ Si ricomincia.
~36~ Run Away.
~37~ Come una tempesta.
~38~ Vecchi amici.
~39~ Nuova Vita.
~40~ Improbabili Amici.
~41~ Segreti Svelati.
~43~ Hurt Me.
~44~ Giorni Nuovi.
~45~ Let Them Know.
~46~ Parlare.
~47~ Burn.
~48~ Parola Perfetta.
~49~ Il Vero.
~50~ Falling Skies.
~51~ Promesse Sussurrate.
~52~ Live Wires.
~53~ Gioco Senza Innocenti.
~54~ Afterglow.
~55~ Chi È Jacob?
~56~ Anime Perdute.
~57~ Chris Reed.
~58~ Pierce.
AVVISO
NUOVA STORIA

~42~ With...out.

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By --_Phoenix_--

La primavera era ormai arrivata anche a Los Angeles e, come da tradizione, il liceo cittadino più importante ne festeggiava l'arrivo con 'La festa di primavera', un nome molto banale ma che per gli studenti dell'ultimo anno significa moltissimo. Per loro, infatti, quella sarebbe stata l'ultima festa dell'anno prima del diploma, una festa dove ogni damigella era accompagnata da un valoroso cavaliere. L'aria di tensione e felicità si avvertiva anche in casa Johnson dove la minore dei due figli si stava preparando per quell'importante evento. 

"Dai tesero, il tuo cavaliere sarà qui a momenti"  la chiamò il padre dal piano inferiore. La famiglia era riunita ai piedi delle scade in attesa che la figlia scendesse. La madre, Dana, avvolta in un delicato abito azzurro con ricami floreali, stringeva la macchina fotografica cercando di trattenere l'emozione, il fratello maggiore, Alec, le era accanto ad evitare che iniziasse a saltellare di qua e di la in preda al panico, ma anche lui non vedeva l'ora di veder scendere la sorellina. Il padre Shawn, invece, era fermo e guardava le scale con fare sognante, la sua bambina era diventata una donna ormai e per lui era sia una gioia che una tristezza. 

"Eccomi, sono pronta" si sentii dire dalla cima delle scale, dove, pochi secondi dopo, la famiglia vide scendere la piccola di casa, Ariet, più bella che mai, indossava un abito blu notte lungo ed elegantissimo, i capelli rossi erano accuratamente arricciati nelle punte e il trucco esaltava i suoi grandi occhi scuri. 

"Sei bellissima piccola mia" disse il padre non appena Ariet gli fu davanti. L'abbracciò stringendola forte a sé, come se quello potesse essere il loro ultimo momento insieme. 

"Grazie papà... ti voglio bene" rispose lei assaporando quell'abbraccio. 

"Anch'io tesoro, non dimenticarlo mai" aggiunse Shawn lasciando la figlia libera di respirare. Dopo aver ricevuto i complimenti e gli abbracci anche da parte di Dana e Alec, il campanello suonò, rivelando il suo cavaliere, Dylan, vestito di tutto punto e con un delicato corsage da polso per la sua damigella. 

"Ce ne hai messo di tempo" sorrise Ariet avvicinandosi a lui. 

"Essere belli richiede il suo tempo" si pavoneggiò lui mostrando con orgoglio il suo outfit. 

"Hai ragione, sei fantastico" rise lei prima di lasciargli un bacio veloce sulle labbra. Di solito lui preferiva 'approfondire' il bacio, ma non sembrava il caso vista la famiglia di Ariet alle loro spalle. 

"Mi raccomando" disse Alec lanciando occhiate assassine a Dylan. 

"Lascialo Alec, è un bravo ragazzo" sorrise Shawn avvolgendo le spalle di Dana con un braccio e rivolgendo un occhiolino d'intesa a Dylan. I due salutarono in fretta la famiglia e salirono in auto verso la festa che si sarebbe tenuta nella palestra della scuola. 

~~

La festa era ormai iniziata da tempo, la pista era piena di ragazzi e il tavolo degli alcolici completamente a secco. In tutta quella confusione Ariet non riusciva più a trovare Dylan e il suo cellulare aveva appena preso a squillare, si fece spazio tra la folla di ragazzi ubriachi e sudaticci fino alla porta della palestra. Una volta fuori in corridoio riuscii a rispondere alla chiamata, era sua madre. 

"Ariet... sono la mamma..." la sua voce era molto affannata e distrutta, questo fece subito scattare un campanello d'allarme nella testa della ragazza.

"Che succede?" chiese Ariet. 

