RECENSIONE: Il Cadavere Incompleto

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La storia è stata scritta da RobertaPuglielli

Arthur, amico caro, sempre in forma smagliante! Vieni a svagarti qui con me: con la pipa in una mano e il libro nell'altra, le urla dei dannati in sottofondo e il tranquillo crepitio del fuoco sarà una delizia.

Devo ammettere di avere un debole per i gialli. Ma i gialli devono essere belli, complessi, con un retrogusto filosofico,  e i personaggi carismatici che mettono in atto il proprio intelletto fino all'ultima battaglia. Ricorderete (altrimenti andatevelo a cercare) le battaglie mentali fra Kira e L in Death Note. Magari non si capiva una mazza a tratti, ma era notevole!

Ma torniamo alla storia, altrimenti, tra digressioni e rimembranze, si fa notte. 

Possiamo definire Il Cadavere Incompleto una fanfiction, anche se l'autrice cerca comunque di guadagnare una certa indipendenza cambiando i nomi dei personaggi, ad alcuni il carattere e altri sostituendoli proprio. Così Sherlock Holmes assume il nome di London Burkes mentre John Watson diventa John Turner.

Che sia una fanfiction c'è poco da argomentare, una questione più complessa è stabilire di che cosa sia una fanfiction. Nel corso degli anni sono state prodotte innumerevoli opere ispirate al personaggio di Sherlock Holmes introducendo chi più chi meno elementi distintivi nuovi e originali. Più che con l'originale Sherlock Holmes ho trovato molti punti in comune con la serie TV Sherlock. Dalle descrizioni dei personaggi mi sembra che il loro aspetto sia stato tratto proprio da lì, così come il contesto, il periodo storico (l'attualità), l'età, il rapporto fra Sherlock e Watson, litigioso ma profondo con parecchi momenti comici.

London e John vivono nell'appartamento di una certa Claire, innamorata di Sherlock ma non corrisposta ovviamente. Il suo contributo nei primi dieci capitoli che ho letto è stato misero. Rimpiango l'anziana signora della serie. Lei sì che era tosta e definita come personaggio. Claire invece, insomma, sembra inserita lì per ricordare ai lettori quanto Sherlock sia appetibile e indifferente all'amore. Sembra un contentino che si dà ai bambini per farli stare buoni: immancabile fan del protagonista che non spicca né per personalità né per nessuna altra caratteristica. Magari si rivelerà pure cruciale più avanti ma se si vuole creare un personaggio fatto bene si dovrebbe evitare di renderlo noioso e superfluo fin dal principio emulando altri personaggi che avevano sia più carisma che spessore.

La relazione fra John e London è identica a quella della seria. Sono due giovani single che bisticciano continuamente come una vecchia coppia sposata. Poi non mancano comunque elementi lontani dalla serie TV. Viene ripreso il passato di London, non lontano visto che pare avere sui trent'anni invece che sessanta come nell'originale, l'abbandono dell'università e, reggiti forte, Arthur caro, viene inserito il ritorno della sua vecchia fiamma, Isabelle (ispirata a Irene Adler?).

L'aspetto che meno mi ha convinto è la repressione da parte di Sherlock dei suoi sentimenti e dell'attrazione verso il sesso opposto, nello specifico verso Isabelle. Mi domando del perché di questa scelta. Pare quasi che l'intento della storia sia quello di prendere gli elementi più originali, che definiscono "il diverso", e ridurli a un cliché, perché giustamente bisogna sempre dare un interesse amoroso al protagonista, anche se non corrisposto (Claire), anche se travagliato e impossibile  (Isabelle).

John è un problema a sé tanto che possiamo chiamarlo "caso Watson". Nella storia non si fa alcun cenno al passato militare di John e anzi i fatti sembrano negarlo: è un pediatra che ha appreso ad usare le armi quando ha conosciuto Sherlock. Le modifiche non sono un problema in quanto tali, ma rendono ancora più inverosimile la situazione. Essendo un militare Watson era avvezzo alla violenza e agli omicidi quindi non ci sorprende il suo interesse a seguire Sherlock, inoltre era un chirurgo per cui era logico che aiutasse il detective nelle indagini. Ma un pediatra come fa a stabilire con certezza la causa della morte di una persona? Sherlock infatti gli chiede esplicitamente di stabilire la causa della morte, dunque su che basi Turner dovrebbe saperglielo dire?

