Con difficoltà, mi allontanai dalla lapide e strinsi il mio stesso corpo tra le mie braccia, lasciandomi andare ad un'ultimo pianto.

Carter Dalton Green
1995 - 2014

Non doveva essere questa la data incisa sulla sua lapide. Meritava di vivere, di sposarsi ed avere dei figli. Di conoscere i piaceri della vita e di saperlo distinguere da quelli effimeri. E forse era questa la cosa che più mi distruggeva. Carter meritava il mondo intero.

Sospirai, e dopo aver lanciato un'ultimo sguardo alla sua foto, retrocedetti di un passo e mi voltai. Mi permisi di rallentare al massimo il mio passo, nel tragitto verso l'uscita, per evitare di rendere plateale il mio pianto, soprattutto a mio figlio, che ancora non conosceva un dolore così grande. E sperai con tutta me stessa che non lo avrebbe scoperto mai.

Quando li raggiunsi di nuovo, Cher si guardava intorno malinconica. Non le piaceva stare lì e sapevo che lo avesse fatto solo per tenere a bada Carter nel mentre. Gliene fui eternamente grata.

"Mamma, ora prendiamo il gelato?" Mi chiese Carter, lasciando la mano di Cher per potermi chiudere le gambe tra le sue braccia.

"Possibile che tu non pensi ad altro che al cibo?" Gli chiesi, passando una mano tra i suoi capelli.

"Non sono io quello che la notte va a mangiare in cucina!" Rimbeccò lui, beccandosi una mia occhiataccia. "E tu che ne sai?"

"Ti ho sentita." Scrollò le spalle. Sbuffai, e afferrai la sua mano. "E va bene, andiamo a prendere questo gelato." Cedetti, guardando poi Cher. "Starbucks?"

La ragazza annuì, così tutti e tre ci incamminammo verso il negozio. Nel tragitto, Carter non faceva altro che saltellare e parlare di qualsiasi cosa gli venisse in mente, pur di non abbandonarsi al silenzio. In quel momento gliene fui grata, perché prestare attenzione ai miei pensieri in quel momento non era la cosa più giusta da fare.

Quando entrammo da Starbucks, fui subito investita dal classico odore dolciastro, che immediatamente mi fece brontolare lo stomaco. Dopo anni, ancora non ero riuscita a capire chi tra me e mio figlio mangiasse di più.

"Problemi in vista." Sentii Cher mormorare. Non feci in tempo a capire a cosa si riferisse, perché sentii una mano appoggiarsi sul mio braccio, e quando mi voltai mi ritrovai il grosso - ed ora più che mai fastidioso - sorriso di Skyla.

"Che coincidenza, anche voi qui?" Chiese, euforica.

«Ma va?»

"Così sembra." Cher tirò su un sorriso, parlando tra i denti. Gettai uno sguardo verso la direzione in cui era venuta, e mi resi conto del tavolo a cui erano seduti Andrew e Chase.

«Merda»

"Sedetevi con noi, vi va?" Skyla disse, con un sorriso gentile. "Stavamo giusto per ordinare."

"Non preoccuparti." Dissi subito, cercando una scusa plausibile. L'ultima cosa che volevo era beccarmi le occhiate di Andrew e le battutacce di Chase. "Magari starete facendo una riunione di famiglia." Tentai, ma Skyla scosse la testa e sorrise ancora di più. "Ormai siete anche voi di famiglia, o no?" Chiese. "E poi, scommetto che a Carter farebbe piacere conoscere mio fratello. Probabilmente hanno la stessa testa."

Quasi mi strozzai con la mia stessa aria. Chase e Carter avrebbero interagito davanti ai miei occhi. Stavo per sentirmi male. "Non accetto un no come risposta!" Skyla mi puntò un dito contro.

Born to be yoursWhere stories live. Discover now