"Papà e Alec... erano usciti per andare a prendere gli zii in aeroporto ma hanno avuto un incidente. Sto andando in ospedale, ti aspetto lì" rispose velocemente per poi riagganciare. Il respiro di Ariet si mozzò e prese a correre per i corridoi in cerca di Dylan, dovevano andare immediatamente in ospedale. Il primo luogo dove cercare che le venne in mente fu il bagno degli uomini, così, non appena fu davanti alla porta la aprì senza pensarci due volte e la scena che si trovò davanti la paralizzò. Dylan era mezzo nudo e baciava con foga la ragazza appoggiata alle pareti del bagno, lui vide Ariet ma continuò a baciare la ragazza con un sorrisetto soddisfatto sul viso. Il cuore di Ariet andò in frantumi mentre cercava di dare un senso a quello che stava succedendo, fino a quando il cellulare le squillò di nuovo, stavolta era un messaggio in segreteria. 

"Ariet... sono la mamma. Non ce l'hanno fatta..."  la voce di sua madre le arrivò forte e chiara come un pugno allo stomaco. Tutto intorno a lei prese a girare, niente aveva senso, doveva far parte tutto di uno scherzo di pessimo gusto. Sembrava surreale, eppure il dolore che provava era vero, le lacrime che scendevano dai suoi occhi erano vere, le sue urla disperate erano vere, il senso di vuoto dentro di lei era vero... fino a quando non divenne tutto bianco. 

~~

Ero nel salotto di casa mia, o almeno così sembrava, ma era tutto troppo pulito e bianco. Cos'era appena successo? O meglio, cosa stava succedendo? Iniziai a guardarmi intorno spaesata quando ad un tratto vidi una figura maschile a qualche passo di distanza da me, era Alec. Ma non somigliava più a come lo ricordavo, era un uomo, come se non fosse mai morto. 

"Alec?.." lo richiamai sentendo le gambe farsi sempre più gelatinose. Non poteva essere lì.

"Potevamo essere una famiglia ma tu hai deciso di portarmi via tutto" disse lui ma con una voce innaturale, per niente umana. A quelle parole un'altra figura fece il suo ingresso nella stanza.

"Mia figlia non avrebbe mai permesso che due di noi si sacrificassero così che lei potesse continuare la sua patetica vita" disse mio padre entrando con la maglietta squarciata e piena di sangue e il volto sfigurato. A quella vista feci un passo indietro tremante, non era vero... non poteva esserlo. 

"Non siete qui davvero" mormorai indietreggiando ancora. 

"Ci hai uccisi, tutti e due. Non ti senti in colpa... 'sorellina'?" disse Alec facendo un passo verso di me quando all'improvviso una macchia rosso sangue si face largo nel suo petto. Soffocai un grido di paura e cercai di indietreggiare ancora di più. Tremavo, la mia mente non poteva fare un lavoro così impeccabile, ma non poteva nemmeno essere la realtà. Ero morta e quello era il mio inferno personale? Più plausibile. 

"Non siete qui" ripetei ancora sperando che quel brutto scherzo finisse. 

"Come potremmo? Siamo morti per te. Rimpiango quel giorno ogni istante. Se tu non fossi nata forse sarei rimasto a casa e avrei dato ad Alec la famiglia che meritava e invece no. Non lo capisci? Rovini tutto quello che tocchi sin da quando eri piccola" disse mio padre facendo anche lui un passo avanti. Le loro parole mi arrivavano al petto come lame affilate. Non riuscivo più a starli a sentire. Mi accasciai alla parete del salotto scivolando giù fino al pavimento. Mi coprii le orecchie con le mani e mi costrinsi a svegliarmi ma per quanto mi sforzassi loro non mi lasciavano andare. Le loro parole continuavano a tormentarmi. 

"Non sei abbastanza"

"Perché non ti togli di mezzo e fai un piacere a tutti?"

"Sei stata un peso persino per tua madre"

"Sono sicuro che abbia fatto i salti di gioia quando te ne sei andata" 

"Non vali niente, accettalo"

"Sei stata tu ad ucciderci, è per colpa tua se Dylan se n'è andato"

"Non riesci proprio a non rovinare tutto" 

"Se resti sola magari vivranno tutti più a lungo"

"Distruggi tutto quello che tocchi" 

Non ce la feci più... e urlai più forte possibile.

~~  

Mi svegliai di soprassalto colta da un familiare senso di nausea, non ebbi nemmeno il tempo di guardarmi attorno nella ricerca di qualcosa nel quale vomitare che subito mi sentii afferrare saldamente per le braccia.

"Ariet, Ariet svegliati, è tutto ok adesso" disse la voce incitandomi ad aprire gli occhi. Spalancai gli occhi mettendomi seduta di scatto e solo in quel momento mi accorsi di avere il viso completamente rigato dalle lacrime e la gola che mi faceva un male terribile. All'improvviso iniziai a ricordare tutto quello che era successo e realizzando così che quello che avevo appena fatto era stato l'incubo peggiore di tutta la mia vita. Mi feci prendere un attimo dal panico ricordando che ero andata via di casa e nient'altro, ma mi rassicurai non appena vidi gli occhi preoccupati di Victor fissi e vigili su di me. 

"V-victor..." mormorai con quanta più voce possibile afferrando il suo braccio come per ancorarmi a qualcosa. Sembrava come se tutto si muovesse e dei brividi continuavano a scuotermi. 

