RECENSIONE: The Unseen

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The Unseen di martimiuska  si colloca nel genere fantastico, scritto in terza persona onnisciente con il punto di vista variabile, che di fatto illustra nel corso dei capitoli vita, morte e miracoli dei personaggi.

Esiste un tentativo di caratterizzare i personaggi, definendo il loro passato e le caratteristiche principali, tuttavia manca la plasticità degli eroi per come si muovono e appaiono, e un'interiorizzazione efficaci. Molto viene raccontato e praticamente nulla mostrato, vuoi la brevità dei capitoli, vuoi il discorso in terza persona. 

Alana, la protagonista, viene descritta come una giovane ragazza un po' goffa, estremamente timida e riservata, che non si diverte alle feste, ama leggere e stare da sola. Buona e gentile, apparentemente intelligente ma terribilmente chiusa in sé, tant'è che non interagisce con altri se non per dovere. Una descrizione scontata e stereotipica che non mostra nulla di nuovo sotto al sole. Il problema della descrizione così scontata è che non contribuisce affatto a spiegare in modo profondo i suoi hobby e i desideri, del perché ad esempio non ami stare con le persone o perché si interessi alla vicenda mistica introdotta dalla trama. Manca l'aspetto profondo, privato del personaggio senza il quale regna la piattezza.

Un lavoro di poco migliore è stato fatto con Noah creando in lui un conflitto che però non appare motore della storia e che per ora è ancora marginale. D'altronde il personaggio viene descritto senza però esprimere nulla di lui attraverso le scene di cui è protagonista.

Totalmente dimenticabili sono i ragazzini del campeggio. Un tentativo viene fatto per definirli, ma restano pur sempre delle comparse interscambiabili, piccole macchie sullo sfondo, di fatto prive di uno spessore come persone reali. Perfettamente dimenticabili.

Henry, Madison e Jason sono per ora poco definiti dato che compaiono più avanti nella storia, ma dal momento del loro apparire non spiccano né per carisma né per interesse. L'ossessione peculiare dei ricchi potrebbe essere una caratteristica da approfondire, da indagare addirittura, vista sia come passione ma anche come possibile perdita di tempo per coloro che guardano dall'esterno. Ma la velocità con cui la protagonista accetta l'aspetto fantasy è sconcertante e vanifica l'argomento nei suoi aspetti da indagare.

Venendo alla trama, un gruppo di cinque amici trovandosi in campeggio, chi per dilettarsi e chi per lavorare, indaga su degli animali fantastici reputati inesistenti. La ricerca però, e qui parte la critica, è estremamente facilitata, tant'è che la protagonista già dopo qualche ora di lettura scopre un possibile posto da cui partire, pur essendo entrata in contatto con l'argomento appena il giorno prima. La sua reazione di fronte all'elemento fantasy di cui non ha prove ma soltanto un racconto, è inspiegabile, nel senso letterale del termine. Da un momento all'altro Alana si trova a indagare per conto suo. Per di più non viene mostrato il dialogo con Henry che le presenta il mistero. Si dice soltanto che lei fa delle domande. Quali non sappiamo.  

Manca la riflessione su ciò che ha appreso, il motivo del suo interesse, lo scetticismo o qualsiasi altra descrizione di ciò che prova. Si riconferma l'idea che il personaggio sia piatto, spogliato totalmente di profondità.

Nei dieci capitoli letti la trama non si dispiega di molto altro. Nel complesso non esiste una scansione di tempo definita e non è chiaro quanto sia passato dall'arrivo al campeggio né da quanto si conoscano, dal momento che spesso conversano con la sicurezza di chi sa tutto l'uno dell'altro. Lo sviluppo dell'amicizia, un apparente tema della storia, viene trattato in maniera carente, essendo essa spiegata soltanto dai sentimenti di abbandono provati da Alana (un altro cliché da aggiungere al suo personaggio). Non ho identificato ad esempio domande che persone normali si fanno l'uno l'altro per conoscersi, come ad esempio "Che cosa ti piace? Dove abiti? Cosa studi?". Né da parte sua né da parte degli altri.

Verrebbe da paragonare la struttura generale del racconto a un collage di sequenze sconnesse messe una accanto all'altra. Le sequenze sono troppo brevi e gli stacchi bruschi, sia nell'aspetto temporale che spaziale. Il ritmo è reso veloce ma la storia risulta scarna anche per via di poche sequenze descrittive, penalizzando quindi il paesaggio che pure viene descritto come bellissimo, come nel caso delle stelle cadenti. La descrizione del bellissimo spettacolo è blanda (le successive non sono migliori) e il tentativo di introspezione infruttuoso. Alana dice di sentirsi parte della natura ma il sentimento non è approfondito e piuttosto fuorviante per una che prima aveva paura di dormire in tenda.

Il linguaggio usato è semplice e colloquiale, non contiene espressioni gergali o termini tecnici e rende la storia facile sia da seguire che da comprendere. Ciò nondimeno un lessico sufficientemente vario non la rende banale e la colloca a un livello che esula l'Inferno. Talvolta la scorrevolezza è frenata dall'ordine delle relative e subordinate particolarmente complesse e scollegate, ma non si tratta di una tendenza pervasiva.

A essere pervasiva e grammaticalmente scorretta è la frequente assenza dei punti al termine della frase dialogata, così anche delle virgole nel discorso parlato, laddove invece sarebbero obbligatorie. Da notare sono alcuni casi di sì (affermazione) scritto senza l'accento, pur essendo necessario. Refusi e qualche errore grammaticale tendono ad aumentare dopo il quinto capitolo.

Nei primi dieci capitoli sono emersi pochi temi interessanti che l'autrice sembra aver voglia di approfondire. L'omosessualità, l'amicizia e la solitudine sono fra questi, ma per ora non sono state poste solide basi che facciano pensare a una loro trattazione profonda. Fortunatamente sembra che la storia sia intenzionata a svincolarsi dal tipico triangolo amoroso ma è anche vero che minaccia di ricascarci a ogni capitolo. Stesso dicasi per la questione della/dei prescelti dal momento che l'approccio con il mistero parte da una ricerca e dalla sete di conoscenza, senza che nessuno venga di proposito trascinato in esso. Ciononostante la facilità con cui scoprono gli indizi è assurda, tant'è che ci si potrebbe ricredere in futuro.

Di facile lettura, la storia sembra seguire un intreccio lineare, pulito e senza troppe pretese, tuttavia è penalizzata dalla scarsità della suspence e dei misteri, dovuti a eventi altamente prevedibili che fanno decrescere la curiosità di chi legge.

Le basi dunque ci sono, la grammatica è un elemento a favore nella maggior parte dei casi e la storia non procede affatto di stereotipo in stereotipo eccetto forse per la protagonista, che dà l'impressione di un cliché in tutto e per tutto. D'altro canto, essendoci un enorme margine di miglioramento assegno The Unseen al Limbo con la buona speranza che un giorno sappia farsi strada fin su al Paradiso.      

Flegias 

La Divina GrammaticaWhere stories live. Discover now