La trama nei primi dieci capitoli è secondaria, nel senso che il punto centrale non è tanto la risoluzione dell'omicidio quanto la presentazione dei personaggi e dei loro intrighi. 

Ordunque veniamo all'assassinio.

Sebbene la storia superi i trenta capitoli,  al decimo c'è una parziale soluzione del caso. Dico parziale ma potrei affermare anche totale perché l'assassino confessa, proprio come in Scooby Doo. Però riesce a fuggire grazie a un misterioso complice,  saltato fuori da chissà dove perché fino ad allora nessun indizio faceva supporre la sua esistenza e ci starebbe pure un colpo di scena ma è stato gestito così male che onestamente ho chiuso il caso o l'ho pure archiviato. Niente, tanto meno la storia sentimentale fra Isabelle e London, mi ha incitato a continuare. Questo è dato da alcune fondamentali ragioni.

Innanzitutto il caso è estremamente semplice, tanto da essere degno di Colombo, e nulla mi fa credere che migliorerà verso la fine. Quando dico semplice, non intendo che lo sia per il grande detective (lo è comunque), ma per il lettore. Basta andare per esclusione - togliamo London, John e Isabelle, che non è stata perché conosciamo il suo punto di vista - e si scopre l'assassino. Manca ancora il complice ma per noi, Arthur, resterà per sempre un mistero. Oddio, magari è la madre, un altro dei pochi personaggi a cui si fa cenno, ma visto gli indizi non può essere.

Parafrasando Lord Voldemort "Harry Potter è ancora vivo non perché è tanto abile, ma perché io ho commesso un errore". E l'assassino di questa storia ne commette a bizzeffe.

Il ruolo della polizia viene come al solito sminuito. Perché non è andata a casa della vittima come prima cosa per cercare indizi sulla sua scomparsa? Perché sul giornale non è stato detto di chiamare la centrale invece che Sherlock? Vogliamo tener conto della marea di gente che chiamerebbe London perché CREDE di avere delle informazioni?

Il contributo della polizia è pari al QI dell'assassino. Davvero crede che per rendere una persona irriconoscibile basti tagliarle le mani per evitare che si prendano le impronte? Davvero crede che sia saggio ammazzare qualcuno in un luogo così in vista invece che rimandare e dare appuntamento, che so, in un magazzino abbandonato? Non so cosa abbia pensato, ma eviterei di farlo confessare di fronte a tutti in un momento di sfogo. È assolutamente irrealistico e piuttosto stupido, siccome fugge tanto valeva rendere la situazione più ambigua e fargli negare tutto. Lui magari ci guadagnerebbe poco ma la storia ci guadagnerebbe qualcosa. Quanto alla trama ho detto tutto.

Se si vuole rendere la storia più autonoma ecco alcuni consigli. Indagare meglio i personaggi secondari che qui sono tutti ridotti a mere comparse. Rendere più interessante il caso e più complesso. Dare delle motivazioni all'assassino meno prevedibili e banali.  Incentrarsi più sul caso per mostrare le doti di Sherlock in maniera più convincente. Finora infatti le sue deduzioni mi sono sembrate un ipse dixit più che prove vere e proprie, come ad esempio dedurre l'altezza del complice dalle impronte, nel bel mezzo del temporale e senza conoscere il peso della persona.

Lo stile nel suo complesso è adatto a trattare seriamente i casi di Sherlock Holmes e la grammatica, eccetto rare occasioni, non ha richiesto un mio intervento. 

Affido la storia al Purgatorio con la convinzione che saprà risolvere le incertezze che la affliggono. 

Flegias

La Divina GrammaticaWhere stories live. Discover now