"Mi hai fatto prendere un colpo..." disse avvicinandosi ancora di più a me senza mai smettere di guardarmi. Distolsi quasi subito lo sguardo, non riuscivo a reggermi da sola, si muoveva tutto e la testa continuava a pulsare.

"Co-.... Cos'è- successo..?" chiesi sforzandomi di far uscire la voce. 

"Ero uscito per andare a prendere qualcosa al mini market quando ha iniziato a diluviare così sono tornato sulla strada di casa e ti ho vista camminare con un grosso borsone, ti ho chiamata ma non ti sei girata e all'improvviso sei finita faccia a terra in un'enorme pozzanghera" spiegò e subito i ricordi iniziarono a venire a galla troppo velocemente. In rapida successione la mia mente passò dall'incontro con Justice alla discussione con mia madre, dalla breve visita a casa di Dylan agli incubi e tutto prese a girare molto più forte. 

"Vic... dov'è il bagno?..." chiesi sentendo il senso di vomito farsi sempre maggiore. Lui mi guardò con un misto di confusione e preoccupazione indicando una porta aperta a qualche passo da dove eravamo noi. Con un balzo saltai giù dal letto e mi precipitai in bagno, di solito, per una stupida abitudine, avrei chiuso la porta a chiave ma quella volta non feci in tempo, mi accasciai a terra vicino al wc e buttai fuori tutto quello che avevo dentro, iniziai a vomitare e in automatico ricominciai a piangere. Victor si alzò di scatto e mi fu accanto in men che non si dica. 

"Ariet, ci sono qui io, respira" provò poggiando una mano sulla mia schiena ma io non lo sentivo nemmeno, iniziai a far fatica persino a respirare ma nonostante questo gridai, volevo che quei pensieri e sensi di colpa finissero. Non è colpa tua la bugia che continuavo a ripetermi, non era colpa mia se mio padre era morto, non era colpa mia se Justice e Dean non ci avevano visti crescere, non era colpa mia se Alec non c'era più, non era colpa mia se Dylan continuava a stancarsi di me dopo poco. Ma non prendevo in giro nessuno, non ci credevo nemmeno io. Avevo messo in pericolo un intera squadra, ero un costante pericolo per tutto, era vero... chiunque mi stava accanto faceva una brutta fine. 

"Tranquilla, respira piano" disse Victor avvolgendomi nelle sue braccia e stringendomi forte a sé. 

"Ho rovinato tutto... non voglio che anche tu soffra" piansi sul suo petto odiandomi per tutto quello che avevo fatto, per le scelte sbagliate e per la mia debolezza. 

"Non succederà" provò ancora accarezzandomi dolcemente il braccio. 

"Tu non sai quello che è successo..." dissi tra le lacrime sforzandomi di non riprendere a vomitare. 

"So tutto" disse con mia grande sorpresa e subito sollevai la testa di scatto. Pessima scelta, tutto iniziò a girare così ci ripensai e tornai ad accovacciarmi sul suo petto. Ero esausta, volevo solo chiudermi in una stanza a piangere.

"Mentre dormivi il tuo cellulare non ha mai smesso di squillare, ho parlato con tua madre, tua zia e Chris. Ma non ho risposto alle 10 di Sophia e alle mille di Dylan, infatti l'ho anche chiuso il cellulare, dopo un po' stavo per impazzire" spiegò sospirando. A quelle parole un campanello d'allarme suonò nella mia mente. 

"Hai parlato con mia madre?!" chiesi sconvolta lasciando che la rabbia prendesse il posto della tristezza. Il solo pensiero di mia madre mi faceva contorcere lo stomaco. 

"Le ho detto che eri da me e di non preoccuparsi, dopo ha chiamato tua zia Justice cercando di te e mi ha spiegato brevemente tutto e l'ho convinta a darti qualche giorno per riprenderti" rispose e per poco non gli diedi un pugno. Mi alzai di scatto e presi a camminare a grandi passi verso la camera quando all'improvviso non sentii più il pavimento sotto ai piedi e caddi in ginocchio proprio ai piedi del letto, rimasi immobile, con le braccia aggrappate al letto e il respiro giurai che per qualche secondo si fosse fermato. 

"Mi dispiace così tanto Ariet.." disse Victor in piedi alle mie spalle. 

"Era tutta una bugia, la mia intera vita lo è stata" crollai mentre una nuova ondata di lacrime mi rigava le guance. Sprofondai la testa tra le braccia mentre il materasso, sotto queste ultime, attutiva i singhiozzi. 

"Andrà tutto bene, non sei più sola" disse Victor inginocchiandosi accanto a me e posando una mano sulla mia schiena. 

"Non capisci! Io non voglio che succeda qualcosa di male anche a voi!" dissi con quanta più voce avessi alzando di scatto la testa e girandomi verso di lui. Se anche lui se ne andasse non riuscirei a perdonarmelo. 

"Non accadrà niente a nessuno" ribadì fissando il suo sguardo nel mio con decisione. In un attimo allacciai le braccia attorno al suo collo e lo strinsi forte in cerca di qualcosa a cui aggrapparmi, non riuscivo più a sopportare tutto e lui era l'unico in quel momento che poteva aiutarmi. 

"Va tutto bene Piccola Jo, ci sono io" disse ricambiando l'abbraccio. Allora non mi trattenni più, lasciai che fossero le lacrime a lavare via tutta la tristezza e il dolore che mi portavo dentro. 

~~

Erano le tre del pomeriggio quando, seduta nel divano del salotto di Victor, scoprii di avere la febbre a 38.8. Lui era entrato nel panico quando aveva realizzato di non aver alcun tipo di farmaco in casa, ma lo avevo tranquillizzato dicendogli che sarei stata meglio anche solo con un po' di thé caldo, era ovviamente una bugia ma non potevo di certo fargli pesare una cosa del genere dopo che quella mattina non era andato a scuola solo per badare a me. 

"Okay, ho chiamato Chris ha detto che domani quando esce da scuola ti porta qualcosa" disse Victor uscendo dalla cucina con in mano il suo cellulare e una tazza rossa piena di thé caldo che mi porse. 

"Mi dispiace che tu oggi non sia potuto andare a scuola per colpa mia" dissi per la centesima volta per poi gonfiare le guance come uno scoiattolo e soffiando sulla bevanda bollente. 

"Non lo dire nemmeno per scherzo, non potevo lasciarti sola. Ma probabilmente domani andrò, Matthews mi uccide se non vado all'interrogazione" disse sollevando le mie gambe da sopra il divano, si sedette e le riabbassò su di lui, gesto che apprezzai follemente. Feci un verso che nemmeno io decifrai bene per fargli capire che lo ascoltavo, ma in realtà rileggevo i mille messaggi che mi aveva mandato Dylan durante tutta la notte e gran parte della mattina. 

"Continua a scriverti?" mi chiese Victor girandosi verso di me e capendo quello a cui pensavo. 

"Un messaggio ogni venti minuti e una chiamata ogni mezz'ora" annuii riprendendo a scorrere lungo la casella dei messaggi. Quello che scriveva era più o meno sempre uguale 'Dove sei?', 'Ti prego rispondi', 'Lascia che ti spieghi' ecc.. Non aveva smesso nemmeno un attimo. 

"Hai intenzione di rispondere?" mi chiese sospirando. Feci di no con la testa e mi costrinsi a chiudere il cellulare una volta per tutte lasciandolo sul tavolino di fronte al divano. 

"Dopo ieri non voglio parlare con nessuno, finirei con il piangere di nuovo e soffrirei più di quanto non soffra già. Penso che non rivolgerò la parola a mia madre per anni, non sarò mai pronta a parlare con lei... e con Dylan ho visto abbastanza" risposi per poi bere un sorso di thè ancora caldo. Non avevo smesso nemmeno un secondo di pensare a tutto quello che era successo e l'immagine di Dylan con Celia rientrava nella categoria di scene che non accennavano a lasciare la mia mente. Ero una stupida ad offendermi semplicemente perché lui aveva trovato qualcuno con cui passare il suo tempo, ma proprio non ce la facevo, mi fidavo di lui ed ero quasi disposta ad accettare il fatto che provassi qualcosa per lui ma effettivamente non erano sentimenti ricambiati. 

"Potresti almeno lasciare che ti spieghi cos'è successo" provò per poi accendere la televisione.

"Non c'è niente da spiegare, quello che ho visto mi basta e smettila di difenderlo" dissi posando la tazza vuota di thé sul tavolino e scivolando sul divano fino a sdraiarmi. Da quando gli avevo raccontato com'ero finita svenuta in quella strada non aveva fatto altro che difendere Dylan e questo non faceva altro che innervosirmi. 

"Non lo sto difendendo dico semplicemente che potresti lasciarlo parlare" disse ma vedendo che non accennavo a rispondere lasciò perdere. Passammo il resto del giorno a guardare episodi su episodi delle mie serie tv preferite, Vic sapeva come farmi stare meglio. Quando iniziai a sentire gli occhi pesanti lo salutai e tornai nella camera degli ospiti dove mi sdraiai abbracciando uno dei due cuscini che c'erano sul grande letto. Strinsi forte nella mano il ciondolo con la piccola stella che mi aveva regalato Alec prima di sparire e ripensai a tutti i momenti che avevamo passato insieme e a come sarebbe stato se papà non fosse mai morto. Mi addormentai con le lacrime agli occhi e la convinzione che ovunque fossero papà e Alec mi avrebbero sempre voluta bene almeno quanto io ne volevo ancora a loro. Non li ho uccisi io, la mia unica colpa è stata quella di amarli, ma non me ne sarei mai pentita, li avrei amati fino all'ultimo respiro. 

~~

Mi svegliai di soprassalto completamente sudata e con le ossa doloranti. Utilizzai tutte le forze che avevo per afferrare il termometro accanto all'orologio, scoprendo così che erano ben le tredici, avevo dormito come un sasso eppure la febbre non era scesa, 38.9. Mi costrinsi ad alzarmi e a farmi una doccia, puzzavo come le fogne. Il getto d'acqua calda emanava un tepore piacevole ma non serviva ad attenuare il mal di testa e la sensazione di non avere nemmeno la forza di stare in piedi. Uscii in fretta dalla doccia e afferrai dei vestiti dal borsone, una maglia a mezze maniche nera, una giacca altrettanto nera con solo delle strisce bianche lungo le braccia e un paio di leggins. Indossai tutto e decisi di lasciare i capelli sciolti dopo averli asciugati. Scesi al piano inferiore tirando su con il caso almeno venti volte e lessi il biglietto che Victor aveva lasciato sul tavolo della cucina:

"Torno presto, in frigo c'è della verdura e un po' di pollo. Ti farà bene mangiare qualcosa

-V

Appallottolai il biglietto e lo gettai nel cestino. Mi avvicinai ai fornelli e preparai un'altra tazza di thé, mi sedetti nella penisola della cucina con davanti la tazza e due biscotti al limone. 'Devi mangiarli' mi ripetevo fissando quei biscotti come se fossero i miei peggiori nemici. Ne presi uno, lo intinsi nel thé e lo morsi, subito il mio stomaco si chiuse e faticai anche solo a mandare giù quel boccone. Finii in fretta il thé e lavai la tazza rimettendola al suo posto, non appena varcai la soglia della cucina per uscire e andare in salotto la porta dell'ingresso si aprì e subito si distinsero due voci forti e familiari. 

"Ma si può sapere chi ti ha dato la patente? Ma ti sembra modo di guidare?!" si lamentò Chris mentre apriva la porta con le mani piene di buste, al suo seguito c'era Victor, indaffarato e pieno di buste dalla testa fino a piedi, erano una bella coppia insieme. Chris alzò lo sguardo e subito incontrò il mio, in men che non si dica si era gettata letteralmente tra le mie braccia stringendomi forte, rimasi un attimo imbambolata e per la sorpresa rischiai persino di cadere. 

"Okay ora basta, non vorrei che mi attaccassi qualcosa" disse allontanandosi di colpo e sistemandosi il vestito bianco a fiori. Al suo comportamento non riuscii a trattenere un sorriso, nonostante il nostro primo incontro, in queste settimane avevo capito che in fondo non era poi così male anche se rimaneva un po' egocentrica e acida, ma aveva imparato a contenersi. Nel frattempo Vic era andato a posare le buste della spesa in cucina e dopo poco ne uscì ringiovanito.

"Ciao Piccola Jo" mi salutò sorridendo e lasciandomi un bacio tra i capelli. Stavo per ricambiare il saluto quando sentii solleticarmi il naso, Chris intuì cosa stava per succedere e migliaia di campanelli d'allarme scattarono nella sua mente. 

"NOOO" urlò estraendo, da una delle buste che avevamo in mano, un fazzoletto e premendomelo sul naso giusto pochi istanti prima che starnutissi. 

"I germi Johnson... i germi" disse guardandomi con lo sguardo di chi avrebbe voluto strapparmi il setto nasale e usarlo come appendiabiti. 

"Scusa.." borbottai prendendo il fazzoletto e usandolo per soffiarmi il naso, ero messa proprio male. 

"Vai a sdraiarti nel divano, io sciolgo un'aspirina nell'acqua e te la porto, dovrebbe far scendere la febbre" propose Chris scacciando in fretta me e Vic e prendendo a camminare tranquillamente verso la cucina come se fosse casa sua. Sospirammo e ci incamminammo verso il salotto dove mi gettai a peso morto sul divano, mi faceva male tutto. 

"Come ti senti?" chiese Victor prendendo posto nella penisola del divano, esattamente accanto a me. 

"Come se un tir mi fosse passato di sopra" risposi anche se sapevo benissimo che non era quello che intendeva lui, ma non mi andava di riprendere l'argomento. 

"Hai provato a riaprire il cellulare?" mi chiese ancora facendomi capire che non avrebbe mollato finché non gli avessi dato le risposte che cercava. Così mi limitai semplicemente a fare no con la testa. Non avrei riacceso quel cellulare per niente al mondo.

"Hai intenzione di parlare almeno con tua zia?" chiese sospirando e guardandomi apprensivo. Justice... la zia comparsa dal nulla che mi aveva stravolto l'esistenza, se non mi avesse trovata probabilmente non avrei mai saputo la verità.

"Si, abbiamo tanto da dirci, ma non credo che questo sia il momento più adatto" dissi mettendo le gambe sul divano e appoggiando la schiena sul bracciolo. Avevo talmente tante domande da farle.. ma preferivo aspettare, dovevo ancora mettere in ordine tutti i pensieri. 

"Lui c'era oggi?" chiesi dopo qualche secondo di silenzio non riuscendo a tenere quella domanda per me. Iniziai a giocherellare con le dita mentre sentivo il suo sguardo su di me, mi stava facendo sentire una stupida e forse lo ero davvero. 

"No" rispose semplicemente prima che Chris uscisse dalla cucina con in mano un bicchiere pieno d'acqua. 

"Tieni, ho letto tutto il foglietto illustrativo, devi prenderne una adesso e una prima di andare a letto, rigorosamente a stomaco pieno" disse porgendomi il bicchiere. La ringrazia e ne bevvi il contenuto tutto d'un fiato per non sentirne il gusto chimico. 

"Comunque devi dire al tuo ragazzo di darsi una calmata" si lamentò lei spostando le mie gambe e sedendosi accanto a me. A quella frase sollevai lo sguardo su di lei e la guardai come a chiederle di che diamine stava parlando, ma Victor capì a che cosa, o meglio, a chi si riferiva. 

"Dylan, è da ieri sera che mi chiama e mi manda messaggi chiedendo di te, non lo sopporto più, è snervante" disse lei prendendo il cellulare e iniziando a scorrere i nuovi post su Instagram. Non sapevo come reagire esattamente a quelle parole, sapevo che mi stava cercando ma non ne volevo sapere di sentire quello che aveva da dirmi, avrei dovuto affrontarlo e ne ero consapevole, ma in quel momento non ne avevo la forza di sentirmi dire che Celia era diventata la sua ragazza o chi sa che cosa. 

"Cosa... cosa ti ha detto?" chiesi passando il dito sul bordo del bicchiere ormai vuoto. Chris alzò lo sguardo dal telefono e si girò verso di me con un sorriso triste e tirato. 

"So che cosa hai visto, ho provato a farmi dire il perché ma vuole parlare solo con te, dirà la verità solo a te" rispose lisciandosi i capelli biondi. 

"è a pezzi..." aggiunse all'improvviso guardandomi dritta negli occhi. Sentivo anche lo sguardo di Victor fisso su di me e mi sentii contorcere lo stomaco, Dylan meritava di poter spiegare ma non era lui il problema, ero io, avevo troppa paura, paura che lui potesse mandare in fumo quell'ultimo brandello del mio cuore che era ancora inevitabilmente attaccato a lui, volevo che lui non mi ferisse, come a quanto pare stavano facendo tutte le persone alle quali tenevo, se lui distruggesse quel piccolo brandello probabilmente perderei ogni speranza, smetterei di fidarmi, rimarrei sola per sempre a maledirmi per aver mandato tutto in aria. 

"Stanno succedendo troppe cose... io non ce la faccio..." dissi piano appoggiando il bicchiere sulle mie gambe e coprendomi il viso con le mani, dovevo controllare i miei pensieri se prendessero di nuovo il sopravvento probabilmente Vic non sarebbe riuscito a calmarmi e la situazione sarebbe sfuggita di mano a tutti, volevo solo guarire dall'influenza e per farlo non dovevo pensare alla mia famiglia, a mia madre e a Dylan, era categorico. Sentii una mano afferrare delicatamente la mia fino a spostarla via dal mio viso. 

"Sai perché ti odiavo all'inizio, quando ti ho conosciuta? Perché hai quella forza che a me manca, da subito hai fatto scattare in Dylan qualcosa, sei riuscita a tenergli testa e l'hai cambiato senza nemmeno accorgertene. Abbiamo tutti dei momenti di debolezza ma riusciamo sempre a uscirne e sai come? La voglia di lottare è sempre più forte dell'istinto di lasciare andare. Combatti i tuoi demoni e ne uscirai trionfante ma non saprai di esserne capace finché non ci proverai" disse Chris con una serietà tale da stroncarmi, rimasi a fissarla mentre le sue parole mi frullavano in testa, era incredibile che quelle parole fossero uscite dalle sue labbra.

"E hai anche bisogno di una nuova crema per le mani" disse lasciandomi di scatto la mano con una smorfia e tornando a giocherellare con il cellulare ma vidi un lieve sorriso affiorare sul suo viso. Sorrisi a mia volta e finalmente capii chi era veramente Chris Reed, non un oca popolare facile da portare a letto, ma una ragazza che sapeva essere gentile e saggia quando voleva e che semplicemente si nascondeva dietro una maschera. Le sue parole significavano tanto. 

"Vado io" annunciò Victor quando all'improvviso il telefono di casa iniziò a squillare. Quando uscì dalla stanza Chris aveva già preso il telecomando del televisore e aveva iniziato a fare zapping tra i film disponibili. 

"Ora che quel ragazzo dai pessimi gusti se n'è andato, cosa vuoi guardare?" mi chiese continuando a scendere lungo la lista, mentre scorreva lessi alcuni titoli interessanti ma nessuno mi catturò particolarmente. Quando finalmente arrivammo nella sezione dei film romantici e stavo per far notare a Chris un film di cui avevamo parlato la settimana prima e che volevamo vedere entrambe, Victor rientrò in salotto. 

"è per te" mi disse porgendomi il telefono e incitandomi a prenderlo. Lo guardai in cerca di qualche segno che mi facesse capire chi fosse ma niente, da lui non traspirava assolutamente niente, poteva essere chiunque. Con mano tremante afferrai il telefono e richiamai all'attenzione chiunque ci fosse dall'altra parte. 

"Ariet, grazie al cielo!" disse una voce familiare evidentemente sollevata nel sentire la mia voce. 

"Justice" dissi senza nascondere la mia sorpresa, avevo detto a Victor che non ero ancora pronta per parlarle ma in fondo doveva essere preoccupata a morte per me e non era giusto ignorarla. 

"Lo so che hai bisogno di tempo ma io... non potevo non verificare come stai" spiegò anche se non ne aveva motivo, la capivo. 

"Stanno succedendo troppe cose... ho scoperto troppe cose, mi chiedo ancora dove ho sbagliato?" dissi finendo quasi in un mormorio, ero sfinita, esausta, delusa.. era tutto troppo. 

"Tu non hai fatto niente tesoro mio, sei solo una delle vittime delle decisione di altre persone" disse lei sospirando. 

"Se io non fossi nata magari papà sarebbe rimasto a casa con Alec e la mamma e avrebbero vissuto insieme una vita felice.." pronunciai quelle parole per la prima volta ad alta voce e un dolore lancinante mi colpii in pieno petto. 

"Non lo devi nemmeno pensare! Io c'ero quando Shawn ti ha presa per la prima volta in braccio, la luce nei suoi occhi, l'amore puro che ha provato per te sin dal primo istante... non ne hai idea. Tu e Alec eravate la cosa più preziosa che aveva, avrebbe protetto la sua famiglia a ogni costo" disse e sentii una lacrima scendere lungo il mio viso e mi affrettai ad asciugarla, non dovevo piangere, ma sentir parlare di lui non faceva altro che accentuare quel vuoto incolmabile che mi portavo dentro. 

"Recupereremo il tempo perduto, te lo prometto, conoscerai tutta la tua famiglia e ti racconterò ogni cosa su Shawn così sarà come se tu lo conoscessi da tutta la vita" aggiunse non sentendo alcuna risposta da parte mia. 

"Grazie Justice" dissi sincera prendendo un grosso respiro per trattenere le lacrime, ero felice di avere ancora una famiglia lì fuori, non avrei rivolto la parola a mia madre per molto tempo, ma almeno avrei potuto recuperare il rapporto con i miei zii e non potevo desiderare altro.

"Ci sentiamo non appena starai meglio, ho un sacco di cose da dirti" disse Justice più sollevata. 

"Va bene" accettai, ancora dovevo abituarmi all'idea di avere una zia. 

"Perfetto, rimettiti... ti voglio bene piccola mia" aggiunse per poi riagganciare. Restituii il telefono a Victor e finalmente mi sentii un po' più leggera, mi ero tolta un piccolo peso. Ancora i pensieri e i sensi di colpa non mi avevano abbandonata, ma sentivo che insieme a Justice e Dean sarei riuscita a trovare un equilibro e una pace con me stessa.

~~

Un film e tre episodi di una serie tv dopo eravamo tutti troppo stanchi per continuare a fare o dire qualsiasi cosa e tra tutto il resto l'effetto dell'aspirina che mi aveva dato Chris era quasi finito e la febbre stava ricominciando ad alzarsi così mi aveva spedita a letto quasi a calci. 

"Sdraiati, vado a prepararti un'altra aspirina, questa volta più forte, e te la porto" mi raccomandò lasciandomi in quella che ormai era diventata la mia stanza, Victor stava sistemando un'altra camera per Chris che a quanto pareva sarebbe rimasta a dormire, casa sua sembrava essere diventata un albergo, ma lui aveva continuato a ripetere che non era un problema e che invece gli faceva piacere, così Chris non se l'era fatto ripetere due volte. Ero seduta sul letto e giocavo con la fodera di un cuscino che tenevo stretto a me quando all'improvviso sentii un telefono squillare, solo in quel momento mi accorsi che Chris aveva lasciato il suo telefono sul letto, lo afferrai e quando vidi lo schermo il mio cuore perse un battito. Iniziai a tremare, non sapevo che cosa fare e la proprietaria del cellulare non accennava a tornare. Rimasi a fissare lo schermo con la vista annebbiata fino a quando, quasi istintivamente, premetti il tasto verde e mi portai il telefono all'orecchio. 

"Chris! Devi aiutarmi, non so più dove andare a cercare, tu la conosci, ti... ti prego devi aiutarmi" sentii dire dall'altro capo del cellulare e il solo sentire quella voce fece abbattere ogni barriera, ogni scudo che avevo cercato di crearmi. Crollai.

"Dylan..." pronunciai con la voce spezzata mentre il petto iniziava ad alzarsi e abbassarsi freneticamente. 

"Ariet..." disse Dylan colto alla sprovvista. Ne seguirono attimi di silenzio colmati solo dal mio respiro affannoso e tremante. 

"Mio Dio Ariet, non hai idea di quanto ti abbia cercata, ti prego devi permettermi di spiegarti, ti scongiuro" disse subito dopo e sentii gli occhi pizzicarmi. 

"Non ne hai bisogno.. sono sicura che tu e Celia sarete una coppia perfetta" dissi cercando di mantenere il controllo, avevo commesso un grave errore ad accettare la chiamata, mi ero condannata con le mie stesse mani. 

"No! Maledizione no! Ti giuro che non ho sfiorato Celia nemmeno con un dito, non abbiamo fatto nulla! Voleva che andassi a letto con lei così che potesse andare in giro a vantarsi ottenendo popolarità, mi sono rifiutato a scuola ma lei è andata a raccontare in giro tutt'altro, ma nessuno le credeva così è venuta a casa mia e ha iniziato a spogliarsi ma te lo giuro Ariet, non abbiamo fatto nulla, devi credermi" spiegò con una velocità record, temeva che avrei riagganciato. Lo sentii sospirare come se si fosse liberato di un peso, ma la sua voce era ancora tesa e tormentata.

"Non ce la faccio Dylan... non ce la faccio più" dissi mentre una dopo l'altra le lacrime sfuggivano al mio controllo. Cercavo di soffocare i singhiozzi ma era inutile, le emozioni mi stavano travolgendo. 

"Si che ce la fai, ascoltami, andrà tutto bene" provò mentre in sottofondo sentivo una porta chiudersi e dopo dei clacson. La sua voce era forte e decisa ma sentivo di non riuscire più a tenermi tutto dentro, non riuscivo più a sostenere tutto quel peso. 

"No invece... è tutta una grande bugia" dissi mentre le lacrime si facevano sempre di più e il dolore al petto si espandeva, volevo che tutto quanto finisse ma non ci riuscivo. 

"Ascolta la mia voce, va bene? Andrà tutto bene, devi fidarti di me, noi non siamo una bugia, siamo qui e ti assicuro che finalmente ho capito, non ti lascio andare via stavolta" disse e il cuore prese a martellarmi nel petto senza sosta, mi aggrappai alle sue parole e volevo crederci davvero, volevo che lui avesse ragione. 

"Fa male, Dylan" dissi lasciandomi andare, non appena lo feci la mia mente tornò a mia madre, mio padre, Alec, Justice, Dean... pensai a tutte quelle persone che avevano sofferto, mentito, che erano morte per me e non riuscii a smettere di piangere nemmeno per un istante, mi ritrovai ad affrontare di nuovo tutta quella situazione, troppo grande per me.

"Dimmi dove sei Scricciolo, ti vengo a prendere" disse ma non risposi. Non volevo che venisse. 

"Affronteremo tutto questo insieme" provò ancora ma era proprio quello il punto, non volevo che lui provasse quello che stavo provando io, non volevo che anche lui si ritrovasse schiacciato dal peso del mio dolore, ero talmente egoista da non permettere a nessuno di aiutarmi a sostenere quel peso, non volevo che qualcun'altro soffrisse a causa mia. 

"Mi dispiace..." mormorai e Dylan capii subito quello che stavo per fare. 

"No, Ariet, per favore, non riattaccare" m'implorò lui. 

"Ho paura Dylan..." confessai esausta asciugandomi le guance.

"Non devi, ci sono io" disse e il mio cuore perse un battito, non erano parole dette a caso, erano collegate a quelle che avevamo detto a Salt Lake City. Rimasi in silenzio e sentii dall'altro capo del telefono un piccola inspirazione, aveva sorriso.

"Paura Johnson?" mi chiese e tutti i miei muscoli si rilassarono. 

"Non se ci sei tu" risposi. 

Instagram -->> @b.a.d_l.o.v.e

Angolo Autrice:
Hey! Come state?
La scuola è ormai ricominciata e gli impegni si sono triplicati... ho poco tempo per scrivere e mi dispiace moltissimo... davvero.

Ci tenevo a ringraziarvi per le 300k visualizzazioni... È un traguardo immenso per me e non so davvero torvare le parole per esprimervi la mia gratitudine... siete fantastiche, grazie per avermi aiutata a raggiungere questo traguardo, non so cosa ho fatto per meritarvi ❤

Spero davvero che il capito vi piaccia... ho paura ahaha
Fatemi sapere 🌺

Per qualsiasi cosa mi trovate qui su Wattpad o in direct su Instagram ☄

~Phoenix

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